Formazione

Lotta alla dispersione, la lezione di Gallarate

La fondazione Exodus attraverso il progetto Don Milani 2 nella cittadina in provincia di Varese ha sperimentato un modello che sta offrendo risultati sorprendenti. La coordinatrice Bruna Dentella: «Per centrare gli obiettivi è decisiva la relazione che si instaura fra noi operatori e il corpo insegnante oltre al coinvolgimento dell'ente locale»

di Redazione

Il 17% dei ragazzi di età compresa fra i 10 e i 16 anni abbandonano gli studi prima della conclusione del ciclo scolastico obbligatorio: in termini assoluti in Italia sono quindi oltre 600mila gli studenti a rischio. Di fatto due ragazzi su dieci lasciano la scuola prima del dovuto. Fra il 2000 e il 2014 (rapporto Tuttoscuola) 2,9 milioni di studenti non sono mai arrivati al diploma. Secondo l’obiettivo dell’Unione europea entro il 2020 la percentuale dei 18/24enni con la sola licenza media e non più in formazione dovrà abbassarsi al 10% (oggi la media è pari all’11,8%). Non sorprende dunque che fin dall’articolo 1, la riforma della Buona Scuola inquadri fra i target primari proprio «la prevenzione e il contrasto della dispersione scolastica».

Su questo fronte una delle chiavi di volta è senz’altro la triangolazione comune-scuola-non profit. Una geometria tutt’altro che scontata. «L’azione del Terzo settore è più efficace dove è in raccordo con le scuole e l’ente locale», ma «non sempre l’azione dei partner di WeWorld trova riscontro e ascolto da parte degli insegnanti delle scuole dei territori interessati. Spesso sono piuttosto gli enti locali che offrono una maggior disponibilità alla collaborazione con il Terzo settore», notano nel loro ultimo rapporto i promotori di Frequenza200 (di cui l’ong milanese è capofila), una delle reti più ampie d’Italia in materia: oltre 6mila i bambini che saranno inclusi nel Programma entro il 2017.

Di fronte a un bisogno così pressante diventa quindi cruciale mettere a fuoco i prototipi migliori, in modo da studiarli ed eventualmente replicarli. A Gallarate, in provincia di Varese, c’è una sperimentazione targata Exodus (la Fondazione di don Mazzi) che negli ultimi quattro anni è riuscita a far lavorare gomito a gomito il municipio (che dopo il primo anno ha deciso di investire risorse proprie: circa 40mila euro negli ultimi tre anni), le quattro scuole medie di Gallarate e gli educatori di Exodus del progetto “Don Milani2”.

L’impossibilità di prevedere la dotazione e la provenienza dei fondi (l’intervento nasce nel 2012/13 sulla base di un bando dell’Ufficio scolastico regionale lombardo poi venuto meno l’anno successiva malgrado avesse una previsione biennale) ha reso necessario adattare l’intervento al “capitolato” previsto dal canale finanziario, senza però che i connotati dell’intervento venissero sconfessati. «In questi anni ci siamo occupati di circa una ventina di ragazzi per anno portando oltre il 90% di loro a conseguire un titolo, che altrimenti molto difficilmente avrebbero raggiunto», spiega la coordinatrice del progetto Bruna Dentella. Il meccanismo sostanzialmente è questo: le scuole individuano i ragazzi più in difficoltà che con il consenso delle famiglie («pochissime quelle che in questi anni si sono opposte») inseriscono gli studenti a rischio in percorsi formativi alternativi gestiti insieme da insegnanti curriculari ed educatori. Il tutto come abbiamo visto con la supervisione e il supporto del Comune (che fra l’altro ha consentito ad Exodus di realizzare una ricerca sugli stili di vita di tutti gli adolescenti della città e ha dato in gestione ad Exodus uno spazio come villa Calderara dove svolgere le attività extracurriculari, pomeridiane ed estive). «Un anno abbiamo creato una classe ad hoc in cui abbiamo riunito tutti i nostri studenti. Accanto poi ai percorsi individualizzati ci sono sempre lavori in piccoli gruppi all’interno delle scuole. Quest’anno hanno coinvolto oltre 50 studenti », spiega Dentella, «l’importante è che ci sia consonanza fra i nostri interventi e quelli degli insegnanti». La positiva collaborazione con il Comune ha consentito

C’è da studiare Napoleone. Ore da passare sui libri, l’insegnante naturalmente non può “aspettarli” a scapito del resto della classe, così tocca a noi. Come? Per esempio ricostruendo la storia di Napoleone attraverso un racconto fatto di video e foto rintracciati su internet

Bruna Dentella

L’approccio formativo degli educatori infatti è diverso da quello classico delle lezioni frontali, ma in alcuni casi può essere più efficace e complementare. Ancora Dentella: «Molto spesso questi ragazzi hanno grandi problemi di concentrazione, quasi sempre non riescono a stare fermi dietro un banco per cinque ore. Così succede che arrivano alle medie senza nemmeno conoscere le tabelline, pur non soffrendo di alcun ritardo cognitivo. Noi allora li portiamo fuori dalla scuola e gli insegniamo le tabelline mentre palleggiano». Altro esempio: «C’è da studiare Napoleone. Ore da passare sui libri, l’insegnante naturalmente non può “aspettarli” a scapito del resto della classe, così tocca a noi». Come? «Per esempio ricostruendo la storia di Napoleone attraverso un racconto fatto di video e foto rintracciati su internet». In questo modo «riusciamo a coprire buchi che questi ragazzi si portano dietro magari per anni». Si tratta di successi forse a prima vista di piccola portata, ma cruciali «nella formazione di chi per anni ha associato il concetto di scuola a quello di fallimento». E così talvolta si realizza un effetto scia virtuoso e il pezzo di carta della licenza media diventa un trampolino. «Cerchiamo di monitorare i nostri ragazzi anche dopo l’uscita della medie», conclude Dentella, «la maggior parte di quelli che concludono l’iter, direi in media nove su dieci decidono di continuare un percorso di formazione professionale». L’ultimo monitoraggio relativo ad alunni seguiti nel 2012/13 dimostra che10 su 11 hanno proseguito gli studi e tre hanno scelto di continuare dopo la qualifica professionale per conseguire un diploma.

Ed è questa la vera scialuppa di salvataggio contro quella che Tuttoscuola definisce “Shoah sociale”: «Se è difficile trovare lavoro per chi ha raggiunto solo il diploma secondario superiore (il 28% rimane disoccupato), figurarsi quali sono le prospettive di coloro che neanche ci arrivano (non a caso ben il 45% di coloro che sono in possesso della sola licenza media sono disoccupati)».

Nella foto Getty un murale di Bansky a Bristol

Cosa fa VITA?

Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è  grazie a chi decide di sostenerci.