Politica

Un marchio di qualita’ etica anche per le coop

Nasce in Calabria ma guarda a Bruxel les.Si chiama Reves la rete dell' economia civile europea. Ecco cosa vuole

di Francesco Agresti

Nasce nel 1996 con la dichiarazione di Reggio Calabria e coinvolge enti locali e organizzazioni dell’economia sociale europea. Reves è un network continentale che oggi conta 55 realtà che promuovono attività di ricerca e promozione dell’imprenditorialità sociale. Luigi Martignetti ne è il coordinatore e la sua è una posizione che gli consente di avere un visione allargata dell’imprenditorialità sociale.
Vita:Cosa hanno in comune le imprese sociali europee?
Luigi Martignetti:L’elemento che accomuna le imprese sociali è senza dubbio la loro finalità. In tutta Europa sono soggetti espressione della società civile che si organizzano per soddisfare dei bisogni specifici. La finalità serve anche a definirle visto che non esiste una concezione definitoria univoca. La Commissione europea, riferendosi alle imprese sociali, utilizza una definizione in negativo: società che rispondono a bisogni non ancora soddisfatti dal mercato, svilendo quella che è la loro vera natura.
Vita: Cosa invece le differenzia di più?
Martignetti: Le imprese sociali assumono nei diversi Paesi le forme più varie. Il modello delle cooperative sociali italiane è il più evoluto. In Europa la legislazione sulle imprese sociali risale alla prima metà degli anni 90: alla legge 391 sono seguite le discipline del Belgio, del Portogallo e via via quelle di altri Paesi, ma nessuno è riuscito a ottenere i risultati della normativa italiana. Ciò che ovunque emerge è che però la forma giuridica dell’impresa assume un’importanza relativa.
Vita: Definire precise tipologie sociali può essere utile per limitare il rischio che le imprese sociali diventino profit o che quest’ultime invadano l’ambito di operatività del Terzo settore?
Martignetti: Il pericolo che le imprese sociali possano trasformarsi in soggetti economici profit è concreto. In Olanda, le “Bbb”, imprese nate per favorire lo sviluppo sociale del quartiere, sono ora guidate da una logica orientata alla performance economica. La scelta della forma non è senza rischi. L’impresa profit, però, ha a disposizione degli strumenti sofisticati che possono tornare utili anche alle organizzazioni non profit. Le possibilità di accesso al mercato dei capitali di una cooperativa sociale non sono infatti le stesse di una società a responsabilità limitata; le garanzie che può offrire una società anonima non sono certo paragonabili a quelle di un’associazione.
Vita: A proposito del dibattito sulla legge sulle imprese sociali in Italia, Carlo Borzaga sostiene che ci siano cose più urgenti da fare e che il quadro normativo è sufficiente…
Martignetti: Sono d’accordo con il professore. Dire che la legge sulle cooperative sociali non basta da àdito a sospetti: la 381 è una buona legge e permette di fare molto. Di una legge sulle imprese sociali ha senso invece parlarne in Germania; il nostro sembra un dibattito ozioso che rischia di far danni. Il modello che oggi abbiamo è senz’altro perfettibile, quindi cerchiamo di capire e di studiare le esperienza interessanti. Una buona ragione per metter mano all’attuale legge è forse quella di cercare di eliminare quelle cooperative sociali che lo sono solo formalmente e che vengono invece utilizzate per fini strumentali a interessi diversi da quelli della legge 381.
Vita:Com’è possibile distinguere le “vere” cooperative sociali dalle altre?
Martignetti: Ad esempio attraverso la certificazione di eticità. Le coop sociali che vogliono ottenere una certificazione di qualità dispongono oggi solo degli standard Iso. Ma siamo certi che i parametri dell’Iso soddisfino le peculiarità delle cooperative sociali?
Vita: Si dovrebbe creare un nuovo standard?
Martignetti: Per iniziare sarebbe sufficiente che le amministrazioni locali, nell’accreditare le cooperative sociali che partecipano ai bandi, richiedessero una prova di eticità. In un documento preparatorio per la direttiva sulle gare di appalto dello scorso novembre, la Commissione europea consigliava di inserire due clausole nei capitolati: una ambientale e una sociale. Anche se questa indicazione non avrà effetti immediati, è politicamente significativa. Speriamo se ne tenga conto.
Vita: Quali dovrebbero essere questi criteri? E chi dovrebbe stabilirli ?
Martignetti: Immagino che possa essere ripetuta l’esperienza che ha portato alla definizione delle caratteristiche delle cooperative sociali. Anche se non venivano chiamate così, le prime esperienze di cooperazione sociale di fatto risalgono alla metà degli anni 70. La legge 381 è il risultato di un confronto regolato da meccanismi di consultazione che hanno coinvolto numerosi soggetti; la legge ha poi codificato un fenomeno che partiva dal basso, non sono state norme calate dall’alto senza tener conto di quanto già era stato fatto. La stessa strada potrebbe essere seguita per identificare criteri di eticità che distinguano le cooperative vere da quelle fittizie. Questo è il tema davvero all’ordine del giorno, in tutta l’Unione europea, altro che fare nuove leggi.

Input
A Reves aderiscono 55 tra enti locali e organizzazioni di società. Li trovati qui: www.revesnetwork.net

Nome per nome

Controtendenza
Molti vanno (o vorrebbero andare) al centro. Lui, ex assessore palermitano della giunta di Leoluca Orlando, invece torna in “periferia”. Parliamo di Luciano D’Angelo che, dopo l’incarico di responsabile nazionale del progetto Turismo sociale di Cgm, ha scelto di ripartire dal territorio come nuovo presidente del consorzio Ulisse.

Politicamente corretti
Chissà se si sono posti il problema delle “quote femminili”. Fatto sta che il recentissimo cambio al vertice del consorzio La Rada, di Salerno, ha premiato una donna. Paolo Romano, infatti, ha lasciato la carica di presidente. La riunione del Consiglio d’amministrazione ha prodotto una “fumata rosa”: l’eletta si chiama Patrizia Stasi.

De fraia non si sdebita
Luca De Fraia lascia la Campagna Sdebitarsi? No. L’inventore del coté italiano di Jubilee 2000, l’uomo che ha saputo coinvolgere Jovanotti nella campagna portandolo, insieme con Bono, dall’allora premier D’Alema, è diventato anche policy officer, ovvero lobbista (nel senso alto del termine) di Azione Aiuto.

Piva, un anno dopo
Dopo due legislature con Rutelli a Roma, come assessore alle Politiche sociali, Amedeo Piva continua a dirigere, con un profilo volutamente basso, l’Ufficio sociale delle Fs, che fu di Dalai. A maggio primo anniversario, con un bilancio ok.

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