Cultura

Papa Francesco: «Il mondo ha bisogno di perdono»

Il Pontefice nell’VIII centenario del Perdono di Assisi ha deciso di farsi pellegrino tra i pellegrini e di recarsi alla basilica di Santa Maria Maggiore presso la Porziuncola. «Offrire la testimonianza della misericordia nel mondo di oggi è un compito a cui nessuno di noi può sottrarsi»

di Lorenzo Maria Alvaro

«Và e ripara la mia chiesa». Così sentì dire San Francesco, durante la preghiera, al crocifisso di San Damiano. Francesco così, prima di capire la reale portata metaforica di quelle paorle si mise a restaurare alcune chiese. La terza cui il Santo si dedicò alla “Portiuncola” una piccola cappella alle pendici del Monte Subasio, ai piedi di Assisi. Edificata nel IV secolo, ad opera di eremiti provenienti dalla Palestina, prima di venire recuperata da S. Francesco, nel 516, fu presa in possesso da San Benedetto stesso, per i suoi monaci.
La Porziuncola divenne per Francesco un luogo particolare, dove sostava spesso in preghiera; qui capì che doveva vivere “secondo il Santo Vangelo”. Fu anche il luogo dove Santa Chiara, fuggita dalla sua famiglia, venne accolta e abbracciò sorella povertà in occasione della sua conversione. Proprio dalla Porziuncola Francesco inviò i primi frati ad annunciare la pace. Nel 1205 scelse questo luogo, allora tra le selve, come dimora e vi fondò l'Ordine francescano.

Il 2 agosto 1216, alla presenza di sette vescovi umbri (Guido di Assisi, Giovanni di Perugia, Egidio di Foligno, Benedetto di Spoleto, Villano di Gubbio, Ronaldo di Noce e Bonifacio di Todi), il piccolo edificio fu consacrato e vi fu proclamato il cosiddetto Perdono d'Assisi, che inizia la mattina del primo agosto e si conclude alla sera del 2 agosto, giorni nei quali l’indulgenza, qui concessa tutti i giorni dell’anno, si estende alle chiese parrocchiali e francescane di tutto il mondo.
Un luogo dunque carico di significato e tra i più vicini al cuore stesso di Assisi, del messaggio francescano e di tutta la Chiesa.


Il perdono di Assisi
Una notte dell’anno 1216, san Francesco è immerso nella preghiera presso la Porziuncola, quando improvvisamente dilaga nella chiesina una vivissima luce ed egli vede sopra l’altare il Cristo e la sua Madre Santissima, circondati da una moltitudine di Angeli. Essi gli chiedono allora che cosa desideri per la salvezza delle anime. La risposta di Francesco è immediata: “Ti prego che tutti coloro che, pentiti e confessati, verranno a visitare questa chiesa, ottengano ampio e generoso perdono, con una completa remissione di tutte le colpe”.
“Quello che tu chiedi, o frate Francesco, è grande – gli dice il Signore -, ma di maggiori cose sei degno e di maggiori ne avrai. Accolgo quindi la tua preghiera, ma a patto che tu domandi al mio vicario in terra, da parte mia, questa indulgenza”. Francesco si presenta subito al pontefice Onorio III che lo ascolta con attenzione e dà la sua approvazione. Alla domanda: “Francesco, per quanti anni vuoi questa indulgenza?”, il santo risponde: “Padre Santo, non domando anni, ma anime”. E felice, il 2 agosto 1216, insieme ai Vescovi dell’Umbria, annuncia al popolo convenuto alla Porziuncola: “Fratelli miei, voglio mandarvi tutti in Paradiso!”.

La visita di Papa Francesco
«Sarà un incontro straordinario», ha spiegato il frate minore padre Rosario Gugliotta, custode della Porziuncola. «Con la sua visita papa Bergoglio riconosce nel singolare privilegio concesso dai suoi predecessori a san Francesco una sorgente di misericordia. Davvero nella Porziuncola pulsa il cuore di Dio, come lui stesso ha detto». Per la sua catechesi il Pontefice ha scelto il brano del Vangelo di Matteo in cui Cristo chiede di perdonare settanta volte sette. «È un testo amato dal Papa – osserva il custode –. E al centro c’è la figura del servo a cui viene condonato dal re il suo debito ma che poi non usa misericordia. Ecco, chi sperimenta nella vita la misericordia di Dio ne deve fare dono ai fratelli. La misericordia vissuta e accolta chiede di essere misericordiosi e non contempla la chiusura in se stessi».

Le parole del Papa
Il Papa è arrivato con venti minuti di anticipo, alle 15.40 circa, davanti alla basilica di Santa Maria degli Angeli. Nella piccola chiesa, il primo Papa ad aver scelto di portare il nome del Santo di Assisi ha fatto il suo ingresso a piedi, calpestando il tappeto floreale preparato per lui da 60 infioratori di Spello.

«Voglio mandarvi tutti in paradiso!». Nella sua meditazione alla Porziuncola, Papa Francesco è partito dalle parole del Santo di cui ha scelto, primo Papa nella storia, di portare il nome: «Cosa poteva chiedere di più bello il Poverello di Assisi, se non il dono della salvezza, della vita eterna con Dio e della gioia senza fine, che Gesù ci ha acquistato con la sua morte e risurrezione?», si è chiesto Francesco a proposito delle parole pronunciate dal Santo proprio qui, davanti al vescovo e al popolo. «Il paradiso, d’altronde, che cos’è se non quel mistero di amore che ci lega per sempre a Dio per contemplarlo senza fine?», ha ricordato: «La Chiesa da sempre professa questa fede quando dice di credere nella comunione dei santi. Non siamo mai soli nel vivere la fede», ha assicurato, «Ci fanno compagnia i santi e i beati, e anche i nostri cari che hanno vissuto con semplicità e gioia la fede e l’hanno testimoniata nella loro vita. C’è un legame invisibile, ma non per questo meno reale, che ci fa essere un solo corpo, in forza dell’unico Battesimo ricevuto, animati da un solo Spirito. Forse san Francesco, quando chiedeva a Papa Onorio III il dono dell’indulgenza per quanti venivano alla Porziuncola, aveva in mente quelle parole di Gesù ai discepoli: “Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: Vado a prepararvi un posto? Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi”».

«È difficile perdonare, quando costa a noi perdonare gli altri! Che grande regalo ci ha fatto il Signore insegnandoci a perdonare, o almeno la voglia di perdonare», ha continuato il Papa, a braccio, per spiegare che «“quella del perdono è certamente la strada maestra da seguire per raggiungere quel posto in Paradiso. Abbiamo ascoltato poco fa la parabola con la quale Gesù ci insegna a perdonare», ha proseguito a proposito del brano scelto per la sua meditazione (Mt 18,21-35): «Perché dovremmo perdonare una persona che ci ha fatto del male? Perché noi per primi siamo stati perdonati, e infinitamente di più. La parabola ci dice proprio questo: come Dio perdona noi, così anche noi dobbiamo perdonare chi ci fa del male. Precisamente come nella preghiera che Gesù ci ha insegnato, il Padre Nostro, quando diciamo: “‘Rimetti a noi i nostri debiti come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori”. I debiti sono i nostri peccati davanti a Dio, e i nostri debitori sono quelli a cui anche noi dobbiamo perdonare. Pensiamo, in silenzio, alle cose brutte che abbiamo fatto e che il Signore ci ha perdonato», ha proseguito ancora a braccio: «È la carezza del perdono, tanto lontano da quel gesto: “me la pagherai!”. Il perdono è un’altra cosa».

«Ognuno di noi potrebbe essere quel servo della parabola che ha un grande debito da saldare, ma talmente grande che non potrebbe mai farcela», ha sottolineato, attualizzando la parabola di Matteo in cui Gesù ci chiede di perdonare “settanta volte sette”. «Anche noi, quando nel confessionale ci mettiamo in ginocchio davanti al sacerdote, non facciamo altro che ripetere lo stesso gesto del servo», ha proseguito Francesco: «Diciamo: “Signore, abbi pazienza con me”. Sappiamo bene, infatti, che siamo pieni di difetti e ricadiamo spesso negli stessi peccati. Eppure, Dio non si stanca di offrire sempre il suo perdono ogni volta che lo chiediamo. È un perdono pieno, totale, con il quale ci dà certezza che, nonostante possiamo ricadere negli stessi peccati, lui ha pietà di noi e non smette di amarci». «Come il padrone della parabola – ha spiegato il Papa – Dio si impietosisce, cioè prova un sentimento di pietà unito alla tenerezza: è un’espressione per indicare la sua misericordia nei nostri confronti. Il nostro Padre, infatti, si impietosisce sempre quando siamo pentiti, e ci rimanda a casa con il cuore tranquillo e sereno dicendoci che ci ha condonato ogni cosa e perdonato tutto. Il perdono di Dio non conosce limiti; va oltre ogni nostra immaginazione e raggiunge chiunque, nell’intimo del cuore, riconosce di avere sbagliato e vuole ritornare a Lui. Dio guarda al cuore che chiede di essere perdonato».

«Quando siamo noi in debito con gli altri, pretendiamo la misericordia; quando invece siamo in credito, invochiamo la giustizia!». Ammonisce Francesco affrontando il problema che nasce, «quando noi ci troviamo a confrontarci con un nostro fratello che ci ha fatto un piccolo torto». Tutti noi facciamo così», ha aggiunto a braccio. «Non è questa la reazione del discepolo di Cristo e non può essere questo lo stile di vita dei cristiani», la denuncia di Francesco: «Gesù ci insegna a perdonare, e a farlo senza limiti: “Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette”. Insomma, quello che ci propone è l’amore del Padre, non la nostra pretesa di giustizia. Fermarsi a questa, infatti, non ci farebbe riconoscere come discepoli di Cristo, che hanno ottenuto misericordia ai piedi della Croce solo in forza dell’amore del Figlio di Dio. Non dimentichiamo le parole severe con le quali si chiude la parabola», l’invito: «Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello».

«In questo Anno Santo della Misericordia diventa ancora più evidente come la strada del perdono possa davvero rinnovare la Chiesa e il mondo», ha concluso il Papa, al termine della meditazione alla Porziuncola, in cui ha fatto notare come il perdono di cui san Francesco si è fatto “canale” continua a «generare paradiso». «Offrire la testimonianza della misericordia nel mondo di oggi è un compito a cui nessuno di noi può sottrarsi», il compito assegnato al Papa – ripetendo la frase due volte – nell’anno del Giubileo della Misericordia, legato con un “filo rosso”, grazie a questa visita privata di Bergoglio, al primo Giubileo di Francesco, che iniziò quando ottocento anni fa venne concessa da Papa Onorio III il dono dell’indulgenza senza oboli, accessibile cioè anche ai più poveri. «Il mondo ha bisogno di perdono», ha esclamato il Papa: «troppe persone vivono rinchiuse nel rancore e covano odio, perché incapaci di perdono, rovinando la vita propria e altrui piuttosto che trovare la gioia della serenità e della pace. Chiediamo a san Francesco che interceda per noi, perché mai rinunciamo ad essere umili segni di perdono e strumenti di misericordia».

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