Politica

Sostegno, procedure più semplici per le famiglie

Il Governo presenterà oggi i contenuti della bozza relativa alla delega sull'inclusione. Il sottosegretario Davide Faraone: «più continuità nei percorsi, insegnanti più formati e procedure più semplici». C'è la separazione delle carriere, ma mitigata da una «flessibilità con regole precise, per evitare danni agli alunni».

di Sara De Carli

Novità in arrivo sul tema inclusione degli alunni con disabilità e insegnanti di sostegno. Oggi il Miur presenterà all’Osservatorio per l'inclusione degli alunni disabili la prima bozza dei contenuti della delega per l’inclusione scolastica degli alunni con disabilità, una delle nove deleghe collegate alla legge sulla Buona Scuola. «Siamo soddisfatti del percorso fatto con il Ministero, a volte il confronto è stato aspro ma abbiamo trovato sempre ascolto. Oggi vedremo se le nostre proposte sono state recepite», afferma Vincenzo Falabella, presidente della Fish e membro dell’Osservatorio. «L’Osservatorio è stato riunito soltanto una volta a dicembre. La figura dell’insegnante di sostegno deve cambiare perché così come è oggi non funziona. Una cosa positiva è stato aver fatto un concorso dedicato, ha messo in evidenza una specializzazione che molti nemmeno sapevano ci fosse. Sa quante volte mi hanno chiesto “ma lei è un’insegnante vera?”», chiosa invece la professoressa Daniela Boscolo, finalista nel 2015 al Global Teacher Prize della Varkey GEMS Foundation e membro anch’essa dell’Osservatorio. Per l’anno scolastico 2015/16 saranno 96.480 i docenti di sostegno di ruolo nelle scuole statali. Oltre 6mila insegnanti di sostegno lo scorso anno hanno portato il loro contributo nelle scuole con l’organico del potenziamento e per la prima volta, con il concorso in atto, c’è stato un bando dedicato esclusivamente al sostegno.


Sottosegretario Davide Faraone, è possibile avere qualche anticipazione?
Possiamo dire che l’obiettivo è chiudere almeno alcune deleghe in tempi stretti, ben prima del febbraio 2016 previsto dai 18 mesi delle deleghe, perché ci piacerebbe avviare un confronto complessivo.

Intorno alla revisione della figura dell’insegnante di sostegno c’è stato nei mesi scorsi un forte dibattito, con posizioni molto distanti. Che scelte avete fatto?
La soluzione è equilibrata, perché al di là delle posizioni differenti c’è la volontà di costruire una figura professionale che abbia due caratteristiche fondamentali: l’insegnante di sostegno da un lato deve innanzitutto un insegnante, dall’altro deve aver costruito una formazione specifica. Posto che dall’inclusione in classe non si torna indietro, noi abbiamo ragionato sulla continuità didattica, affinché i ragazzi e le ragazze con disabilità possano avere insegnanti e ore sufficienti e sulla qualità delle ore, sul cosa si fa in queste ore con questi insegnanti. Qui entra in gioco la specializzazione degli insegnanti, anche sulle singole disabilità, che non vuol dire sanitarizzare ma riconoscere che la disabilità non è un monolite, i ragazzi hanno le loro soggettività, è importante.

Quindi il percorso com’è disegnato?
Una formazione iniziale unica per tutti gli insegnanti, poi chi vuole diventare insegnante di sostegno avrà una formazione specifica sul sostegno in generale e una mirata su singole disabilità. Questo non vuol dire che chi fa l’insegnante di sostegno non potrà più tornare sulla cattedra curricolare, nel corso degli anni la scelta individuale può cambiare, però costruire una formazione specifica è importante. C’è una flessibilità ma con regole precise, per evitare danni agli alunni. Per i dettagli aspettiamo, ma il concetto è questo. L’obiettivo è dare più continuità nei percorsi, con insegnanti più formati e procedure più semplici.

Quali novità ci sono su questo punto?
Sburocratizzeremo l’iter per la richiesta del sostegno, con un unico punto d’accesso in cui si apre e chiude la pratica, senza che le famiglie debbano affrontare il calvario di andare a scuola, all’Asl, all’Inps… Uno sportello unico in cui si concentrerà la richiesta e le risposte delle istituzioni pubbliche.

17 centesimi al giorno sono troppi?

Poco più di un euro a settimana, un caffè al bar o forse meno. 60 euro l’anno per tutti i contenuti di VITA, gli articoli online senza pubblicità, i magazine, le newsletter, i podcast, le infografiche e i libri digitali. Ma soprattutto per aiutarci a raccontare il sociale con sempre maggiore forza e incisività.