Mondo

Un giorno nella vita di una colonia israeliana

Il viaggio ad Har Bracha, fondata nel 1983 vicino a Nablus in Cisgiordania, nell'area chiamata Shomron, Samaria, che conta 33 insediamenti e ha una popolazione complessiva di circa 20mila persone

di Manuela Pegoraro

«Ciao Manuela, siamo a Nablus (Cisgiordania). Domani siamo invitati a visitare alcuni insediamenti (israeliani) nelle vicinanze. Vuoi unirti?». «Cosa?» La chiamata arriva da una coppia franco-messicana, amici in visita in Israele-Palestina per documentare storie di persone con background diversi. Compresi i coloni.

«Uhm… OK ci sto!» Ho davvero intenzione di visitare gli insediamenti in Cisgiordania? Cosa diranno i miei amici palestinesi? Che partecipo al “turismo dell'occupazione”?

Ho deciso che andava bene perché: 1. andrò con i miei amici attivisti, conosciuti a Tijuana al confine tra Messico e Stati Uniti (se lo fanno loro …); 2. potrebbe essere interessante partecipare ad un'esperienza etnografica su una popolazione di cui leggo costantemente notizie senza averla mai incontrata. Forse imparerò qualcosa di nuovo.

Il giorno dopo parto da Gerusalemme. L'autobus viaggia verso nord sulla strada 60, fermandosi in alcune colonie israeliane e passando vicino ad alcuni villaggi palestinesi. È una giornata stupenda ed il paesaggio è incantevole.

Finalmente l'autobus si avvicina alla mia meta: la colonia di Har Bracha (Monte della Benedizione), fondata nel 1983. Har Bracha si trova molto vicina a Nablus, in quell’area situata nella parte nord della Cisgiordania che lo Stato di Israele chiama Shomron (la biblica Samaria). Il Consiglio regionale di Shomron fornisce servizi municipali a 33 insediamenti israeliani e ad una popolazione complessiva di circa 20.000 persone (non vanno contati in questo numero i Palestinesi e i Samaritani che vivono all'interno delle aree palestinesi proprio in questa regione). La Samaria è considerata da alcuni Ebrei parte essenziale del Regno Biblico di Israele; secondo questo articolo (in inglese) la regione «è strategica, pacifica e incantevole" ed "andarsene significate rischiare l’esistenza dello Stato di Israele nel suo insieme».

«Una volta arrivata al checkpoint vicino a blabla, scendi, cammina fino alla fermata dell'autobus sull'altro lato e fai l'autostop fino in cima…». Queste sono le istruzioni che mi aveva dato Ofir, il colono nato in Svizzera che ospita i miei amici. Ho quasi raggiunto la fermata dell'autobus quando vedo un furgone fermarsi per raccogliere un autostoppista. Mi precipito al furgone e urlo «Avete spazio per me?», «certo, se ti va bene sederti dietro». «Certo che si, qual è il problema?» Appena salgo, mi rendo conto che si tratta di un mezzo da lavoro, senza sedili nella parte posteriore. Mi siedo sul pavimento e mi attacco a qualsiasi cosa sembri solida mentre il furgone si arrampica sulla collina a tutta velocità.

Arrivata a Har Bracha, incontro finalmente i miei amici e Ofir, un uomo di mezza età molto gentile e allegro, che annuncia: «Andiamo a visitare il mio amico contadino a Itamar». L'idea è di vedere un esempio di agricoltura biologica da insediamento, e di capire cosa significa «ritornare alla terra biblica». «Dobbiamo fare l'autostop per scendere!» dice Ofir. È inutile chiedere perché mi è stato chiesto di fare l'autostop fino in cima.


Questa volta siamo meno fortunati. Aspettiamo a lungo e dobbiamo dividerci su più macchine. La mia amica Analucía ed io dobbiamo addirittura scendere all’incrocio, dove c’è un checkpoint, per convincere un secondo autista caritatevole a portarci fino ad Itamar. I soldati offrono gentilmente sigarette e tavolette di cioccolata per confortarci.

Nell'insediamento di Itamar incontriamo l'amico di Ofir: un contadino originario della California, padre di 7 figli (se ricordo bene) e sposato con un ex attivista anti-sionista americana (!). Appena vede la macchina fotografica del mio amico si mette sulla difensiva: "Mi aspetto che raccontiate solo cose positive!". Ma quando lo rassicuriamo sul fatto che stiamo solo raccogliendo storie, si rilassa e inizia a raccontarci la sua vita; ci spiega anche che appartiene alla categoria degli "Ebrei universalisti" (in contrapposizione agli Ebrei nazionalisti e quelli religiosi) e che «alla fine la nazione ebraica sarà una luce per le nazioni di tutto il mondo» (cosa che purtroppo non sta ancora accadendo, secondo lui). È la prima volta che sento nominare queste tre categorie insieme.

A quanto pare, l'agricoltore possiede un sacco di terreni a Itamar. «Quando è arrivato, non c'era niente e nessuno, quindi ha potuto prendersi molta terra», spiega Ofir. Immagino che molti coloni pensino davvero che non ci fosse nulla e nessuno quando arrivarono… tuttavia Itamar, nello specifico, è da tempo oggetto di dispute sulla terra ed era (almeno nel passato recente) considerato un insediamento molto aggressivo nei confronti dei palestinesi.

Il nostro ospite californiano-israeliano ci spiega che ha modificato la produzione agricola per diventare completamente sostenibile, ecologico e "a chilometro zero", come diciamo in Italia. Niente internet, niente marketing, solo passaparola. Ogni prodotto ha lo stesso (basso) prezzo fisso. Compriamo il suo formaggio e il suo pane e beviamo il suo yogurt (tutti i prodotti SUPER ECOLOGICI senza conservanti ecc. … me ne renderò conto personalmente più tardi).

Prossima fermata: un altro amico di Ofir che vive nelle vicinanze, un simpaticissimo pensionato che ci invita per il tè, accompagnato da deliziosi dolci fatti in casa. Ci dice di aver lavorato con i beduini del deserto del Negev per un'autorità locale israeliana. «Non è vero che i beduini hanno più di una moglie!" Ok ok… non ho mai sostenuto il contrario. Poi aggiunge "I beduini possono essere molto pericolosi!» Bah, la generalizzazione non aiuta mai…

A Itamar visitiamo anche una sinagoga costruita in memoria delle vittime degli attacchi terroristici (da parte di Palestinesi). Non va dimenticato tuttavia che anche i coloni di Itamar hanno molestato e ucciso dei palestinesi.

Grazie Ofir! e buona fortuna per il tuo lavoro secondario come guida turistica per gruppi evangelici in Samaria… questa volta hai fatto lo chaperon a persone di sinistra 😉

Ci aspetta un lungo viaggio per tornare a Gerusalemme. Dobbiamo cambiare autobus ad un incrocio. Fa un freddo cane. Ai soldati del vicino checkpoint viene consegnata la cena, che mangeranno sul ciglio della strada forse prima di iniziare il turno. Un vicino di attesa, un ebreo ultra-ortodosso che ci sente passare dal francese allo spagnolo, domanda (in francese): «Di dove siete?». Spieghiamo: «Messico, Francia e Italia». Lui si allontana. Poi torna indietro. «Siete ebrei?». «No». Si allontana di nuovo.

Dopo aver finito questo post, ho letto dell'ultimo attacco terroristico in Cisgiordania: due persone sono state uccise in Samaria. È facile per me descrivere l’assurdità delle piccole cose che ho visto in questa visita, visto che non devo vivere personalmente e quotidianamente la tragica realtà di questi luoghi… tragica per tutti.

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