Non profit

Guzzetti: «Le storie belle hanno un lieto fine, ma non hanno una fine. Semplicemente ne cominciano altre»

Il prossimo 27 maggio il presidente di Fondazione Cariplo lascia il suo incarico dopo 22 anni in cui ha contribuito non solo ad innovare il welfare ma a costruire un'architrave di sistema di cui il Paese ha oggi più che mai bisogno. Lunedì 8 aprile l'evento con cui si chiude il mandato degli Organi di Fondazione Cariplo attualmente in carica

di Riccardo Bonacina

«Le storie belle hanno un lieto fine, ma non hanno una fine. Semplicemente ne cominciano altre», ha detto Giuseppe Guzzetti in una bellissima intervista a Dario Cresto-Dina su Repubblica oggi. Ed è proprio così, il giudizio su un’esperienza importante, come è stata quella di Fondazione Cariplo dal suo stato nascente sino ad oggi passando dal tormentato iter legislativo iniziato nel 1990 anno di nascita delle Fondazioni come “enti conferenti” sino alle sentenze della Corte Costituzionale nel 2003, è certificato da come il protagonista in ognuno dei frangenti della storia, sa uscire di scena, da come sa traguardare il futuro di quella storia oltre la propria permanenza alla guida.

«Il mio vero orgoglio non è per quello che abbiamo realizzato, ma essere certo che tutto ciò proseguirà» dice l’avvocato di Turate alla guida di Fondazione Cariplo dal 1997 che il 27 maggio lascerà definitivamente il suo incarico. “Futuro (per il) prossimo” si intitola significativamente e non a caso l’evento di lunedì 8 aprile con cui si chiude il mandato degli Organi di Fondazione Cariplo attualmente in carica. Il prossimo e il Futuro come parole chiave come due coordinate per il futuro della Fondazione.

In oltre vent’anni Fondazione Cariplo ha sostenuto oltre 30 mila progetti di utilità sociale nei settori dell’ambiente, della cultura, della ricerca scientifica e del sociale, donando agli enti non profit oltre 3 miliardi di euro, e mettendo allo stesso tavolo progettuale enti pubblici, terzo settore, aziende e cittadini (unico vero esempio di sussidiarietà circolare) ma ciò che importa ora, come dice il presidente, è che tutto ciò continuerà.

Nella già citata intervista è stato chiesto a Guzzetti: Lei è stato ed è ancora un uomo di grande potere. Presidente della Lombardia, parlamentare, presidente dell’Acri e della fondazione Cariplo e il potere può essere spesso diabolico. Le ha fatto commettere degli sbagli?

«Ne ho fatti tanti, per ridurli ho cercato di circondarmi di persone capaci, migliori di me. L’ho imparato da Aldo Moro. E poi ci sono stati gli insegnamenti di mia nonna Carolina, uno soprattutto: sii sempre l’uomo che dice quel poco che sa e che fa quel poco che può» è stata la sua risposta. Una risposta che a me sembra restituisca in sintesi la statura dell’uomo.

Vita e chi scrive hanno spesso accompagnato la tenacia, l’intelligenza e la ragionevolezza con cui Guzzetti da presidente di Fondazione Cariplo e dal 2000 come presidente dell’Acri (Associazione delle fondazioni di origine bancaria) ha promosso un’assetto normativo e riforme che assegnassero alle Fondazioni finalità esclusive di sostegno al Terzo settore e di promozione dello sviluppo socio-economico (mai disgiungere i due termini) dei territori, e le sue battaglie a difesa della natura privatistica (quanti appetiti ha dovuto affrontare) e non profit di queste. Sino al 2003 con le sentenze davvero storiche, la n. 300 e la n. 301 del 29 settembre che definirono le Fondazioni di origine bancaria come «persone giuridiche private dotate di piena autonomia statutaria e gestionale» e collocate a pieno titolo «tra i soggetti dell’organizzazione delle libertà sociali», prevedendo che negli organi di governance ci fosse «la prevalenza della società civile».

A me pare che se all’alba degli anni 2000 si incrinò finalmente l’equivalenza tra Statale e pubblico, si debba anche alle battaglie di Guzzetti che seppe collocare le Fondazioni come soggetti intermedi che non sono né dello Stato né del privato, ma soggetti privati che svolgono una funzione di carattere pubblico, collettivo e di utilità sociale. Battaglia, purtroppo, sempre da rinnovare e tener viva.

Nell’ultimo decennio, poi, le Fondazioni d’origine bancaria e in particolare Fondazione Cariplo hanno saputo innovare le forme del Welfare, di un welfare stanco dalle risorse sempre più scarse, con sperimentazioni che hanno prodotto modelli replicabili: si pensi alla nascita delle Fondazioni di Comunità, alla nascita della Fondazione con il Sud, alla perseguita crescita dell’housing sociale in Italia, all’istituzione del nuovo Fondo nazionale per il contrasto alla povertà giovanile; e ancora alla nascita di un hub per l’imprenditoria innovativa e giovanile come Cariplo Factory o a programmi di sussidiarietà circolare come Welfare in azione. Senza dimenticare il ruolo fondamentale avuto dalle fondazioni nella salvaguardia delle banche italiane e nel loro riassetto e alla crescita di Cassa depositi e prestiti.

Importantissimo anche il percorso che ha portato alla Carta delle Fondazioni sottoscritta col Mef nel 2013 che tra l’altro ha previsto come le fondazioni devono prendere l'impegno di rendere trasparenti gli investimenti; il divieto di ingerire nella gestione operativa delle società bancarie, e, riguardo le nomine negli organi delle società partecipate la Carta richiede di procedere secondo “criteri volti a garantire autorevolezza e competenza dei nominati, in funzione delle caratteristiche della società e del ruolo da ricoprire”. La Carta inoltre indica di adottare opportune misure atte a determinare una discontinuità temporale tra incarico politico svolto e nomina all’interno degli organi delle Fondazioni.” Insomma, un’operazione trasparenza, fondamentale e assai rara altrove.

Giustamente il presidente Mattarella ha voluto sottolineare come “In questi anni le Fondazioni hanno svolto funzioni preziose di integrazione e supplenza di missioni pubbliche accompagnando inoltre le trasformazioni strategiche delle banche italiane”. Come fondamentali “enti intermedi” – ha affermato Mattarella – si sono rivelati “attori e non spettatori del cambiamento nello svolgere la loro missione di tutela dei patrimoni, difesa del risparmio e del suo impiego per obiettivi di crescita dell’economia e di inclusione sociale e culturale”. Sottolineature che non potevano esimersi dall’apprezzamento anche personale a chi ha guidato un percorso così importante per il Paese: “Esprimo sincero apprezzamento per la guida sapiente e lungimirante che Giuseppe Guzzetti ha espresso nell’Acri”.

La Fondazione, e il sistema Acri, che Guzzetti lascia in eredità sono un’architrave importantissima di un’Italia che oggi più che mai ha bisogno di ripartire ritrovando un percorso in cui lo Stato non sia più egemone, la politica non più prodotta dai partiti, i corpi intermedi capaci di rinnovamento e nuovo protagonismo, la diversità dei territori non motivo di divisione ma occasione di dinamismo e nuovo sviluppo in cui crescita economica e sociale stiano insieme.

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