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Minori, parlano i cappellani. No al ddl Castelli
I sacerdoti delle carceri e i volontari presentano un documento contro il progetto del ministro. Don Rigoldi: "Così si seppellisce qualunque progetto di recupero".
Una posizione ferma e durissima contro quello che ritengono un disegno di legge inutile, controproducente e di stampo vendicativo: così i cappellani delle carceri per minorenni e i cappellani delle carceri lombarde (assieme a Caritas Ambrosiana, Cnca, Cdo, Conferenza regionale Volontariato giustizia della Lombardia) hanno espresso, in una conferenza stampa ufficiale che si è tenuta il 12 aprile a Milano, il loro no al disegno di legge Castelli sulla riforma della giustizia penale minorile. «Attualmente siamo in grado di recuperare almeno il 70% dei ragazzi che entrano nel carcere minorile» dice don Gino Rigoldi, da 32 anni cappellano al Beccaria di Milano. «L’idea di spostarli in un carcere per adulti significa azzerare tutto il cammino educativo intrapreso e seppellire ogni speranza di recupero». Don Rigoldi rileva come la proposta Castelli sia giunta in risposta a un allarme sociale «scatenato da tre soli gravi casi di cronaca: quello di Sesto San Giovanni, quello di Novi Ligure e quello di Chiavenna. Ma se si dà un?occhiata alle statistiche del ministero della Giustizia, si scopre che non c?è stato alcun incremento nei delitti contro la persona, che l?anno scorso si sono attestati al 9% del totale».
In particolare, è la premessa culturale da cui è scaturito il provvedimento del Guardasigilli a preoccupare: «Quando un minore delinque, tutta la società è chiamata a domandarsi il perché e ad assumersi una responsabilità» dice don Virginio Colmegna, direttore della Caritas Ambrosiana. «Questo disegno di legge alimenta un?illusione: quella che la società può stare tranquilla solo rinchiudendo i minori che sbagliano. è un?idea ?carcerocentrica? che non possiamo condividere. Chiediamo che su questo tema si faccia una pausa di riflessione, per un dibattito scientifico e civile che individui le soluzioni più adeguate». La rappresentanza dei cappellani e del Terzo settore ha redatto un documento di valutazione e proposta in cui si esprimono «stupore e dissenso per la premessa scritta nella relazione introduttiva e declinata nell?art. 4 dove si afferma che a 16 anni la capacità di delinquere di un adolescente è già pressoché adulta e da trattare come tale. Affermazione in contrasto con la comune e condivisa esperienza delle famiglie e degli educatori».
Risulta urgente «un?energica azione educativa che coinvolga famiglia, scuola, oratori, responsabili dei gruppi sportivi e di tutti i luoghi dove i giovani si incontrano. Puntare sulla minaccia di pene più alte o ancor peggio applicarle, magari in carceri adulte sovraffollate dove il giovane diventa prima garzone e poi apprendista della criminalità adulta, non ci appare una buona scelta di riabilitazione né di prevenzione, in contrasto con lo spirito della Costituzione e della Carta dei diritti del fanciullo».
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