Politica

Intervista a Savino Pezzotta. E ora concertiamo

Lavoro. Il dopo sciopero visto da casa Cisl. "Il muro contro muro è l’unica politica sociale che non mi convince".

di Ettore Colombo

Savino Pezzotta lo chiamano tutti ?l?uomo del dialogo sociale?. E lo è, ma il carattere è burbero come quello di Cofferati è compassato e quello di Angeletti bonario. I tre leader di Cgil, Cisl e Uil sono impegnati in un braccio di ferro con il governo (sull?articolo 18 e non solo) che non potrà che risolversi, dicono tutti, alla maniera dei vecchi duelli cavallereschi: ne resterà in piedi uno solo. Ma Pezzotta non smette mai di tessere la stessa tela, quella che ha i colori del dialogo. Una tela fatta di caparbietà e duttilità insieme, di tatticismi e rigidità, ideali e necessità. Una tela intelligente, e decisamente utile, stando così le cose, oggi, in Italia, vent?anni dopo l?ultimo sciopero generale della storia del Paese. Chissà cosa farà, Savino Pezzotta, dopo, stante che nel Cinese tutti vedono un futuro leader. Per ora, l?unico documento politico che Pezzotta ha firmato chiede ai cattolici un rinnovato e incisivo impegno, sulla scia della dottrina sociale della Chiesa: «Prendiamo il largo», s?intitola. Appunto. Vita: Dopo lo sciopero, la contrapposizione, lo scontro frontale. Tornerà l?ora del dialogo? Savino Pezzotta: Un dialogo, per averlo, bisogna essere in due a farlo. Vedremo se la volontà del governo è questa. Come pure vedremo, dopo lo sciopero, cosa pensa e cosa vuole davvero la Confindustria italiana? Certo è che impostare le relazioni sociali sulla base dello scontro e del muro contro muro non credo giovi granché allo sviluppo di questo Paese. Come sindacalisti sappiamo trattare, domandare, proporre. Che ci invitino a un tavolo vero, serio, che lo fissino. E ci trattino con rispetto, aggiungo. Vita: Ecco, gli industriali. A Parma sembravano quasi avercela con Berlusconi… Pezzotta: Se queste sono le premesse, non promettono nulla di buono. Comunque noi siamo disposti a discutere di riforma del mercato del lavoro, di ammortizzatori sociali, di statuto dei nuovi lavori, proprio quello su cui stava lavorando il professor Marco Biagi, fino a poco prima d?essere ammazzato. Vita: Insomma, lei ripropone il modello della concertazione? Pezzotta: Perché, cos?aveva di male, il modello della concertazione? Ha funzionato per dieci anni e ci ha permesso di affrontare la grande sfida del pareggio di bilancio, di entrare in Europa e, prima ancora, quando è nata, di superare la grande crisi valutaria del 1992. Ora, il governo ha voluto abbandonarla. Mah. La vogliamo chiamare ?dialogo sociale?, come si fa in tutt?Europa? Bene, facciamolo, ma ricordandoci che vuol dire impegnarsi su questioni di fondo, non terminologiche. La logica del muro contro muro, ecco l?unica ?politica sociale? che proprio non mi convince. Lo dico ai massimalisti di ogni parte, governativi, sindacalisti o politici che siano. Vogliamo le riforme. Vita: Ma la Cisl con i governi ci litiga o ci va d?accordo? È un sindacato conflittuale o no? Pezzotta: Noi facciamo il nostro mestiere, quello di sindacalisti. Facciamo scioperi per ragioni sindacali, non certo politiche. Negli anni passati abbiamo avuto da discutere e contrapporci ai governi dell?Ulivo, oggi a quello del Polo. Ma sempre per motivi concreti, sulle politiche economiche, fiscali, sociali. Non organizzo scioperi per far cadere governi, ma per oppormi alle sue scelte in campo sindacale, come sull?articolo 18. Vogliamo cambiare le scelte del governo su questa materia e su nessun?altra. Le maggioranze parlamentari le votano i cittadini e le cambiano i cittadini con il voto: chi ha più voti vince le elezioni e governa. Punto. Mi limito solo ad osservare che in questo Paese le migliori riforme economiche sono state fatte ricercando il consenso: così avvenne per la riforma delle pensioni nel ?95, così avvenne per la politica dei redditi nel 1992-?93 (riforme di cui il Paese trae beneficio e se ne sente gli effetti ancora oggi). Nella scorsa legislatura venne approvato il ?pacchetto Treu?, oggi in parte sconfessato sia dall?Ulivo che dal Polo: chiedeva e cercava più flessibilità e mobilità per creare nuova occupazione. Come nel Libro bianco di Biagi. Che non faceva alcuna menzione dell?articolo 18. Ecco, noi vogliamo ripartire da lì, contro ogni logica di ?garantismo a senso unico?: vogliamo discutere di flessibilità, partecipazione e nuovi modelli contrattuali avendo come riferimento non solo le aree tipiche del lavoro dipendente, ma anche quelle, che ormai sono milioni, che rappresentano i lavoratori atipici, precari, non garantiti. Vita: Ecco, lo vede che fanno bene a chiamarla ?l?uomo del dialogo?? Pezzotta: Uomo del dialogo? Se significa dire sempre quello che si pensa con onestà e intelligenza e che il dovere del lottare, quando la causa è giusta, non va mai disgiunto dal dovere di cercare soluzioni, allora sì, sono un uomo del dialogo. Vita: Pezzotta, ma in questo scontro che fine fa il Terzo settore? Resta schiacciato? La Cisl se ne occupa? Pezzotta: La Cisl ha, da sempre, una visione plurale dell?economia: anche la recente legge appena approvata sull?impresa sociale va in questa direzione. La necessità di sviluppo di un piano economico cooperativo, mutualistico, associativo e non profit è essenziale, in questo quadro. Alla Cisl sono temi cari da sempre. Vita: E i lavoratori atipici finiranno schiacciati nella tenaglia di uno scontro troppo politico? Pezzotta: La Cisl è un sindacato moderno, che cambia come cambia il mondo del lavoro, che a esso si adatta e ne segue le mutazioni come le contraddizioni: cresciamo, per iscritti, tra i lavoratori attivi, naturalmente, ma anche tra i lavoratori atipici perché riusciamo a cogliere le novità del presente, del tempo che ci circonda e ci viene incontro. La Cisl è il sindacato delle opportunità. Uomo chiave: «Mente aperta, apolitico, crede nel dialogo. È lui l?uomo chiave, da seguire»: questo il giudizio che l?autorevole Financial Times dà di Savino Pezzotta. 58 anni, bergamasco, Pezzotta è sposato e ha due figli. Operaio tessile, ha guidato la Cisl Lombardia per poi essere eletto, nel 2000, segretario generale.


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