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A Civitas: Economia a mano armata

Sarà presentato a Civitas un rapporto sugli intrecci tra industria, finanza e spesa militare in Italia, curato dalla campagna Sbilanciamoci. Ecco alcune anticipazioni

di Barbara Fabiani

Dopo cinquant’anni di equilibrio del terrore, la guerra è oggi tornata ad essere considerata uno strumento ordinario di politica estera. Legittimata con aggettivi rassicuranti come “umanitaria” “giusta” “necessaria”, la guerra di fatto è tornata ad essere un mezzo per estendere e rafforzare la sfera di dominio di particolari potenze economiche e politiche, ma anche il risultato di un’economia mondiale che sta depauperando intere zone del pianeta e scatenando lotte per le risorse. La campagna “Sbilanciamoci” presenterà a Civitas un dossier sugli intrecci tra finanza , industria e spesa militare, con particolare attenzione alla situazione italiana. A cominciare alla riforma delle forze armate in Italia. Il Ministero della Difesa chiede da tempo un innalzamento al 2% del PIL delle spese militari, che negli ultimi anni si è sempre aggirato intorno al 1,05% (può servire paragonare questa percentuale allo 0,12% dedicato alla cooperazione allo sviluppo). Nell’anno 2002 lo stanziamento complessivo per la difesa ammonta a 18.850 milioni di euro. Rispetto al bilancio previsionale approvato dal Parlamento per il 2001 ha avuto un incremento di 2.416 milioni di euro, con una variazione del 7%. Il Parlamento , tra l’altro, ha allocato alla difesa più di 400 milioni di euro in aggiunta a quelli chiesti dal Governo. L’anno zero dell’aumento delle spese militari è stato il 2000, in cui il bilancio della Difesa è aumento di quasi 2mila milioni di euro, dopo un decennio di tendenziale stabilità della spesa. La ripresa della spesa è dovuta alla riforma delle forze armate e al passaggio graduale al servizio professionale (con impennata dei costi per le spese di personale ma anche di ammodernamento delle attrezzature , fanno presenti i generali). Oggi sono oltre 250mila le persone coinvolte nella macchina militare (dai soldati di leva, a quelli di carriera , alla gestione a tutti i livelli) e , nella prevista riduzione di numero, la difesa chiede che non si scenda sotto la cifra di 190mila addetti. Ma considerando che l’attuale compito principale delle forze armate sono le missioni fuori area, dove alla data 04.12.2001 sono impiegati 30mila unità, viene da chiedersi a cosa servano tutte quelle risorse umane richieste dal ministero. Che sia una preoccupazione dei 614 generali italiani (un numero maggiore che nell’esercito americano) di non avere all’improvviso più sottoposti? Inoltre, è bene ricordare, che le missioni all’estero, come anche altre voci militari, sono solo in minima parte incluse nel bilancio del Ministero della difesa e che vengono finanziate con leggi speciali o con fondi tratti da altri Ministeri. Resta la motivata preoccupazione dei vertici militari rispetto alla concreta possibilità di reclutare un tale numero di volontari – malgrado si stia pensando ad una serie di incentivi che arrivano all’assunzione nelle forze di sicurezza pubblica a fine mandato , o i canali privilegiati per l’assunzione in azienda – le stesse preoccupazioni dei generali, dicevamo, fanno temere che gli sprechi e le spese irrazionali non finiranno con la riforma, anzi… Il documento “Economia a mano armata” raccoglie nella seconda parte una panoramica di grande interesse sulle principali tappe dello sviluppo dell’industria militare italiana. Individua come proprio a partire dalla legge 185/90 le esportazioni italiane si siano indirizzata nella maggioranza dei casi a paesi “affidabili” dell’Europa occidentale, limitando l’esportazione ai paesi del sud del mondo; una tendenza questa, però, che sta in parte cambiano proprio recentemente. Alla fine degli anni’90 , infatti, è andato affermandosi il fenomeno della concentrazione industriale , con joint venture sempre più efficaci e vincenti sul mercato, come quella da cui nacque nel 1998 la Alenia Marconi System ( joint venture tra Marconi e Finmeccanica) e quelle internazionali con gruppi europei come tra la British Aereospace e il reparto di elettronica per la difesa della Marconi; o l’accordo tra il leader italiano degli elicotteri da combattimento Agusta e l’inglese GKN-Westland da cui è nato, sempre nel 1998, il colosso internazionale Agusta- Westland. I progetti per un sistema di difesa europeo, più volte auspicato dai Palazzi di Bruxelles, incoraggia questo tipo di integrazioni che a loro volta chiedono una maggiore autonomia da controlli nazionali. Non stupisce, quindi, che oggi più di ieri la legge 185/90 sia considerata una “pulce nel sistema” particolarmente fastidiosa. E qui il cerchio si chiude Il dossier “Economia a mano armata” , con le sue ulteriori e ricche informazioni, sarà il protagonista di semirio a Civitas il prossimo 3 maggio, PadovaFiere,Ore 11.30-13.00, Sala 3 La campagna “Sbilanciamoci” , che ha curato il rapporto, è composta da una coalizione di associazioni ( tra cui Arci, Associazione Obiettori non violenti, Lunaria, Cittadinanzattiva, Cnca , Ctm altromercato, Emergency, Msf, Legambiente e wwf, e molti altri) ed ha il fine di proporre un uso alternativo della spesa pubblica, coerente con politiche di promozione dei diritti, di pace e solidarietà internazionale, e tutela dell’ambiente. Info: sbilanciamoci@lunaria.org www.lunaria.org/sbilanciamoci


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