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La Nuova Europa: migrazioni, integrazione e sicurezza

L’Unione sarà capace di una risposta efficace a problemi di dimensione globale? Questa la domanda cui ha provato a rispondere l’undicesima edizione dell’East Forum, l’evento annuale organizzato da UniCredit e dalla rivista di geopolitica Eastwest

di Monica Straniero

«Il problema non è il flusso migratorio. L’immigrazione c’è sempre stata. La differenza è che oggi c’è la paura perché il fenomeno è incontrollato». A parlare è Romano Prodi in occasione dell’undicesima edizione dell’East Forum, l’evento annuale organizzato da UniCredit e dalla rivista di geopolitica Eastwest. Tema di quest'anno, la "Nuova Europa”, ovvero quella delle migrazioni, dell’integrazione sociale dei nuovi arrivati, come quella della sicurezza da garantire sul territorio europeo soprattutto a fronte della minaccia terroristica di stampo islamico.

L’Europa sarà capace di una risposta efficace a problemi di dimensione globale, o le forze centrifughe nazionaliste prevarranno frammentando il Continente in difesa di una sovranità ormai fuori dal tempo? Secondo Romano Prodi, «La crisi non sono mai state risolte», e cita la guerra civile in Siria e l’instabilità politica in Iraq. «Oggi non c'è una leadership che unisca le diverse volontà. I leader europei si comportano come le previsioni del tempo. Il referendum sulla Brexit ha infatti mostrato la fragilità di un'Europa vittima del cupio dissolvi e responsabile essa stessa dell’ascesa populista del ceto medio impoverito dalla crisi», ha aggiunto l'ex presidente della Commissione.

Ad aprire il convegno, articolato in tre panel, è stato invece il presidente di Unicredit, Giuseppe Vita, che nel suo intervento ha messo in evidenza: «La Brexit è un’occasione per riaccendere l’ideale Europeo. La competizione non è più tra le singole nazioni ma fra continenti e l’Europa veramente unita potrebbe giocare un grandissimo ruolo da tutti i punti di vista: ricerca e sviluppo, mercato, sicurezza, difesa, salute e welfare. Mi auguro, quindi, che gli attuali Paesi membri scelgano di andare nella direzione opposta a quella scelta dal Regno Unito. Questo perché un’Europa politicamente unita potrebbe governare al meglio l’immigrazione e beneficiare al massimo delle ricadute positive di una integrazione preparata e ben gestita».

La questione dei migranti è oggi il punto di tensione più forte che sta portando al collasso l’Unione Europea, un sistema d’integrazione fondato, almeno in teoria, sul principio di solidarietà e la piena condivisione delle responsabilità tra tutti gli Stati Membri. In tutto il mondo i migranti sono 230 milioni, pari al 3% della popolazione globale. «Questa è una crisi di rifugiati, non solo un fenomeno migratorio. La grande maggioranza di coloro che tenta la traversata disperata su barconi e gommoni verso l’Europa sono in fuga per salvarsi la vita», ha più volte ribadito l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr).

L’East Forum fa il punto sulla situazione attuale. Ogni anno, il flusso complessivo è stimato in 15 milioni, tra quelli che lasciano il proprio Paese per motivi economici (6 milioni) e quelli che lo fanno per studiare (4 milioni), per motivi familiari (2 milioni), fino ai rifugiati (3 milioni). Solo in Europa, l'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) stima oltre un milione di ingressi nel 2015 e, nei primi due mesi del 2016, siamo già oltre 135 mila persone. Inoltre, con l'aumento dei migranti, è cresciuto sensibilmente anche il numero dei trafficanti: ben 12.000 nel 2015. I paesi più esposti e impegnati sul campo sono Grecia e Italia, che, insieme – secondo i dati della Commissione Europea – hanno visto sbarcare sulle proprie coste o varcare i propri confini quasi un milione di profughi nel 2015. «In questo scenario, la crisi dei migranti diventa un banco di prova per l’identità europea perché dipende dagli Stati e non dalla Ue», ha sottolineato Stephane Jaquemet, Delegato per il Sud Europa dell’UNHCR.

Ad intervenire sul dilemma della migrazione anche Ismail Yeşil, dell'autorità turca per i disastri e le emergenze che ha illustrato i dettagli dell’accordo concluso a metà marzo dall’Unione Europea con la Turchia, con l’obiettivo di gestire i milioni di migranti e profughi in territorio turco. E questo in cambio, principalmente, di un pacchetto di complessivi 6 miliardi di euro e di impegni politici presi dall’Europa (compreso il rilancio del processo di adesione della Turchia alla UE). Un compromesso che ha sollevato aspre critiche da parte delle ONG che si sono dette preoccupate per un accordo che di fatto ha trasformato i centri di accoglienza in centri di detenzione. «In quei luoghi ci sono anche minori che secondo il diritto internazionale non possono essere detenuti per questioni migratorie», ha sottolineato Save the Children.

In generale, la risposta dell’Europa alla crisi è stata, ad oggi, frammentaria e inefficace. Per Domenico Manzione, il Sottosegretario all’Interno, è necessario ricalibrare i sistemi di accoglienza tra i Paesi europei che hanno sensibilità per immigrazione. «Dei 160.000 migranti da ricollocare in base all’accordo comunitario, ne sono stati sistemati 1500. Gli altri sono rimasti a carico di Grecia e Italia», ha aggiunto Manzione. Intanto, con la nuova proposta presentata il 13 luglio dalla Commissione Europea per risolvere il problema immigrazione, gli stati riceveranno 10 mila euro ogni migrante arrivato in base al nuovo sistema dei reinsediamenti.

Si è toccato poi il tema dell’immigrazione come problema sociale e di sicurezza. L'emergenza profughi si intreccia infatti con le questioni legate alla sicurezza dei cittadini, in particolare per via del rischio che i flussi di migranti irregolari possano essere utilizzati dai terroristi per entrare nell'UE, anche se la maggior parte di essi sono risultati addirittura residenti in Europa. Su questo punto, Franco Roberti, ha chiarito che le inchieste non rivelano connessioni tra i flussi migratori e il terrorismo internazionale. «Ma non si può escludere la possibilità, dice il procuratore nazionale antimafia, che chi arriva come migrante possa poi avviare un percorso di radicalizzazione».

Infine si è parlato di demografia come stimolo per l’economia europea. In un contesto dove il rapido invecchiamento della popolazione ed il drastico crollo delle nascite porteranno ad una riduzione progressiva della popolazione autoctona, gli immigrati diventano una risorsa. «La sfida è far coincidere le esigenze in termini di tipi di mano d’opera con le qualifiche dei migranti», ha sottolineato Jean-Christophe Dumont, Responsabile della Divisione per le Migrazioni Internazionali dell'OCS.

In sostanza, la convinzione di fondo che ha guidato i lavori del Forum è che l’Europa sia dinanzi ad una sfida che avrà un impatto decisivo e di lungo termine sul suo futuro e sul suo ruolo nel mondo: una nuova Europa sarà definita dalle risposte che verranno date alla crisi in corso.

Lo ha ribadito in chiusura il direttore della rivista di politica ed economia "Eastwest" Giuseppe Scognamiglio: «Non esistono infatti soluzioni semplici se non nella narrativa populista neo-medievale: cedere alla rinazionalizzazione delle nostre società sarebbe un errore gravissimo. Dobbiamo invece studiare i fenomeni per poter adottare politiche diverse da quelle che hanno fallito fino ad oggi, ma che ci consentano di raccogliere le opportunità che i movimenti migratori, comunque inevitabili, ci offrono. Eastwest se ne occupa diffusamente e con un punto di vista diverso da quello dei grandi magazine del Nord Europa».

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