Welfare

Case-famiglia, servono più investimenti sulla prevenzione

I servizi residenziali per minorenni danno risposta a un tema di protezione necessaria: «è un sistema che deve essere sostenuto, non affossato», afferma la rete "5 buone ragioni". «Tutte le strutture che non operano in modo adeguato vanno chiuse, ma il modo migliore per farlo è rafforzare le forme di controllo già previste dalla normativa». Ecco le loro proposte

di Redazione

Solo in questa legislatura abbiamo già la proposta di "Istituzione di una Commissione parlamentare di inchiesta sulle attività di affidamento di minori a comunità e istituti" (Doc XXII, n. 30) a prima firma di Gabriele Toccafondi, assegnata alla XII Commissione Affari Sociali della Camera il 26 febbraio 2019. Mentre una Commissione parlamentare di inchiesta sui fatti accaduti presso la comunità 'Il Forteto'" (Doc XXII, n. 4), presentata da Giorgia Meloni l’anno scorso, è stata approvata ed è in vigore da pochi giorni, dal 26 marzo 2019. A queste si aggiunge la nuovissima proposta di legge annunciata dalla Lega per istituire una Commissione d’inchiesta sulle case-famiglia (presentata alla Camera e al Senato, i testi purtroppo non ci sono ancora, ma dal titolo ufficiale della proposta è scomparso il cenno al velocizzare le adozioni, di cui è stato scritto sui giornali nei giorni scorsi, per lasciare il posto a un più generico "disposizioni in materia del diritto del minore a una famiglia"). Dinanzi a ciò la rete “5buoneragioni per accogliere i bambini che vanno protetti” esprime «preoccupazione» per una proposta che sembra voler attaccare un intero sistema, semplificando la realtà di un fenomeno molto complesso.

“5buoneragioni” è costituita da Agevolando, Coordinamento italiano dei servizi contro il maltrattamento e l’abuso all’infanzia (Cismai), Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA), Coordinamento Nazionale Comunità per Minori (CNCM), Progetto Famiglia e Sos Villaggi dei Bambini che insieme rappresentano centinaia di strutture d’accoglienza in Italia e migliaia di ragazzi e ragazze cresciuti in un contesto di accoglienza diverso dalla famiglia d’origine.

Ecco le considerazioni che vogliono condividere:

  1. Sul sistema di controllo. Le commissioni d’inchiesta parlamentare possono essere utili solo se utilizzate come ulteriore tutela per i bambini e i ragazzi – in particolare per fare emergere la debolezza dei servizi sociali territoriali e l’insufficienza delle misure di sostegno alle famiglie a rischio – ma le forme di controllo già esistono. Si è appena conclusa un’indagine conoscitiva sui minori fuori famiglia condotta dal Parlamento e un’indagine sulle disposizioni in materia di adozioni e affido condotta dalla Commissione Giustizia della Camera. Esiste inoltre un Piano nazionale infanzia (Pni) varato dall’Osservatorio per l’infanzia e l’adolescenza, struttura non più convocata dal ministro Fontana. Il nostro timore è che l’istituzione di una commissione d’inchiesta, oltre ad avere notevoli costi pubblici, si trasformi in una “caccia alle streghe” e in una progressiva dismissione della tutela pubblica nei confronti dei bambini e delle famiglie in difficoltà. Tutte le strutture che non operano in modo adeguato vanno chiuse, ma il modo migliore per farlo è rafforzare le forme di controllo già previste dalla normativa, ad opera di Servizi sociali, Ausl, Procure minorili. Da anni come organizzazioni chiediamo un sistema permanente di monitoraggio e verifica della qualità perché, più che di inchieste, c’è la necessità di definire un sistema organico e costante di controllo.
  2. Sul business delle case-famiglia. Parlare di “business” delle case-famiglia è fuorviante. Non esistono – come invece afferma il ministro Salvini – strutture che hanno rette giornaliere da 400 euro, ma la media delle rette si aggira intorno ai 100 euro. Bisognerebbe invece parlare di “giusto costo” definendo standard di qualità garantiti da tutte le strutture, da nord a sud Italia. A questo proposito esistono già delle “Linee d’indirizzo per l’accoglienza nei servizi residenziali per minorenni” varate dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali e recepite dalla Conferenza Stato-regioni e dalle autonomie locali, ma ad oggi diffusamente non adottate da Regioni e Comuni. La Legge di Bilancio 2018 ha introdotto un fondo sperimentale per neomaggiorenni che ad oggi, però, non è ancora partito e che – seppur importante – non coprirà il fabbisogno di tutti i ragazzi. Così tanti di loro, una volta divenuti maggiorenni, si troveranno ancora una volta soli ad affrontare il loro futuro. Ci sono, infine, comunità virtuose costrette a chiudere – interrompendo percorsi di qualità – per i gravissimi ritardi accumulati dai Comuni nel liquidare gli importi necessari alla copertura dei costi vivi.
  3. Sul falso mito delle adozioni: Da sfatare anche il falso mito che tutti i bambini e i ragazzi in comunità siano adottabili: infatti solo il 5% di essi lo è, circa 779 minori su 12.000 (dati Ministero del lavoro e delle politiche sociali). La maggior parte dei ragazzi accolti mantiene rapporti con la famiglia di origine, senza potervi però tornare a causa delle difficoltà della famiglia stessa. Per chiarire questi aspetti e non creare nocive e false contrapposizioni tra l’accoglienza in comunità residenziale e l’istituto dell’adozione, auspichiamo che finalmente tornino a riunirsi l’Osservatorio nazionale sull’infanzia e adolescenza e la Commissione per le adozioni internazionali. Bisogna sostenere le famiglie adottive, soprattutto nei casi di “adozioni difficili” (per esempio di ragazzi adolescenti o di bambini con disabilità) invece che fare passare il messaggio, falso e scorretto, che tutti i bambini e i ragazzi in comunità siano adottabili, con grave torto alle loro famiglie d’origine.

Spiace davvero, ancora una volta, trovarci a rispondere ad accuse che lanciano messaggi fuorvianti e non offrono un quadro corretto della realtà. Parlare di bambini e ragazzi “in ostaggio” delle case-famiglia e di “business” non aiuta a fotografare la situazione reale del Paese e non è rispettoso di bambini, adolescenti e famiglie che – insieme agli operatori e ai servizi sociali competenti – stanno compiendo un faticoso ma necessario percorso all’interno di un sistema che deve essere sostenuto, non affossato. Gli strumenti di controllo e i luoghi di monitoraggio, confronto e implementazione esistono già, vanno solo rafforzati e fatti funzionare, e soprattutto bisognerebbe agire molto di più in un’ottica di prevenzione, piuttosto che riparativa, pensando anche a tutte le forme di disagio e violenza che ad oggi rimangono sommerse.

La nostra proposta? Investiamo sulla prevenzione, sul sostegno alla genitorialità più fragile, sul sostegno ai servizi sociali territoriali e alle Procure della Repubblica per renderli più efficienti, sul supporto all’autonomia dei giovani neomaggiorenni in uscita da percorsi di accoglienza perché non si vanifichi il lavoro svolto quando erano minorenni. Impegniamoci tutti insieme per il bene di quei bambini e ai ragazzi che chiedono di poter essere tutelati e garantiti nei loro diritti.

Foto Ugo Panella, SOS Villaggi dei Bambini

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