Welfare

Carcere: è allarme salute

Un esempio? 4000 detenuti soffrono di gravi disturbi psichici

di Gabriella Meroni

Sono più di cinquantatremila i detenuti in Italia, ospitati in strutture carcerarie che in realtà dispongono di quarantamila posti, circa quattromila soffrono di gravi disturbi psichici, altri quattromila sono sieropositivi. Inoltre la stragrande maggioranza della popolazione detenuta è rappresentata da tossicodipendenti e immigrati. Per ogni istituto di pena è previsto un solo psichiatra, al massimo due in quelli più grandi; il tempo dei colloqui con gli psicologi non supera in media i 22 minuti al mese. Il personale sanitario penitenziario conta in totale 6.612 addetti, tra medici, infermieri e psicologi, molti dei quali precari. Il quadro sulla salute nelle carceri arriva dagli operatori del settore riuniti in un convegno a Roma, dedicato al tema, nel corso del quale hanno sottolineato ”l’emergenza” della situazione e la necessità di una rapida e completa attuazione del decreto 230/99, ”nel rispetto del diritto alla salute” per i detenuti e degli stessi livelli di prestazione. In particolare, il testo ha stabilito il passaggio delle competenze sanitarie relative ai detenuti e agli internati dal Ministero della Giustizia al Servizio sanitario nazionale, passaggio che è già avvenuto per i tossicodipendenti in carcere. Per le altre funzioni, invece, è in corso una fase sperimentale in sei regioni (Toscana, Lazio Puglia, Emilia Romagna, Molise e Campania). Entro il 30 giugno verrà fatta la verifica di tale fase di passaggio, con il conseguente trasferimento del personale tra governo e regioni. ”C’è l’impegno e la volontà del ministero”, ha assicurato il sottosegretario alla Salute, Antonio Guidi, intervenuto al convegno, di dare applicazione al decreto 230. ”Esso va applicato in pieno – ha detto – e ciò può avvenire solo in concerto con le Regioni e chiedendo un finanziamento aggiuntivo, in modo che anche certe figure professionali superino la condizione di precarietà”. Perché, ha aggiunto, ”è inaccettabile che in un Paese civile, vi siano troppo spesso delle pene aggiuntive alla reclusione. Quello che il carcere non sta garantendo è la salute dell’ospite recluso. Così come è – ha concluso – il carcere fa male alla salute. Deve ospitare non punire”. ”Oggi parliamo di emergenza – ha spiegato Rino Giuliani, vicepresidente dell’Istituto Fernando Santi, un’associazione che si occupa di emigrati e che ha organizzato l’incontro – perché ancora non viene rispettato il principio costituzionale secondo cui i cittadini devono avere dentro e fuori le carceri la stessa tutela sanitaria”. Il problema riguarda anche gli ospedali psichiatrici giudiziari (Opg). Tali strutture oggi in Italia sono sei e ospitano 1.250 ricoverati, il 64% dei quali dichiarati socialmente pericolosi, il 20% imputati con presunzione di pericolosità sociale, il 7% condannati comuni che durante la pena sono colpiti da infermità mentale, come ha spiegato Massimo Cozza, coordinatore della Consulta nazionale per la salute mentale. ”Gli Opg – ha aggiunto – rappresentano una specie di buco nero, sopravvissuto alla chiusura dei manicomi e vanno superati, riportando al più presto al Ssn anche la tutela della salute mentale”. Nel frattempo, è stato inoltre annunciato durante il convegno, lunedì 29 aprile si insedierà il Comitato per il monitoraggio e la valutazione della fase sperimentale del trasferimento delle funzioni sanitarie avviata nelle sei regioni e conclusa in tre (riunirà sei rappresentati ministeriali e tre regionali), che avrà il compito di analizzare l’operato e apportare correttivi e integrazioni. ”Siamo soddisfatti – ha commentato Sandro Libianchi, del Coordinamento nazionale operatori per la salute mentale nelle carceri. Si tratta di una svolta epocale. L’unica perplessità è il fatto che alcune Regioni abbiano escluso dai propri piani di zona il carcere”.


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