Formazione

Vittime del gioco. Di Borsa

Milioni di bambini denutriti, soli in orfanotrofi e preda della fame e delle malattie. Che pagano il prezzo più alto del crollo dei mercati asiatici.Le cifre e la mappa del disastro, Paese per Paese

di Carlotta Jesi

«Un’intera generazione perduta». Per Kul Gautman, che da Bangkok dirige i programmi dell’Unicef per l’Asia orientale e il Pacifico, gli effetti più tragici della crisi del mercato asiatico non si misurano certo in quotazioni di Borsa, bancarotte e tuffi carpiati dai grattacieli di Tokyo. Dopo oltre un anno e mezzo, a pagare il prezzo più alto per lui sono milioni e milioni di bambini con gli occhi a mandorla. Un’intera generazione, appunto, che a differenza dei mercati non ha alcuna chance di riprendersi. Possibile? Sì. E come se i ventri rigonfi, le guance scavate e il forte aumento di baby prostitute e lavoratori nelle grande metropoli non fossero una prova sufficiente, da Bangkok arrivano le prime stime ufficiali dei danni sociali: migliaia di bambini denutriti, anemici, handicappati, abbandonati dalle famiglie, costretti a lasciare la scuola e ammalati di malaria, Aids e tubercolosi. Dati davvero scoraggianti che, dalla Thailandia alle Filippine e dall’Indonesia alla Corea del Sud, fotografano un esercito di bambini e ragazzi su cui la fame e la povertà hanno lasciato danni indelebili. «Gli esseri umani non sono mica come i ponti e le autostrade», spiega Gautman, «come si fa a “ricostruire” un bambino con il corpo e il cervello rattrappiti dalla malnutrizione?». Difficile dirlo, soprattutto se quel bambino bisogna moltiplicarlo per 2.800, come accade nell’isola di Sumatra. Dove un gruppo di assistenti sociali indonesiani, nel 1998, ha contato quasi 3000 bambini malnutriti al di sotto dei cinque anni e 41 mila affetti da “marasma”: una malattia causata dalla deficienza di calorie e proteine che si manifesta con pance gonfie e corpi magrissimi. “Sintomi” che si pensava non sarebbero mai usciti dall’Africa e che oggi, invece, hanno già raggiunto la Thailandia. Il Paese in cui la crisi ha preso il via e dove, all’inizio dello scorso anno, i bambini sotto peso erano il 12%. Oltre il 5% in più rispetto al 1996 e concentrati soprattutto nelle zone rurali, dove la maggior parte delle famiglie asiatiche si ritira dopo aver perso il lavoro in città a causa della crisi. Una “migrazione” di ritorno con conseguenze disastrose: 130 mila bambini tailandesi hanno abbandonato le scuole elementari e medie nell’ultimo anno per seguire i genitori e molti di quelli tra i 13 e i 14 anni ora lavorano nei campi. E se prima della crisi in Indonesia nove bambini su dieci completavano le scuole elementari, oggi non è più così. 7 milioni di studenti hanno lasciato la scuola l’anno scorso, e a Jakarta 81 scuole elementari hanno chiuso per mancanza di allievi. Dove sono oggi quei bambini? Per strada, la maggior parte, oppure in orfanotrofio. L’anno scorso, nella sola Corea del Sud, i bambini sotto i 19 anni affidati alle cure statali sono stati 9 mila, il 40% in più rispetto al 1997, e quasi 18 mila si trovano oggi in orfanotrofi e case famiglie da cui hanno scarse possibilità di uscire. E i più giovani non sono gli unici a soffrire: anche i ragazzi ritirati improvvisamente da scuola perché le famiglie non hanno più soldi per comprare quaderni e libri, come è accaduto al 7% di 13 milioni e mezzo di famiglie filippine, potrebbero non riprendersi più dal caos che improvvisamente ha investito le loro vite. «Il punto», spiega Bahar Laut, dell’ufficio per gli affari politici e sociali di Jakarta, «è che quando i genitori non hanno soldi non lasciano che i loro figli si facciano illusioni, che imparino a sognare». Risultato? Sulle strade asiatiche aumentano venditore di sigarette, prostitute e baby rapinatori. A Jakarta, dall’inizio della crisi, i ladri con meno di 18 anni sono arrivati a 40 mila, e un tribunale minorile della città ha denunciato un aumento del 10% del crimine giovanile nei primi sei mesi dell’anno. Dati sconfortanti a cui si aggiunge l’ancor più triste bollettino delle percentuali di budget tagliate dai programmi di assistenza sanitaria. Nelle Filippine, per esempio, i fondi destinati ai programmi di prevenzione sono stati tagliati del 26%, quelli stanziati per prevenire la tubercolosi del 36% e quelli anti malaria del 27%. Tagli drastici che, secondo la charity Oxfam, hanno causato circa 30 mila morti inutili per malaria.


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