Economia

Fondazione con il Sud: dieci anni nel segno della comunità

Non ha senso fare battaglie in nome di altri, ha senso farle con gli altri. Questo insegnava Danilo Dolci. Un messaggio che, a dieci anni dalla sua costituzione, la Fondazione con il Sud rilancia al Paese. Ne parliamo con il suo Presidente Carlo Borgomeo

di Marco Dotti

La Fondazione con il Sud compie dieci anni. Dieci anni di lavoro per promuovere, come vuole il suo statuto, «l’infrastrutturazione sociale» del Mezzogiorno, ovvero sostenere percorsi di coesione sociale per lo sviluppo. Ma quale sviluppo? E con quali risultati? Abbiamo incontato Carlo Borgomeo che ci racconta di un «progetto ambizioso e unico nel panorama europeo costituito da un’alleanza inedita tra le fondazioni di origine bancaria e il mondo del terzo settore e del volontariato, che ancora oggi, insieme, la governano e che investe nella società civile e nella capacità di fare rete sul territorio». Borgomeo spiega che, all'origine della Fondazione con il Sud – – c'è un cambio di paradigma.

Un paradigma sociale

«Con la nostra azione», spiega Borgomeo, «cerchiamo di cambiare il luogo comune dominante che considera temi come l’istruzione, la condizione giovanile e minorile, i beni comuni, il welfare di comunità e in generale il sociale importanti ma non centrali per lo sviluppo. La Fondazione con il suo lavoro vuole dimostrare che tutto ciò rappresenta, al contrario, una priorità e che uno sviluppo reale può realizzarsi solo partendo dalla coesione sociale».

Professor Borgomeo, sono passati dieci anni, è tempo di bilanci per la Fondazione. Iniziamo dai numeri?
La Fondazione nasce nel 2006, per iniziativa dell’Acri, delle Fondazioni di origine bancaria e del Forum del Terzo settore e del volontariato. Viene costituita con un patrimonio di 320 milioni di euro e con la missione di infrastrutturazione sociale di 6 regioni del Mezzogiorno. La Fondazione diventa operativa nel 2007, con un primo bando per l’educazione dei giovani.

Nel corso degli anni, l’attività è cresciuta…
Proprio su questo fronte va segnalato che le Fondazioni di origine bancaria, oltre ad aver dato le risorse iniziali, ossia il patrimonio, decisero nel 2007 che per 5 anni avrebbero versato alla Fondazione con il Sud un contributo di 20milioni l’anno. Questo contributo è stato rinnovato per altri due quinquenni, siamo ora nel 3 quinquennio e di conseguenza per 15 anni le Fondazioni di origine bancaria hanno dato o daranno 20 milioni l’anno. Ad oggi, i dati quantitativi sono questi: il patrimonio è passato a 420 milioni di euro. Avendo fatto degli investimenti, andati a buon frutto, il patrimonio è aumentato. Sono stati erogati circa 153 milioni di euro abbiamo sostenuto 825 progetti, tra cui la nascita delle prime 5 Fondazioni di Comunità del Mezzogiorno, coinvolgendo 5.000 organizzazioni e oltre 280 mila cittadini, soprattutto giovani, ed erogando complessivamente 153 milioni di euro. Il tutto con buoni risultati, anche perché puntiamo molto sul monitoraggio degli stessi progetti.

Governance, missione e territorio

Questa la situazione sul piano quantitativo. Su quello quantitativo che bilancio possiamo trarre fare su 10 anni della Fondazione?
Farei tre osservazioni di carattere qualitativo. La prima osservazione è che si tratta di un’esperienza molto importante dal punto di vista della governance. Voglio dire che Fondazioni di origine bancaria e associazioni di volontariato gestiscono insieme le risorse della Fondazione con il Sud.

È una cosa innovativa…
Soprattutto dà risultati importanti, mettendo assieme due mondi troppo spesso distanti si arricchiscono reciprocamente. Inoltre è una modalità molto più avanzata, rispetto all'altra modalità presente nel volontariato, quella dei Csv controllati dai Coge. Questo è il primo dato: due mondi diversi, che governano insieme.

Proponiamo un cambio di paradigma, cercando di ribaltare la cultura dominante che considera temi come l’istruzione, la condizione giovanile e minorile, i beni comuni, il welfare di comunità e in generale il sociale importanti ma non centrali per lo sviluppo. Ma tutto ciò rappresenta, al contrario, una priorità e uno sviluppo reale può realizzarsi solo partendo dalla coesione sociale

Carlo Borgomeo


DIRITTIASUD Centopassi Libera Terra, Sicilia foto di Francesco Galante

Governano, non fanno un convegno…
Esattamente, governano assieme. Decidono e gestiscono la Fondazione. La seconda osservazione di ordine qualitativo che faccio è che la missione che era stata immaginata (l'infrastrutturazione sociale) si dimostra praticabile e molto utile per il Sud. Cominciamo ad avere dei casi esemplari, nel senso letterale del termine_ progetti che stanno contaminando positivamente il territorio. In generale, si sta facendo strada quella che è la nostra convinzione, ovvero che lo sviluppo del Sud ha nell'infrastrutturazione sociale una premessa. Mentre tutti sono abituati a pensare che la questione dei diritti fondamentali – dall'eguaglianza alla scuola, dalla sanità all'inclusione sociale – sono esiti della crescita economica, noi pensiamo esattamente il contrario. In molti territori del Sud, questa è una cosa che si vede con chiarezza: nei quartieri più tristemente famosi è assolutamente inutile pensare di risolvere le questioni trasferendo risorse ingenti. Se non c'è un minimo di coesione sociale, se non c'è un'identità comunitaria, se non c'è un sistema di relazioni positive e, quindi, anche di regole condivise questi soldi vanno sprecati o peggio.

Mentre tutti siamo abituati a pensare che la questione dei diritti fondamentali – dall'eguaglianza alla scuola, dalla sanità all'inclusione sociale – sono esiti della crescita economica, noi pensiamo esattamente il contrario. Nei quartieri più tristemente famosi è assolutamente inutile pensare di risolvere le questioni trasferendo risorse ingenti. Se non c'è un minimo di coesione sociale, se non c'è un'identità comunitaria, se non c'è un sistema di relazioni positive e, quindi, anche di regole condivise questi soldi vanno sprecati o peggio.

Carlo Borgomeo

Governace, missione e poi?
Poi farei una considerazione di tipo esperienziale: nel sociale, al Sud, ho trovato la migliore classe dirigente potenziale. Ci sono soggetti ed esperienze straordinarie, purtroppo poco conosciute, purtroppo non sempre in grado di fare rete come dovrebbero, ma siamo di fronte a una miniera di risorse e di capacità di visione notevolissime.

Esiste quindi un Sud che ha metabolizzato la crisi e sta elaborando modelli di soluzione?
Questo è forse un po' troppo ottimistico. Il Sud è molto diverso al suo interno, c'è più differenza tra Lecce e Crotone che fra Lecce e Rimini e questo pesa nella questione meridionale. Detto questo, il punto centrale è che la nostra piccola esperienza incomincia ad avere una serie di attenzioni su un percorso di sviluppo diverso. Ora il problema delicato e difficile da far comprendere è questo: noi non vogliamo uno sviluppo diverso, non è che noi non vogliamo le aziende. Noi pensiamo che complessivamente, generalmente, affinché sviluppo vi sia è necessario che nel Sud, soprattutto in alcune aree, si recuperi una dimensione del sociale avanzato.


Progetto GAP Giardino radicale, Lecce, foto di Yacine Benseddik

Oltre il 40% dei vostri interventi sono rivolti a minori, fate molti investimenti nella formazione. Anche sul tema della legalità…
Abbiamo grande spazio per iniziative contro la dispersione scolastica, di prevenzione del disagio giovanile e anche sulla legalità. Ma sulla legalità gliela dico in modo brutale: se ci viene presentato un progetto per fare della formazione alla legalità, diciamo che non ci interessa. Se, invece, facciamo bandi – stiamo giusto per presentarne uno – sulla gestione dei beni confiscati alle mafie, allora le cose cambiano. La legalità diventa un'azione concreta. Questo non significa che la prevenzione sulla legalità non sia importante, in tutti i nostri progetti c'è questa componente, ma c'è sempre anche l'attenzione al concreto.

Sempre sul concreto, la Fondazione lavora molto sull'inclusione sociale…
Nelle carceri, con gli immigrati… C'è una vasta gamma di lavoro, naturalmente con il disappunto di non poter rispondere a tutte le richieste.

Sono tante?
Tantissime e, di solito, noi accogliamo il 10% dei progetti che ci vengo presentati nei bandi. Ma almeno il 40% dei progetti presenti nelle graduatorie di quei bandi sarebbero progetti meritevoli di essere sostenuti. Questo ci dispiace e ci fa pensare con un po' di rammarico alla questione dei fondi strutturali che, sugli stessi temi, non vengono spesi. Ogni tanto tentiamo di richiamare l'attenzione della Pubblica Amministrazione non alla nostra esperienza, ma a esperienze come la nostra che dimostrano che le risorse possono essere spese in modo efficace e abbastanza rapido.

Le Fondazioni di comunità: una sfida aperta

Un punto chiave del vostro modello di esperienza è legato alla Fondazioni di comunità…
È un punto molto difficile, una prospettiva molto coraggiosa e sfidante che non vogliamo assolutamente abbandonare e che ci ha portato, finora, a sostenere 5 Fondazioni di comunità (3 in Campania e 2 in Sicilia). Speriamo ne arrivino altre…

I risultati, in questo caso, come sono?
I risultati sono asimmetrici, nel senso che ce n'è una in particolare che secondo molti è la Fondazione di comunità più innovativa e forte d'Italia. Parlo della Fondazione di Messina. Poi abbiamo la Fondazione che parte sull'abrivio del progetto delle catacombe di San Gennaro, poi un'altra nel centro storico di Napoli, abbiamo poi quella recentissima, partita da un anno, della Val di Noto, sorta soprattutto per volere delle Diocesi. E poi c'è quella di Salerno, che ha una dimensione media.

Fare Fondazione di comunità è comunque ancora complicato…
Noi abbiamo una barriera d'accesso abbastanza alta: bisogna mettere assieme almeno 300mila euro. Si tratta di realtà comunque importanti. Le maggiori difficoltà sono anche il pregio più grande di queste Fondazioni. Lo dirò in modo molto semplice: raccogliere fondi non per questo o quel progetto, ma per rendere più forte una fondazione di comunità su quel territorio. Raccogliere soldi per il patrimonio è molto difficile, ma dà anche il senso di un investimento strutturale a lungo termine, forte. Nei risultati di queste Fondazioni bisogna ricordarsi sempre di questo lungo termine.

La Fondazione con il Sud è diventata un punto di riferimento e, nel suo decennale, rilancia la sfida…
Più progetti si fanno, più esperienze si consolidano, più si danno risultati concreti più si viene riconosciuti e questo produce effetti generativi che ricadono positivamente su tutto il territorio. Il programma di quest'anno, per il decennale, non è celebrativo, ma è molto ambizioso.

Ambizioso sotto che profilo?
Ambizioso in termini latu sensu politici. Ci interroghiamo su che cosa sarebbe successo nel nostro Paese se quello che cinque figure chiave (Danilo Dolci, Adriano Olivetti, don Lorenzo Milani, Renata Fonte, Franco Basaglia) ci hanno suggerito fosse stato ascoltato di più. Che cosa sarebbe l'Italia se fosse passato a fondo e bene il messaggio di Olivetti, di Basaglia, di Dolci, della Fonte? Sfidiamo, quelli che hanno voglia, a riflettere su questi temi.

Ovviamente, queste riflessioni sono sempre minoritarie…
Ovviamente, ma sarebbe sbagliato non registrare che l'attenzione a questo tipo di approccio va crescendo. Danilo Dolci insegnava che non ha senso fare battaglie in nome di altri, ma ha senso farle con gli altri. Questo è il messaggio che facciamo nostro alla Fondazione con il Sud.

In copertina: Obiettivo Sud, Operosità, Pastorano (CE) foto di Pietro Ricciardi.
Tutte le immagini sono tratte da progetti realizzati con la Fondazione con il Sud

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