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«L’accordo Ue-Turchia viola i diritti umani, ci sono le prove»
“Nessuna garanzia sui luoghi di deportazione, assistenza legale scarsa o assente, tempi inadeguati alla preparazione dei documenti per l’asilo”, sono le evidenze raccolte da Save the children. Intanto il capo di Frontex lancia un ennesimo allarme per gli arrivi in Italia. Gli risponde Miraglia (Arci): “dovrebbe evitare di fare previsioni che non si avverano ma generano solo allarme sociale”.
“L’accordo tra Unione europea e Turchia viola il diritto internazionale, le evidenze raccolte sul campo sono sempre più corpose”. Nessun giro di parole, ma tante testimonianze dirette, soprattutto di siriani e curdo-siriani trattenuti nei centri di identificazione (hotspot) sulle isole greche: queste le prove con cui Amy Frost, responsabile per la Grecia di Save the Children, accusa la Ue a nome dell’ong. “Per effetto dell’accordo, la Turchia viene ritenuta un Paese sicuro anche per i curdo-siriani. Ma una famiglia si sta appellando a tale decisione perché, non sapendo in quale area della Turchia verrebbe deportata, teme di ritrovarsi in un’area non sicura per i curdi”. Ancora, “altre famiglie ci hanno riferito che nonostante fossero arrivate prima del 20 marzo, giorno dell’applicazione dell’accordo, con documenti datati alla mano, rischiano di essere deportati in Turchia, essendo stato detto loro che non sarebbero stati in grado di dimostrare il loro arrivo prima di tale data. È riprovevole che proprio le leggi in materia di diritti umani e rifugiati redatte e promosse dall’Unione Europea vengano ora aggirate dall’Europa stessa. Non possiamo accettarlo”; sottolinea Frost.
La lista dei diritti non rispettati in materia di richiesta di asilo è lunga: “Famiglie ci segnalano di venire convocate a colloquio senza preavviso, nell’impossibilità quindi di avere il tempo indispensabile per produrre la documentazione necessaria. In un caso, una famiglia è stata deportata per l’impossibilità di documentare la disabilità del loro bambino di due anni, che avrebbe consentito loro di rimanere in Grecia”, continua la referente di Save the Children. “Alcuni richiedenti asilo hanno evidenziato un servizio di traduzione inadeguato durante le interviste, ritrovandosi a dover correggere essi stessi i traduttori. E i richiedenti asilo all’interno delle strutture chiuse hanno riportato di non avere accesso ad alcuna assistenza legale, con i funzionari incaricati che non sono stati in grado di fornire alcun supporto legale né prima né durante i colloqui”.
Ma proprio oggi Fabrice Leggeri, capo dell’Agenzia europea di controllo delle frontiere esterne, Frontex, ha sottolineato la positività dell’accordo Ue-Turchia, sollevando solo una certa delusione solo per il quasi completo fallimento delle redistribuzioni dei profughi – 1600 in tutto a fronte di almeno 30mila previsti – nei Paesi europei. Anche per il Migration compact, il piano di supporto economico alle nazioni africane a fronte di un impegno sul controllo dei flussi migratori, Leggeri ha speso parole positive. Poco prima aveva invece lanciato un nuovo allarme-sbarchi in Italia: “al momento arriva in Italia un numero di sbarchi 14 volte superiore a quello della Grecia”, ed entro l’anno sono previsti “ulteriori 300mila arrivi nei Paesi dell’Africa settentrionale, che poi tenteranno la traversata verso l’Europa”. All’allarme lanciato dal capo di Frontex risponde a stretto giro Filippo Miraglia, vicepresidente di Arci, che proprio oggi ha lanciato un dettagliato report sulle tappe del processo di esternalizzazione del controllo delle frontiere in Africa da parte della Ue (in allegato, con focus su Niger, Gambia e Sudan): “Leggeri è un funzionario pubblico che paghiamo con i soldi dei contribuenti, dovrebbe smetterla di lanciare allarmi che alimentano la paura di un’invasione anziché un ragionamento serio sull’accoglienza che l’Europa sarebbe in grado di mettere in atto”, rileva Miraglia.
Gli ultimi dati Unhcr sul 2015 parlano del numero record di 65 milioni di profughi nel mondo, ma la quota europea di richieste di asilo nello scorso anno è di 1,3 milioni, e il numero totale è meno di 4 milioni, il 6% del totale degli sfollati, molto di meno rispetto ad altre aree geografiche: “non solo l’accordo tra Unione europea e Turchia si è rivelato fallimentare e illegale: i ricollocamenti non funzionano, e soprattutto si continua a ignorare che è già in vigore uno strumento ancora più potente, la direttiva Ue 55 del 2001, che concede visti temporanei a chi fugge da guerre, dittature o persecuzioni”, sottolinea il vicepresidente Arci. “Ma tale direttiva continua a rimanere disattesa senza una spiegazione plausibile: se messa in atto abbatterebbe il business dei trafficanti, garantendo viaggi sicuri ai rifugiati senza dovere attraversare il Mediterraneo”.
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