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L’aiuto di Cesvi alle donne vittime di violenza a Lima

In Perù l’ong di Bergamo supporta bambini, bambine e adolescenti delle favelas vittime di sfruttamento e abusi sessuali. Dal 2004 sono attive le “Case del sorriso”: reti sociali di aiuto che sostengono le ragazze nel riappropriasi della propria vita. In questi anni sono state aiutata 650 giovani con percorsi personalizzati

di Antonietta Nembri

Nascere donna in Perù può essere una maledizione. Soprattutto se si vive nelle favelas dove le violenze e gli abusi fisici e psicologici fanno purtroppo parte della quotidianità di tantissime ragazze. Il Perù per numero di denunce per violenza sessuale, è il secondo Paese dell’America Latina, dopo la Bolivia e prima del Brasile. Una vera e propria piaga se si considera il sommerso che non viene denunciato.
E proprio a Lima Cesvi, dal 2004 interviene con le “Case del sorriso”, un servizio di protezione che, come spiega Valentina Prati, Communication Officer Cesvi, «non è una casa fisica, un rifugio, ma si configura come una rete di supporto alle ragazze vittime di sfruttamento sessuale». In 14 anni di attività nei distretti periferici di Lima l’ong ha sostenuto 650 giovani donne con percorsi personalizzati.

In Perù le ragazze che hanno bisogno di protezione sono prese in carico dallo Stato attraverso i Centri di Attenzione Residenziale (Car). Le giovani accolte nei Car ricevono un supporto educativo, psicologico e sociale, ma le scarse risorse disponibili fanno sì che non tutti i bisogni vengano soddisfatti. «C’è poi il problema della maggiore età. Le ragazze devono lasciare i Centri e rischiano di ritornare al luogo in cui hanno subito abusi e violenze. Per questo il nostro intervento è rivolto soprattutto ad emancipare le giovani, attraverso diversi strumenti che si integrano con il lavoro degli esperti del Car. Le aiutiamo a immaginare un futuro migliore e diverso», illustra Prati. Che rivela: «Molte delle ragazze che ho incontrato hanno madri che sono state accolte a suo tempo nei Car e che le hanno trascurate in quanto frutto delle violenze subite. Noi cerchiamo di rompere il ripetersi all’infinito delle stesse condizioni e situazioni, anche con piccoli accorgimenti come costruire una stanza indipendente per la giovane che una volta maggiorenne deve rientrare a casa, così da evitarle i rischi di nuovi abusi».

Grazie al progetto di Cesvi lo scorso anno sono state seguite 85 ragazze — tra interne ai Car ed esterne — e i 28 bambini delle stesse giovani. «Ad alcune sono state fornite borse di studio, un aiuto per l’autonomia, una formazione tecnico professionale, l’aiuto a raggiungere la licenza media o la maturità. Paulina (nome di fantasia- ndr.) per esempio grazie al progetto — sostenuto anche dal Fondo Italo Peruano — adesso ha un carretto per vendere cibo per strada con il quale mantiene sé e le due figlie, la maggiore delle quali è frutto dell’abuso di uno zio materno quando la stessa Pualina aveva 12 anni» racconta Prati.

Per le giovani ci sono i cosiddetti kit di emergenza: abiti, cibo, appoggio legale e un pacchetto di servizi su misura. Un altro aiuto è l’arte-terapia realizzata nei Car con l’associazione locale TeatroVivo. «Le ragazze vivono una dissociazione mente-corpo, odiano il proprio aspetto, la violenza è stata anche psicologica e non poche si sentono colpevoli. All'inizio sono curve e impaurite, insicure. Alla fine del percorso si riappropriano della loro femminilità» conclude Prati.


In questa immagine lo spettacolo finale delle ragazze che hanno seguito il percorso di arte-terapia – In apertura un momento delle prove – Le fotografie sono di Valentina Prati / Cesvi

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