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Brexit strategy: quando l’ansia da previsione fa brutti scherzi

Una vittoria a cui nessuno credeva, nemmeno Neil Farage. "Ora Cameron verrà ricordato per aver consegnato il proprio Paese e l'Unione a una possibile disintegrazione" afferma Mario Monti. Gli risponde a tono Varoufakis: "il loro fantasma si chiama democrazia". Al netto delle Cassandra di turno, resta un fatto: tra realtà e rappresentazione della realtà il divario è sempre più grande e nel gran circo delle opinioni i cittadini inglesi hanno sorpreso tutti

di Marco Dotti

Non sembrava crederci nemmeno lui e infatti ieri, a urne chiuse, dichiarava «It's alla over», è finito tutto. Neil Farage, leader di UKIP, oggi torna sulla scena da vincitore, ma torna anche al centro della polemica. L'affermazione è di pochi minuti fa: «Abbiamo vinto e non abbiamo sparato nemmeno un colpo».

In tono col personaggio Farage ma indubbiamente fuori luogo vista la morte della deputata laburista Jo Cox uccisa solo pochi giorni fa. Ma così va il mondo e se lo spettacolo di oggi cancella dalla memoria anche la commedia di ieri sera, quando tutti credevano a sondaggi che dicevano con forza "Remain", figuriamoci che cosa importi al circo mediatico-politico della tragedia dell'altro ieri. Segno di uno scollamento dalla realtà che, oramai, assume tratti inquietanti e dove l'esito del referendum è sintomo di un sintomo ben più grande. Parafrasando Freud, in quanto sintomo sociale è sintomo di un disagio complessivo di civiltà.

Il "sentiment" non sente più

Dopo l'assassinio di Jo Cox la campagna elettorale si è fermata per tre giorni e i sondaggi segnavano un cambio di umore fra gli elettori, tanto che il nuovo sindaco di Londra, il pro-Remain Sadiq Khan, ha alzato i toni contro il suo predecessore Boris Johnson, a capo del fronte pro-Brexit. I commentatori hanno fatto altrettanto, evocando lo spettro impersonale dei "mercati" (sempre al plurale neutro). Farage è passato in secondo piano, ma oggi gli viene riconsegnata la scena. La lettura dell'esito del referendum come risultante di una politica populista può essere l'ultimo argine – ma quanto durerà anche questa semplificazione? – per gli entusiasti di ieri che sono poi gli scontenti di oggi.

Tra semplificazione e Cassandre

Oggi Farage si attribuisce molti meriti e moltissimi sono disposti ad attribuirgliene i suoi avversari, felici – in ossequio al famoso motto "mal comune mezzo gaudio" – di dare una lettura semplicistica dei risultati. Mario Monti si è sbilanciato accusando Cameron di aver consegnato il proprio Paese e l'Europa tutta a un futuro di possibile disintegrazione. Al netto della Cassandra di turno, non mancano letture più semplicistiche e tendenziose che cercano di giocare questo referendum sul tema "accoglienza-chiusura", riportando la questione al macrotema delle migrazioni letto in chiave apocalittica. Come dire: "o questa Europa o il disastro".

A Monti ha risposto per vie indirette Yannis Varoufakis: «Uno spettro si aggira per l'Europa dei tecnocrati, lo spettro della democrazia». Come dire: a forza di leggere i fenomeno sociali solo in un'ottica finanziaria o da banchieri centrali, prima o poi quei fenomeni sfuggono di mano.

Standard&Poors aveva detto la sua, affermando che Austria e Italia sarebbero i Paesi meno esposti al rischio in caso di Brexit. Non così per il Lussemburgo, paradiso europeo caro a fondi di investimento e capitali paradossalmente off-shore. Ma anche questa è una previsione e se c'è una piccola lezione da trarre – tra le tante, grandi lezioni – da questo referendum è che fra realtà e rappresentazione della realtà il divario cresce.

A dispetto di sondaggi, big data e algoritmi. Farage non è il solo a essersi sbagliato sull'esito dei voto al netto delle battute. All netto delle ribattute – così in gergo si chiamano le stampe successiva alla prima edizione uscita dalla tipografia -, ad esempio il Corriere della Seracasca nel tranello dei sondaggi aprendo così la sua prima pagina di oggi venerdì 24 giugno 2016.

E sempre oggi, dimenticando che solo ieri sera per lui era tutto finito, Farage afferma: «Abbiamo combattuto contro le multinazionali, abbiamo combattuto contro le grandi banche d'affari, abbiamo combattuto contro la grande politica, abbiamo combattuto contro la menzogna, la corruzione e l'inganno». Ma fino a poche ore prima, nemmeno lui sembrava crederci. Cavalcare l'onda non significa saperla governare. E anche questo è un bel problema.

In copertina: GLYN KIRK/AFP/Getty Images

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