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Sordocecità, 108mila persone vivono confinate in casa

Essere privi di vista e udito non è affatto un problema che riguarda poche migliaia di persone: sono 190mila in Italia, pari allo 0,3% della popolazione. «Se è vero che libertà è partecipazione, purtroppo questo discorso non vale per tutti», ha detto Carlo Ricci, presidente del Comitato Tecnico scientifico ed Etico della Lega del Filo d'Oro. Un appello a predisporre politiche mirate e servizi inclusivi

di Monica Straniero

Sono circa 190mila i sordociechi in Italia e il 60% di essi è confinato in casa. Lo rivela la ricerca promossa dall’Istat e dalla Lega del Filo d’Oro, l’associazione italiana impegnata da oltre 50 anni sul fronte dell’assistenza, educazione, riabilitazione e reinserimento familiare e sociale delle persone sordocieche, che ha ricostruito per la prima volta le reali dimensioni del fenomeno della sordocecità. Una persona è considerata sordocieca, spiega la Lega del Filo d’Oro, quando vi è una combinazione della perdita, totale o parziale, della vista e dell’udito. Quando oltre al deficit visivo e uditivo sono presenti altre minorazioni, allora si ha una condizione di pluriminorazione psicosensoriale, una disabilità che comporta serie limitazioni nella capacità di comunicare, nell’autonomia personale e nell’apprendimento, oltre a gravi difficoltà anche nella percezione dell’ambiente circostante e nelle relazioni interpersonali.

Lo studio statistico è stato presentato ieri, per la prima volta nella sua versione integrale, durante il convegno dal titolo “Presentazione dello Studio sulla Popolazione di persone con disabilità sensoriali e plurime in condizioni di gravità”, presso il Ministero della Salute, mentre qualche dato statistico era stato anticipato dall'Associazione già a febbraio.

Stando ai numeri emersi, i sordociechi in Italia sono 189mila. Nella maggioranza dei casi, 7 su 10, i sordociechi hanno difficoltà ad essere autonomi nelle più semplici attività quotidiane (lavarsi, vestirsi, mangiare, uscire da soli). Inoltre, per questa difficoltà ad affrontare la vita senza un sostegno esterno, 6 su 10 (il 57,1%, circa 108mila persone) sono di fatto confinati in casa, sul letto o su una sedia, vedendosi quasi totalmente preclusa una vita sociale e spesso anche affettiva. Per 4 disabili su 10, invece, si riscontrano danni permanenti legati ad insufficienza mentale. Esiste poi una minoranza (13,2%), pari a circa 20 mila persone, che assommano tutti e tre i livelli di difficoltà (confinamento, difficoltà di movimento e difficoltà nelle più semplici funzioni quotidiane), di fatto vivendo in uno stato di dipendenza assoluta e di bisogno di assistenza nell’intero arco della giornata. La sordocecità fino a poco tempo fa era un fenomeno che sembrava riguardare solo poche migliaia di persone», ha esordito Rossano Bartoli, Segretario generale della Lega del Filo d’Oro. Non è così e i dati Istat lo dimostrano.

La sordocecità è stata definita con la Legge n. 107 del 24 giugno 2010, che all'articolo afferma che sono: «sordocieche le persone cui siano distintamente riconosciute entrambe le minorazioni, sulla base della legislazione vigente, in materia di sordità civile e di cecità civile». In Italia però la sordità civile viene riconosciuta solo a coloro che hanno perduto l’udito entro il 12° anno. In sostanza, un deficit uditivo che insorge dopo i 12 anni viete ritenuto incapace di impedire la corretta acquisizione del linguaggio. Per questo, ai fini della concessione dei benefici, il compimento del 12° anno rappresenta uno spartiacque. «Colmare questa lacuna della legge 107/2010 è un passo fondamentale per dare a queste persone e alle loro famiglie risposte sempre più efficaci per i loro bisogni», ha aggiunto Bartoli.

Oggi le persone con disabilità sensoriale legata alla vista o all’udito (quando non convivono simultaneamente, dunque) sono 1 milione e 700 mila. Il 64,8% delle persone sordocieche è donna, mentre l’87,9% ha più di 65 anni. Il 31,2% vive nelle regioni del Nord, il 30,6% vive in quelle del Sud, il 21,4% nel Centro e il 16,8% nelle Isole.

Sono invece 9.855 i bambini e i ragazzi con disabilità sensoriale legate alla vista o all’udito iscritti alle scuole primarie e secondarie e rappresentano una quota dello 0,11% del totale degli alunni nell’anno 2014/2015. Nel 38,1% dei casi la disabilità visiva è associata a un ritardo mentale o una disabilità intellettiva – spiega lo studio – mentre nel 37,1% dei casi è associata una disabilità motoria. Per questi bambini imparare a leggere, scrivere o più semplicemente cantare una canzone diventa un vero e proprio traguardo. Oltre il 40% dei bambini ha gravi problemi dell’apprendimento o nel comunicare: più alto il tasso nei bambini con deficit visivo, rispetto a quelli con disabilità uditiva.

«Se è vero che libertà è partecipazione, purtroppo questo discorso non vale per tutti», ha rimarcato Carlo Ricci, presidente del Comitato Tecnico scientifico ed Etico della Lega. Secondo quanto emerso dall’indagine Istat, il grado di partecipazione sociale risulta gravemente compromesso per le persone con problemi sensoriali, che necessitano di avere una persona di contatto, un interprete e degli aiuti specifici per comunicare con il mondo esterno. Tra i principali ostacoli, inoltre, l’utilizzo dei mezzi di trasporto pubblici (una difficoltà per l’88% delle persone con entrambi i deficit) e l’accesso agli edifici pubblici, ritenuto difficoltoso dall’85% del campione. Il 66,5% delle persone con problemi alla vista e all’udito dichiara di aver difficoltà ad incontrare amici e parenti, il 78,7% non riesce ad occuparsi dei propri interessi, hobbies o di partecipare ad eventi culturali e di intrattenimento.

«La ricerca ha il pregio di inquadrare un vero e proprio problema sociale diffuso, visto che in Italia lo 0,3% della popolazione è affetta da problematiche legate sia alla vista che all’udito», ha sottolineato Daniela Bucci, direttore di Condicio.it: «Per predisporre politiche mirate e servizi inclusivi è quindi necessario approfondire la realtà delle persone con disabilità e individuare gli ostacoli che rendono ancora più complessa la vita di queste persone e delle loro famiglie. Alle carenze del sistema di welfare del nostro Paese sopperiscono infatti le famiglie con costi sociali notevoli, ancora non del tutto indagati e compresi».

Spesso la condizione si accompagna ad altri problemi, motori o cognitivi. Questi casi richiedono interventi individuali, ovvero diversificati da persona a persona», ha aggiunto Patrizia Ceccarani, direttore scientifico della Lega del Filo d’Oro. «Una buona pratica è il servizio intervento precoce per i bambini con deficit visivo. Nonostante la gravità delle loro pluridisabilità, i bambini sordociechi e pluriminorati psicosensoriali possono comunque imparare a comunicare e sviluppare un certo grado di autonomia, raggiungendo una buona qualità di vita».

Foto Nicolas Tarantino

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