Cultura

Aborti in diminuzione,ma non tra le immigrate

Diminuiscono le interruzioni di gravidanza procurate, quasi la metà rispetto al 1982. Crescono gli aborti tra le extracomunitarie. Solo il 25% ricorre ai consultori familiari

di Giampaolo Cerri

Cresce l’aborto fra le donne immigrate. La relazione annuale del ministero della Sanità sull’applicazione della legge 194 segnala come l’8% delle interruzioni volontarie di gravidanza sia richiesto da cittadine extracomunitarie, pari a 11.610 casi. Nel ’97 gli aborti effettuati da donne straniere erano stati 11.786, contro i 9.852 del ’96 e 8.802 del ’95. «Si tratta di donne generalmente domiciliate nel nostro Paese», osservano al ministero della Sanità, «e solo marginalmente rappresentano l’espressione di un fenomeno migratorio». Come dire: non esiste un’immigrazione “abortista” verso l’Italia.
Complessivamente le interruzioni volontarie di gravidanza sembrano diminuire: nel ’98 sono state 138.219, contro le 140.525 del ’97. Il tasso di abortività, ovvero il numero di interruzioni ogni mille donne in età fertile (15-49 anni) è pari al 9.7%, con un calo dell’0.9 rispetto all’anno precedente. Cresce invece il rapporto di abortività e cioé il numero di aborti per ogni mille nati vivi: secondo le cifre della relazione nel ’98 ha raggiunto quota 268.2, vale a dire 0,9% in più rispetto al 1997. Qualcuno parla di diminuzione in termini relativi, essendo più basso l’universo di riferimento, ovvero le donne feconde.
In ogni caso si tratta di cifre lontane da quelle del 1982, anno “nero” dell’aborto in Italia, quando si registrarono 234.801 interruzioni volontarie, un tasso di abortività di 17.2 e un rapporto di abortività di 380.2. Secondo la relazione, la riduzione degli aborti è dovuta ad una maggiore riduzione del ricorso da parte di donne coniugate con uno o più figli, rispetto alla riduzione osservata nelle donne non coniugate e senza figli. «Anche la maggiore istruzione», prosegue la relazione, «e l’essere in una condizione professionale sono fattori associati alla maggiore riduzione del ricorso all’aborto». Nel ’97% dei casi, la degenza è risultata inferiore ad un giorno ed il metodo Karman la tecnica più applicata. Ancora basso (25% dei casi) il ricorso ai consultori familiari, specialmente nell’Italia meridionale.
L’obiezione di coscienza, infine, riferita al 1997, è risultata pari al 50% per gli anestesisti e al 60% per i ginecologi. Le conclusioni dei tecnici della Bindi è che “la riduzione dell’aborto è sicuramente legata ad una maggiore diffusione (o a un uso corretto) di metodi per la procreazione responsabile”. G. C.

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