Cultura
Francesco ai cristiani degli Emirati Arabi: «Siate oasi di pace»
Il Papa ha concluso con la prima messa mai celebrata prima la sua visita di tre giorni negli Emirati Arabi Uniti davanti a 43mila cattolici d’ogni nazionalità e di diversi riti e 4 mila musulmani
«Nel libro dell’Apocalisse, tra le comunità a cui Gesù stesso si rivolge, ce n’è una, quella di Filadelfia, che credo vi assomigli – ha detto papa Francesco – È una Chiesa alla quale il Signore, diversamente da quasi tutte le altre, non rimprovera nulla. Essa, infatti, ha custodito la parola di Gesù, senza rinnegare il suo nome, e ha perseverato, cioè è andata avanti, pur nelle difficoltà. E c’è un aspetto importante: il nome Filadelfia significa amore tra i fratelli. L’amore fraterno».
Così allo Zayed Sports City di Abu Dhabi davanti a 43mila cattolici d’ogni nazionalità e di diversi riti e 4 mila musulmani papa Francesco ha celebrato la più grande Messa in luogo pubblico mai celebrata prima nella Penisola arabica.
Nel Paese, che con la costituzione del 1971 definisce l’islam come religione ufficiale e la Sharia rappresenta la sorgente principale della legislazione civile, il governo, come aveva annunciato il ministero delle Risorse Umane degli Emirati Arabi Uniti – ha dichiarato questa giornata festiva concedendo permessi per partecipare alla Messa papale. Francesco è arrivato al mattino tra questa cristianità multilingue e multicolore d’immigrati, cresciuta sotto lo spazio della tolleranza e le guide delle comunità cattoliche che hanno sempre condiviso e fatto proprio lo stesso approccio realista e non antagonista nei confronti dell’ordine costituito di fattura islamica. Sono loro i «beati» a cui si rivolge quando sul palco prende la parola nell’omelia.
E proprio sulle sulle Beatitudini si è soffermato. «La prima: “Beati i miti” (Mt 5,5). Non è beato chi aggredisce o sopraffà, ma chi mantiene il comportamento di Gesù che ci ha salvato: mite anche di fronte ai suoi accusatori – ha detto il Papa – Mi piace citare san Francesco, quando ai frati diede istruzioni su come recarsi presso i Saraceni e i non cristiani. Scrisse: “Che non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio e confessino di essere cristiani” (Regola non bollata, XVI). Né liti né dispute: in quel tempo, mentre tanti partivano rivestiti di pesanti armature, san Francesco ricordò che il cristiano parte armato solo della sua fede umile e del suo amore concreto». «È importante la mitezza – ha sottolineato – se vivremo nel mondo al modo di Dio, diventeremo canali della sua presenza; altrimenti, non porteremo frutto».
«Ottocento anni fa San Francesco d’Assisi si incontrò con il Sultano Malik Al Kamil in Egitto», ha commentato al termine della messa come ringraziamento Paul Hinder, Vicario Apostolico dell’Arabia del Sud, «Fu un incontro caratterizzato dal reciproco rispetto. In modo analogo, lei», ha detto «è venuto in un Paese musulmano con l’intenzione di fare come fece San Francesco nel 1219. Noi cristiani cerchiamo di seguire la direttiva che San Francesco diede allora ai suoi fratelli e di “vivere spiritualmente tra i musulmani … non impegnandoci in discussioni e semplicemente riconoscendo che noi siamo cristiani”».
Del resto la discrezione e la premura nell’evitare bracci di ferro con l’ordine islamico costituito ha assicurato ai cattolici e ai loro vescovi la condiscendenza e la simpatia di molte autorità politiche. Da decenni, le chiese in tutta la Penisola arabica vengono costruite su terreni messi a disposizione dai governanti. I cristiani delle Chiese storiche che vivono in questa regione possono crescere e prosperare, perché non vengono percepiti come una componente ostile e aggressiva nei confronti della comunità islamica maggioritaria. La loro esperienza di cristianità reale appare lontana dai tentativi di accreditare la conflittualità verso l’islam come prova e connotazione di una identità cristiana solida e coerente.
«Le Beatitudini non sono per superuomini, ma per chi affronta le sfide e le prove di ogni giorno», ha detto loro papa Francesco, «chi le vive secondo Gesù rende pulito il mondo. È come un albero che, anche in terra arida, ogni giorno assorbe aria inquinata e restituisce ossigeno. Vi auguro di essere così, ben radicati in Gesù e pronti a fare del bene a chiunque vi sta vicino. Le vostre comunità siano oasi di pace».
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