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Emergenza: e se proteggerli tutti convenisse?
I dati del 2016 sui flussi di migranti verso l’Italia non si discostano significativamente da quelli dell’anno scorso. I veri problemi sono altrove: il numero impressionante di morti nel Mediterraneo e l’insufficienza del sistema di accoglienza. Un sistema che è diventato un vero e proprio carrozzone emergenziale.
Emergenza. Torna la parola magica dietro la quale si sono nascosti, in questi anni, scandali ed inefficienze. Eppure i dati del 2016 sui flussi di migranti verso l’Italia non si discostano significativamente da quelli dell’anno scorso. Semmai la vera emergenza, in prospettiva, potrebbe essere l’aumento dei flussi verso il nostro Paese causati dalla chiusura della rotta balcanica; eventualità, questa, che però non si è ancora verificata.
I veri problemi sono due: il numero impressionante di morti nel Mediterraneo (fermo restando che sarebbe inaccettabile anche che morisse una sola persona) e l’insufficienza del sistema di accoglienza. Diminuire, e nella speranza di tutti cancellare, le morti nel Mediterraneo presuppone un sistema normativo che apra canali legali per le migrazioni, che allo stato non c’è, visto che nessuno si sogna ancora di mettere in discussione la Bossi-Fini.
E comunque non si risolverebbe il problema in toto, perché nel caso dei richiedenti protezione internazionale il tipo di viaggio (o meglio di fuga) non è facilmente pre-organizzabile dagli stessi, per ovvie ragioni. Si può sempre ragionare di un sistema di pre-accoglienza nei Paesi di transito, a condizione, però, che le domande di asilo siano comunque valutate dalle commissioni in Italia, e che dunque il richiedente sia lo stesso portato qui per preparare ed effettuare l’audizione.
Per quanto riguarda il sistema di accoglienza, è significativo che l’ultimo bando SPRAR non abbia ricevuto, dai Comuni che dei progetti sono capofila, un numero sufficiente di domande tali da coprire l’intero numero di posti messi a bando. Frutto, questo, sia del clima attuale sia, evidentemente, della poca capacità di lobbying delle organizzazioni del terzo settore sui propri territori.
Anche i bandi per i CAS (Centri di Accoglienza Straordinaria), emanati dalle Prefetture, che bypassano i Comuni e sono rivolti direttamente al terzo settore, non riscuotono l’accoglienza che ci si aspetta. Risultato: siamo sempre in affanno.
Come risolvere il problema? Rendendo obbligatoria l’accoglienza, come succede in altri Paesi, mentre in Italia è su base volontaria (i Comuni accedono solo volontariamente ai bandi SPRAR, ad esempio).
Abbiamo 8100 Comuni in Italia, basta una piccola quota per ognuno (magari modulata in base alla popolazione del Comune) e il problema è risolto. Una media di 10 persone a Comune e avremmo 81.000 posti disponibili.
Parliamo, inoltre, di risorse ingenti, che andrebbero ad arricchire i territori e a creare posti di lavoro. Ad una media di un operatore ogni 5/6 accolti, si parlerebbe di 13.500/16.200 occupati, di cui almeno la metà nuovi. Questo giusto per parlare alla pancia di quella gente (e di quei politici) che, in questo periodo (e mi limito a questo periodo per essere ancora ottimista sul futuro di questo Paese), solo di pancia ragiona.
In attesa di questo e di altri miracoli, va comunque deciso cosa fare adesso. E visto che non ce la facciamo a reggere né i numeri attuali né i possibili maggiori numeri futuri, a mio avviso non esiste altra soluzione che dare la protezione a tutti, almeno temporaneamente.
Che senso ha tenere in piedi un baraccone emergenziale che non funziona e che ci fa spendere un sacco di soldi quasi a vuoto? Tanto vale stabilizzarlo, renderlo obbligatorio ed avere persone da inserire già regolari con cui lavorare sull’integrazione, come un vero sistema di seconda accoglienza; più efficiente e con un turnover più rapido. Qualcuno sicuramente urlerà: “ma così saremo invasi dai clandestini!”.
Ma veramente qualcuno pensa che le persone vadano via dalla propria terra a cuor leggero? E che, con le motivazioni forti che li muovono (povertà, persecuzioni, guerre etc.), oggi rinuncino a partire per l’Italia perché pensano di non essere regolari qui? Oppure che quel 60% circa che al momento non ottiene la protezione internazionale o umanitaria dalle commissioni se ne torni tranquillamente indietro o sia rimpatriata? Dove volete che restino dopo il diniego? Sorpresa! In massima parte restano qui o provano ad andare altrove in Europa, dove poi capita che li rimandino da noi e siamo punto e a capo.
Può sembrare una provocazione, in parte lo è, ma trovo provocatorio anche continuare a gestire questo fenomeno nelle modalità con cui è gestito attualmente. inoltre, abbiamo bisogno di fare pressioni concrete sull’Unione Europea perché si affronti il fenomeno davvero come una “unione”. Ad esempio, può andar bene, per me, che chi arriva debba fare domanda di asilo nel Paese in cui giunge, ma almeno dovremmo ottenere che, dopo la concessione della protezione, sia libero di muoversi e cercare lavoro in tutta l’UE. E va trovata una normativa comune per tutti i Paesi UE che regoli gli ingressi legali per lavoro, mentre attualmente si procede sostanzialmente in ordine sparso.
Insomma, finché a livello sia europeo che italiano non avremo un sistema efficiente, uniforme ed a regime, tanto vale nessun sistema, e nel frattempo proteggiamo tutti. Ci guadagnano i migranti, certamente, ma alla fine ci guadagniamo anche noi.
In copertina: STR/AFP/Getty Images
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