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Rifugiato detenuto scrive libro su Whatsapp e vince importante premio letterario

Si chiama Behrouz Boochani, è uno scrittore curdo iraniano rifugiato, e ha scritto un romanzo dal centro di detenzione di Manus Island (Papua Nuova Guinea), isola in cui è imprigionato da quasi 6 anni. Il libro ha vinto il più prestigioso e importante premio letterario d'Australia ma non può ritirarlo

di Cristina Barbetta

Uno scrittore rifugiato curdo iraniano ha vinto il più importante premio letterario australiano, grazie a un libro scritto interamente su Whatsapp, un messaggio alla volta. Si chiama Behrouz Boochani e ha lavorato al suo romanzo per più di 5 anni, nel centro di detenzione di Manus Island (Papua Nuova Guinea), isola in cui è recluso dal 2013, prima all'interno della prigione, poi in un altro luogo di detenzione, sempre sull'isola, per avere tentato di raggiungere in barca l’Australia dall’Indonesia.

Il 31 gennaio Boochani ha vinto il Victorian Prize for Literature, del valore di 100.000 dollari australiani, e anche il premio per la saggistica ai Victorian Premier's Literary Awards, che ammonta a 25.000 dollari australiani. La sua opera è stata selezionata tra quelle di 28 finalisti.

Ma l’ingresso in Australia gli è negato, e il premio è stato ritirato a Melbourne dal suo traduttore, Omid Tofighian. Le politiche di immigrazione del Paese prevedono che le migliaia di rifugiati che cercano di raggiungere l’Australia in barca siano confinati in centri di detenzione offshore, come quello di Manus Island, o di Nauru, un'isola sperduta in mezzo all'Oceano Pacifico.

Il romanzo si intitola: “No Friend But the Mountains: Writing from Manus Prison” ("Nessun amico a parte le montagne: racconto dalla prigione di Manus"). È stato scritto in lingua farsi, sul telefonino, dalla prigione di Manus. E inviato al traduttore, che ha lavorato assieme all’interprete per tradurre il testo in inglese.

Il libro è il racconto autobiografico del tentativo di Boochani di andare in Australia in barca dall’Indonesia e della sua prigionia nel centro di detenzione di Manus. «La ragione per cui ho scritto questo libro sul mio telefono, e l’ho inviato messaggio dopo messaggio, è che davvero non mi sentivo al sicuro con le guardie e le autorità», spiega Boochani al Guardian. «Perché avrebbero potuto in ogni momento attaccare la nostra stanza e prendere le cose di nostra proprietà», prosegue.

Il libro è stato descritto come «una voce di testimonianza, un atto di sopravvivenza. Un racconto lirico in prima persona. Un grido di resistenza. Un ritratto vivido di 5 anni di incarcerazione ed esilio».

«Per lungo tempo ho cercato di descrivere la situazione all’interno di Manus Island, la vita all’interno della sua prigione, ma penso che il linguaggio giornalistico non abbia la capacità di descrivere questa vita, e la sofferenza e il modo in cui funziona il sistema qui», dice Boochani al Guardian Australia, e precisa: «Ho lavorato al mio libro per 5 anni. Ho pensato che il modo migliore per me di esprimere i miei pensieri e di raccontare la storia della prigione di Manus e le storie di Manus Island – e anche di Nauru- fossero scrivere un romanzo».


Lo scopo principale del mio libro è fare capire alla gente in Australia e nel mondo come questo sistema abbia torturato persone innocenti a Manus e Nauru in maniera sistematica per quasi sei anni. Spero che questo premio porterà più attenzione alla nostra situazione, che porterà cambiamento e farà finire questa politica barbara

Behrouz Boochani

Il fatto che un richiedente asilo in detenzione offshore vinca un premio così importante «è una grande vergogna per il governo australiano», dice Boochani. È proprio quello stesso governo che ha incarcerato il giovane rifugiato e gli ha negato l’accesso nel Paese che ora gli riconosce due importanti premi.

«Lo scopo principale del mio libro è fare capire in modo approfondito alle persone in Australia e nel mondo come questo sistema abbia torturato persone innocenti a Manus e Nauru in maniera sistematica per quasi sei anni, spiega Boochani al Guardian. Spero che questo premio porterà più attenzione alla nostra situazione, che porterà cambiamento e farà finire questa politica barbara»,.

Behrouz Boochani è scrittore, giornalista, e filmmaker. Collabora regolarmente con il Guardian, e i suoi articoli sono pubblicati anche su Huffington Post, the Financial Time e the Sydney Morning Herald. È co regista del film Chauka, Please Tell Us the Time, girato all’interno del centro di detenzione di Manus con un telefonino, in collaborazione segreta con il regista olandese-iraniano Arash Kamali Sarvestani.

Foto di apertura: Facebook fan page di Behrouz Boochani

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