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Anna Tuv, candidata al Premio Nobel per la Pace, ci è venuta a trovare
Accompagnata dal russista e nostro collaboratore Eliseo Bertolasi è venuta in redazione la mamma di Gorlovka che nella notte del 26 maggio 2015 sotto le bombe ucraine ha perso un figlio, il marito e un braccio e che oggi è il simbolo di tutte le donne Donbass. «Sono qui per ringraziarvi del sostegno e di non aver mai abbassato l'attenzione sul conflitto. Grazie al vostro aiuto oggi ho una protesi e la possibilità di parlare della mia terra e della pace»
La storia di Anna Tuv è arrivata sul sito di Vita per la prima volta nel dicembre del 2015. Era la storia di una moglie e madre del Donbass, di Gorlovka, la città più complicata e martoriata del fronte, soprannominata per questo la “Stalingrado di Donetsk”. La storia di una delle tante donne, mogli e madri, la cui vita è stata stravolta dalla guerra. Sotto le bombe perde il marito e uno dei tre filgi. E perde anche il braccio sinistro. Da quel primo articolo la sua vicenda l'abbiamo seguita passo passo. Fino alla raccolta fondi per portarla a Bologna e donarle un braccio biocinetico. Ad oggi, alla candidatura la premio Nobel per la Pace come simbolo di resistenza e forza d'animo.
Torniamo per un attimo a quel giorno del 2015. Cosa successe?
Vivevo con la mia famiglia, mio marito e tre figli: Katya di 11 anni, Zakhar di 2 anni e mezzo e Milana di 2 settimane. Con mio marito abbiamo vissuto 9 anni, era un matrimonio felice, andava tutto bene.
Era una bella giornata, eravamo fuori a irrigare l’orto, c’era la tregua, i bambini erano in cortile, Milana si trovava in casa. Abbiamo sentito dei sibili e subito ci siamo precipitati verso casa, i figli e mio marito sono corsi dentro casa, io, sola, sono rimasta in cortile, per mettere in salvo i pulcini. Mio marito e la mia Katya sono rimasti uccisi. Zakhar è diventato disabile, ha subito estese bruciature agli occhi. Anche Milana ha subito dei traumi. Io ho perso un braccio, con la clavicola e la scapola danneggiate
Come si reagisce a una cosa del genere?
Sono una mamma, devo occuparmi dei miei due bambini. Ecco come. Non ho scelta fortunatamente.
Oggi vive a Mosca con sua madre che l'aiuta. Ed è in procinto di ricevere una protesi all'avanguardia…
Si, dopo la tragedia in tanti si sono mobilitato per aiutarmi. In particolare Ennio Bordato, presidente dell’Onlus “Aiutateci a Salvare i Bambini” già dal momento del mio ricovero in ospedale, ha iniziato ad aiutarci, mi ha promesso che non mi avrebbe mai abbandonata e ci ha sempre sostenuto ed è riuscito a raccogliere i 25mila euro necessari per la protesi. Una campagna di raccolta fondi che è stata resa possibile anche dal contributo di Vita. Per questo vorrei ringraziare i tanti lettori del vostro gironale che hanno contributio e mi hanno aiutata.
La novità però è che sei oggi ufficialmente candidata al Premio Nobel per la Pace…
Sì, una cosa bellissima per cui sono davvero commossa
Cosa significa per te?
Io so di essere diventata un simbolo. Il simbolo di una tragedia e fortunatamente anche un simbolo di resilienza. È una responsabilità. Mi hanno invitato a parlare del Donbass in tanti Paesi. Sono stata a questo scopo all'Onu in Svizzera, in Francia, Serbia Germania e Italia. La cosa più importante per me è che la mia terra e quella guerra non siano dimenticate. In questo senso il Nobel è una grande occasione. In Europa quello che succede nel Donabss non si conosce
Cosa devono sapere gli europei?
Che nel cuore dell'Unione Europea da cinque anni c'è un conflitto che coinvolge 4 milioni di persone, che ha ucciso 10mila persone di cui centinaia di bambini. Raccontare questo è il mio contributo alla pace. Oltre ad essere il modo per dare un senso al grande dolore che ho vissuto e provare a salbvare altre famiglie dallo stesso dramma. È mio dovere davanti al fatto di aver perso la mia famiglia di fare tutto quello che posso per evitare che succeda ad altri.
Si aspettava un'opportunità come questa candidatura?
No, sono felicissima. È stata una grande sorpresa e una gioia immensa. Perché ha dato senso a tutti questi anni di sforzi per parlare del Donbass e della pace. E anche per questo so che tato del merito è di chi mi ha sostenuto, tra cui tanti lettori di Vita. Sono venuta a trovarvi principalmente per ringraziare loro. Senza il loro interessamento gratuito niente della mia vita oggi sarebbe com'è.
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