Formazione

Esami, caro ministro ci rifaccia il punto.

Maturità bocciata: Inchiesta sul falimento del nuovo sistema di valutazione.Ecco perchè non va e come può essere cambiato.

di Carlotta Jesi

Ma Luigi Berlinguer è davvero un ministro comunista? A chiederselo, preoccupati per questo anno scolastico a cavallo del millennio, sono milioni di liceali italiani. Quelli, per intenderci, che in questi giorni entrano in quarta e quinta liceo con la paura che la riforma della scuola, e soprattutto il suo tanto celebrato sistema di crediti, si trasformi anche quest?anno in un?arma a doppio taglio per gli studenti cui, in teoria, dovrebbe portare beneficio. In teoria niente da ridire. La circolare ministeriale sui crediti formativi e la guida di istruzioni sul nuovo Esame di Stato per studenti e insegnati parlano chiaro: i bonus formativi, si dice, sono uno strumento per trasformare il voto di maturità in un giudizio più equo che tenga conto non solo dell?esame finale ma dell?intera carriera scolastica e anche delle esperienze acquisite al di fuori della scuola. In pratica? Tutt?altra musica: ai maturandi del ?99 è successo tutto il contrario. Discriminazioni tra studenti ricchi e poveri, cattolici e non, secchioni e con la sufficienza stirata. Possibile? «Eccome», risponde Federico Bozzanca dell?Unione Studenti Europei, «se tra le esperienze valevoli come bonus formativi i consigli di classe riconoscono anche i soggiorni estivi di studio all?estero che solo gli studenti più abbienti possono permettersi e rifiutano quelle di chi, per esempio, d?estate lavora nell?officina di famiglia e a scuola si presenta con un certificato firmato dal padre invece che dal British Council». Esagerazioni? Mica tanto, gli fa eco il preside del liceo scientifico Enriquez di Lissone Luigi Mariani: «Basti pensare che, applicando alla lettera la normativa ministeriale secondo cui ogni esperienza formativa maturata al di fuori della scuola contribuisce ad elevare il punteggio del credito scolastico, ossia quel portafoglio di massimo 20 punti assegnati durante gli scrutini degli ultimi tre anni in base all?impegno e alla media degli studenti, si discriminano i ragazzi che sono sempre andati bene». Se, infatti, un ragazzo non ha bisogno dei crediti formativi per aumentare i punti di credito scolastico, a cosa gli servono le certificazioni di esperienze extrascolastiche? Come far risaltare il fatto che, oltre a un?ottima media, parla anche due lingue e magari è pure istruttore di nuoto? Che vengano dai ragazzi o dai loro insegnanti, insomma, le riserve sui crediti formativi non mancano. E a confermarle sono i risultati dell?indagine sul credito formativo effettuata dal Centro Europeo dell?Educazione Osservatorio Nazionale sugli Esami di Stato: su un campione di 7.500 studenti che hanno sostenuto la maturità lo scorso mese di luglio, solo il 31% ha ottenuto il riconoscimento dei crediti formativi. E le percentuali variano notevolmente da un tipo di scuola all?altra: degli studenti che frequentano gli Istituti professionali ha ottenuto qualche punto di credito formativo solo il 28%, mentre 31 e 33 sono le percentuali registrare rispettivamente da istituti tecnici e licei. A confermare il sospetto che non è con i crediti formativi che si rende la maturità più equa, ci sono le percentuali registrate a diverse latitudini dell?Italia. Nel ricco Nord Est, dove i ragazzi che possono permettersi viaggi di studio all?estero sono più numerosi, la percentuale degli studenti cui sono stati riconosciuti i crediti formativi è del 49%, mentre i punti diminuiscono scendendo lungo lo stivale: 36 nel Nord Ovest, 27 al Centro, 24 al Sud e 22 nelle Isole. Cos?è, dunque, che non va? «Come al solito, dopo tanti sforzi e comunicati stampa, quella montagna del nostro sistema scolastico non ha partorito che un piccolo topolino», risponde secco Luigi Mariani. Al ministero della Pubblica Istruzione il professore rimprovera di aver pensato a un buono strumento ma di non aver dato alle scuole istruzioni precise per metterlo in pratica. «Non è così che si fa l?autonomia», aggiunge, «perché i crediti formativi siano davvero un trampolino di lancio verso il mondo del lavoro, ci vogliono regole ferree». O almeno un po? più precise delle poche righe con cui, nel decreto del 10 febbraio ?99, si liquidano i crediti formativi: «esperienze acquisite al di fuori della scuola, in ambiti e settori della società civile relativi, in particolare, alle attività culturali, artistiche e ricreative, alla formazione professionale, al lavoro, al volontariato, alla solidarietà, cooperazione e allo sport». Già, ma di che genere? Lavorare da anni durante l?estate vale come giocare a calcetto il pomeriggio? E il volontariato? Per raggranellare qualche punto basta portare vestiti usati in parrocchia o è richiesto un impegno più serio? «A decidere», recita ancora il decreto ministeriale, «sono i consigli di classe per i candidati interni e le commissioni d?esame per quelli esterni». Peccato che, l?anno scorso, nella maggior parte degli istituti italiani la decisione sia stata presa a poche settimane dalla fine della scuola e, senza precise istruzioni, gli studenti abbiano depositato in segreteria perfino certificati di corsi di magia. «Effettivamente l?anno passato ci sono stati degli inconvenienti e sono fiorite le cose più strane», spiega il professor Raimondo Bolletta del Centro Europeo dell?Educazione, «ma questo non significa che i crediti formativi siano uno strumento sbagliato. Il vero problema è, piuttosto, che contribuendo con i crediti scolastici solo per un quinto alla definizione del punteggio finale, sono uno strumento timido. La cosa più urgente adesso è capire come interpretarlo». Se, cioè, continuare a valutarlo con un paio di punti o piuttosto trasformarlo, soprattutto per i ragazzi che raggiungono i 20 punti senza aiuti extra, in un giudizio di merito da presentare, con il diploma, al futuro datore di lavoro o a un test di ammissione all?università. ?


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