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Sgombero a Idomeni: ecco cosa sta succedendo

E’ iniziato martedì mattina lo sgombero di quello che il Ministro degli Interni greco ha definito la “Dachau dei nostri giorni”: il campo profughi informale più grande d’Europa. Mentre è stato impedito l’accesso alla stampa e a diverse ONG, ecco il racconto di chi è rimasto

di Ottavia Spaggiari

E’ arrivato il giorno dello sgombero a Idomeni, il campo profughi informale nel nord della Grecia, al confine con FYROM (Macedonia), dove migliaia di persone principalmente provenienti da Siria, Iraq e Afghanistan sono rimaste bloccate dallo scorso febbraio, dopo la chiusura della frontiera macedone. Costretti a trascorrere l’inverno e la primavera in condizioni disumane, senza servizi adeguati, dormendo e mangiando in tende da campeggio e ripari di fortuna, nella speranza di una riapertura della frontiera, i circa 10mila profughi presenti nel campo, di cui il 40% bambini, dovranno abbandonare il confine. Obiettivo del governo greco: trasferire tutti nei 34 campi militari gestiti dal governo in collaborazione con UNHCR. “Ieri sera la polizia in borghese ha cominciato a bloccare tutti i giornalisti ed i volontari, costringendoli a lasciare il campo. Noi ci siamo nascosti e siamo riusciti a rimanere dormendo nella warehouse,” Racconta Antonio Nicolini, volontario italiano arrivato a Idomeni con Hopeful Giving, una piccola Onlus padovana. “Stamattina alle 6 sono arrivati circa 500 agenti di polizia e militari in tenuta antisommossa. Abbiamo contato circa 28 pullman che facevano la spola. Una volta che una zona era libera, e tutti gli abitanti delle tende erano agli autobus, arrivava la ruspa. Le persone che hanno vissuto in quelle tende per mesi hanno visto distruggerle davanti ai loro occhi.” A trasformare il trasferimento in quella che potrebbe essere definita una deportazione, la mancanza di informazioni (di cui avevamo già parlato qui) e il fatto che alle persone non venisse specificato il campo in cui sarebbero state mandate. “Sembra che ci sia scordati del fatto che questi profughi stanno scappando da guerre e violenza. Sono state date pochissime informazioni e questa mattina alle sei le persone sono state svegliate dalla polizia in tenuta antisommossa.” Spiega Gabriele Casini, portavoce di Save the Children a Idomeni, che racconta come l’accesso al campo sia stato reso difficile alle ONG e ai volontari.

Sembra che ci sia scordati del fatto che questi profughi stanno scappando da guerre e violenza.

Gabriele Casini, portavoce di Save the Children a Idomeni


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“Dopo diverse negoziazioni siamo riusciti a garantire l’accesso al campo a una delle nostre operatrici, per monitorare la situazione, soprattutto quella dei minori,” continua Casini. “I bambini nel campo però sono migliaia, la presenza di un operatore non è abbastanza.”

Limitata la presenza anche alle altre ONG che in questi mesi hanno lavorato a Idomeni, tra cui Medici Senza Frontiere, Croce Rossa e Médecins du Monde, accesso vietato alla stampa. “L’area rimane molto controllata. Ogni organizzazione non può inviare nel campo più di cinque persone. Al momento stiamo negoziando per mandare altri operatori.” Continua Casini.

Se la “Dachau dei nostri giorni”, come era stata definita Idomeni dal Ministro degli Interni greco, sta per essere smantellata però, non basterà sgomberare il campo per cancellare la vergogna d’Europa.

Lo stesso piano del governo greco di trasferimento dei profughi lascia ancora molti punti interrogativi e molte zone d’ombra, tra cui le condizioni di diversi campi del governo, che ancora oggi non rispecchiano gli standard igienico-sanitari e di sicurezza minimi, come ci aveva raccontato il responsabile regionale di Medici Senza Frontiere, Emanuel Massart e come confermano ancora oggi da Save the Children: “Abbiamo visitato uno di questi campi settimana scorsa e non c’era nulla. Una cosa inaccettabile, soprattutto per i bambini, e per i minori non accompagnati, che si trovano ad essere trasferiti in un altro luogo dove non vi sono né dei servizi né una protezione adeguati” afferma Casini.

A Idomeni oltre alle tende, oggi è stata buttata via anche la nostra umanità

Antonio Nicolini, volontario a Idomeni

Tutelare i minori non accompagnati, evitare la separazione delle famiglie e garantire che lo sgombero avvenga senza che persone già fortemente provate subiscano ulteriori traumi sono alcune delle priorità di Save the Children, insieme alla necessità di assicurarsi che le persone vengano trasferite in luoghi appropriati, dove possano avere accesso anche ai servizi legali per poter avanzare la richiesta d’asilo e di ricongiungimento famigliare.

Per rendere possibile lo sgombero di Idomeni, il governo greco ha adibito diversi capannoni della zona industriale di Salonicco a centri di accoglienza, che dovrebbero arrivare ad ospitare circa 8mila persone. Una soluzione che desta però ancora molta preoccupazione: nessuna ONG ha ancora avuto accesso a questi nuovi spazi e lo stesso UNHCR non ha ancora effettuato una valutazione delle condizioni di questi luoghi. “Su questo stiamo lavorando con le autorità,” spiega Carlotta Wolf di UNHCR, aggiungendo però che: “non è ancora chiaro se questi debbano essere siti temporanei o meno.” Nel frattempo è stato confermato che dal 30 maggio alla fine di luglio in Grecia verrà avviato un piano di pre-registrazione, per avviare le pratiche di richiesta asilo, ricollocamento e ricongiungimento familiare. L'UNHCR ha messo a disposizione dell'operazione, a supporto del Servizio di Asilo greco 130 funzionari.

Il servizio sarà disponibile sulla terraferma a tutti coloro arrivati in Grecia prima dell’accordo Europa Turchia dello scorso marzo, circa 50mila persone. Un numero che suggerisce la difficoltà di portare a termine la pratica di pre-registrazione nei tempi stabiliti, lasciando quindi intuire che il periodo di permanenza nei campi del governo potrebbe essere più lungo del previsto.

“Non si conoscono le condizioni di molti di questi campi.” Racconta Antonio Nicolini. “La cosa più difficile è guardare negli occhi queste persone che ti chiedono aiuto e non sapere cosa dire. Cosa si deve fare? Consigliare di restare in un posto che non ha futuro? Provare a rischiare tutto e attraversare una frontiera chiusa? Oppure essere trasferiti in un campo in cui le condizioni sono ancora assolutamente incerte? Che scelta è? Ognuna di queste opzioni è un fallimento. La verità è che a Idomeni oltre alle tende, oggi è stata buttata via anche la nostra umanità”.

Foto di cover: Matt Cardy/Getty Images

Gallery: Antonio Nicolini

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