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In Salento le famiglie si preparano ad accogliere i rifugiati
Al via il progetto “Chiave di volta”, promosso da Arci Lecce con un coordinamento di enti locali. Persone maggiorenni che godono di protezione internazionale saranno accolte per un periodo di tre mesi. «Una scommessa spontanea per dare una risposta a livello politico»
di Redazione
«È una scommessa, un amo che lanciamo al territorio per dare risposta rispetto ad una linea politica non condivisa da molti»: così Luciana Zecca, assistente sociale presso Arci Lecce, presenta il progetto “Chiave di volta”, di cui Arci è promotore, e attraverso cui il territorio salentino continua a fare concretamente passi avanti nel segno dell’accoglienza. Il progetto, che entrerà nella fase concreta di attivazione intorno al mese di aprile, risponde ad esigenze emerse dallo stesso territorio, offrendo la possibilità a famiglie, coppie o singoli cittadini di ospitare nelle proprie abitazioni per un periodo di tre mesi persone di origine straniera che siano maggiorenni e che godano della protezione internazionale. “Chiave di volta” nasce come prima esperienza di questo tipo nel territorio salentino, sulla base delle buone prassi già realizzate nelle aree di Bologna, Torino, Roma e in Sicilia. A gestire il progetto una rete di coordinamento che vede a fianco di Arci i comuni di Lecce, Galatina, Trepuzzi, quelli di Caprarica e Castrignano dei Greci in fase di presentazione dell’adesione all’iniziativa, mentre si stanno attivando contatti con altri enti locali.
«Le persone che saranno accolte dalle famiglie salentine sono rifugiati che hanno già compiuto un proprio percorso di studio, di avviamento al lavoro, di inclusione nel territorio, attraverso i progetti Sprar, e che si avviano quindi verso un nuovo percorso di vita autonoma – sottolinea Zecca -. Le famiglie o i cittadini che spontaneamente vogliano aprire le proprie abitazioni devono compilare un modulo già predisposto indicando le caratteristiche principali del proprio contesto familiare. Non ci sono limitazioni di alcun genere, è richiesta solo la disponibilità di uno spazio da lasciare in autonomia alla persona ospitata, per garantire la necessaria riservatezza».
Sono già in arrivo al comune di Lecce, le domande di disponibilità all’accoglienza, che l’ente locale ha dunque il compito di acquisire. Su questa base saranno svolti da parte dell’equipe Arci che segue il progetto colloqui e incontri di formazione con le famiglie disponibili – fino ad arrivare a una selezione e al collegamento con le persone da accogliere. L’incontro e la condivisione degli spazi e dei tempi con persone di altre culture e con abitudini diverse, infatti, deve essere ben gestito e affrontato nel modo giusto prima della convivenza, in modo che diventi veramente un’occasione di reciproca conoscenza. “Pensiamo di arrivare per il mese di aprile a concretizzare l’abbinamento tra la famiglia e la persona da ospitare. Stiamo già svolgendo colloqui con i giovani destinatari del progetto per capire chi può essere interessato e disponibile. Si tratterà di un’accoglienza vera, sotto ogni punto di vista. Per le famiglie – che dovranno provvedere al vitto e all’alloggio per la persona accolta per un periodo che potrà anche essere rinnovato – non è previsto alcun tipo di rimborso – aggiunge l’assistente sociale Arci -. Chi sceglie questo tipo di esperienza è dunque una famiglia già motivata per proprio conto e con un certo bagaglio di conoscenza. Si tratta di far capire, a livello politico, che sono molti i cittadini che non condividono l’orientamento che si cerca di far prevalere, quello della chiusura e di un’idea di sicurezza che non favorisce l’accoglienza”. Le famiglie ospitanti, dunque, provvederanno a garantire vitto e alloggio, mentre tutti gli altri numerosi aspetti che scaturiranno dalla convivenza – di tipo sociale, sanitario, legale – saranno presi in carico dall’equipe del progetto, che si compone di due assistenti sociali, un supervisore dei progetti Sprar, un mediatore interculturale e uno psicologo.
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