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Una sinistra gender fluid. Ovvero: quando l’amore genera odio

Il culto della vulnerabilità, della sofferenza, della debolezza è diventato centrale nella costruzione dell'identità di una sinistra che ha smesso di credere alla politica attiva, per confinarsi nella sottocultura del web. Schiere di troll stanno per uccidere la rete, pronti a prendere possesso anche della realtà: eppure quel mix di rancore e sadismo che sta ridefinendo il profilo della nostra società trova la sua origine proprio nel piagnisteo della sinistra globale e nella sua ossessione per il "genere"

di Marco Dotti

Tumblr è una delle piattaforme di microblogging più diffuse al mondo. Uno di quei posti dove stanno coloro che, sempre e comunque, credono di stare dove le cose accadono: sono gli hipster, gli alternativi, i «giovani turchi». Democratici con costosissimi master al seguito, acculturati quanto basta ma psicologicamente labili.

Tumblr, si legge d'altronde tra le note della piattaforma fondata nel 2007 da David Karp, «è un luogo dove esprimersi, scoprire se stessi» e legare con «le cose che ami». Come questo "legame" virtuale sia diventato della stessa natura materiale di quello che unisce una muta o un branco lo spiega Angela Nagle, intellettuale tra le più lucide della nuova sinistra americana. Nagle scrive su Jacobin e Kill alla normies, ora tradotto da Francesco Maria Pirocchi e Daniele Rosa per Luiss University Press col titolo Contro la vostra realtà. Come l'estremismo del web è diventato mainstream (pagine 170, euro 14) è il suo primo libro. Conviene leggerlo e farci i conti.

L'ossessione identitaria è di sinistra?

Sin dal 2010, su Tumblr schiere di "utenti" hanno messo in pratica ciò che, da oltre un decennio, la teorica Judith Butler andava predicando. Presa alla lettera e con zelo fondamentalista la lezione di Butler suona pressappoco così: sesso, genere e identità sarebbero nient'altro che categorie culturali. Costruzioni che, solo perché ripetute in atti corporei stilizzati e appresi, danno l'idea di qualcosa di naturale e ontologico.

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Ma una cosa è la teoria, che è bene lasciare ai teorici, ben altra il passaggio alla realtà. E la realtà, prima o dopo, presenta sempre il conto. E lo presenta a tutti. Così, nel giro di pochi anni, su Tumblr, si è creata una costellazione di sottoculture tanto indistricabile e incontrollabile, quanto poco studiata da chi, generalmente, parla e scrive di sottoculture. Si sono create delle bolle e degli pseudo-ambienti emotivi con tanto di gergo, codici, stili narrativi e slogan.

Questi marcatori identitari, originati tanto da un desiderio di abiezione quanto dal desiderio di sovvertire "ogni identità", hanno finito per rovesciarsi nel proprio contrario creando – attraverso pratiche di ostracismo e attacco di gruppo – ciò che Nagle chiama "costruzione della scarsità in rete", finendo per ammazzare ogni discorso critico.

Come in tutte le microcomunità o sette basata su codici di esclusione/inclusione il dissenso critico è stato prima limato. Se manifestato apertamente è stato aggredito attraverso commenti malevoli e attacchi personali secondo la logica del capro espiatorio e, infine, ha dato vita a un brodo colturale che ha permesso alle pratiche di trolling di proliferare e all'odio – che, in qualche modo, è solo un "politicamente corretto" a cui è stata invertita la polarità di carica – di diventare mainstream.

Storie per niente

Migliaia di giovani hanno raccontato le proprie storie su Tumblr discutendo in particolare della costruzione e delle possibilità, pressoché infinite, di passare da un genere sessuale a un altro: il cosiddetto gender fluid. Solo che i "generi" sono, letteralmente, sfuggigi di mano e si sono moltiplicati all'infinito dando luogo a infinite combinazioni. Insomma, un groviglio inestricabile. C'è chi si crede pietra, chi sasso, chi suppone di essere un ircocervo, chi si crede transumano. C'è di tutto nel mondo del gender fluid. C'è anche molta sofferenza, quella sì reale. E c'è soprattutto un nichilismo pratico che "l'amore per il mondo" e la "solidarietà da tastiera" hanno tamponato per un po', prima che esplodesse riversandosi nel suo contrario: l'odio indiscriminato, il sadismo generalizzato.

Torniamo ai generi. Angela Nagle ne ha raccolti alcuni, a pagina 102 del suo Contro la vostra realtà, libro da leggere, rileggere e mandare a memoria.

Una lista, anche questa non completa, dei generi si trova a questo indirizzo (qui) di Tumblr. Nulla di eclatante, se non fosse che proprio da queste sottoculture e dalla reazione che hanno innescato che nascono alcuni dei fenomeni più preoccupanti dell'estremismo in rete, tra cui quella mutazione genetica e della xenofobia e del libertinismo sadiano che è l'alt-right, in particolare nella sua variante dell'Illumismo oscuro.

Autocommiserati e contenti

Riprendiamo la questione dei generi: se ne contano decine, impossibile elencarli tutti.

Si va dall'Alexigender, «identità di genere fluida tra più generi, anche se la persona non sa dire quali generi siano», al Genderale, dove la persona connette il proprio genere a piante, erbe o liquidi, o ma anche al Perigender che «consiste nel riconoscersi in un genere, ma nel non identificarsi come una persona di quel genere». C'è anche il Technogender, che ha come caratteristica il sentirsi a proprio agio «con il genere a cui si appartiene solo quando si usa la tecnologia o si è online, di solito con l'ansia che si prova in contesti sociali reali». Molti "generi" hanno come punto di partenza – e di arrivo – l'ansia e la vulnerabilità.

Ci sono poi, oltre alle questioni di genere, le questioni di identità. Il garbuglio dei generi, tutt'altro che "fluido", si ingarbuglia ancora di più, soprattutto se rivolgiamo l'attenzione agli otherkin, una sottocultura web di persone che, stando alla definizione che si trova su Wikipedia, si ritengono «parzialmente non umane». Metà donne/uomini e metà alieni, elfi, draghi, fate.

Una sottocultura di questa sottocultura raggruppa altre persone che sostengono di poter «mutare cosmicamente forma», ossia fare esperienza di ognuna delle altre forme (draghi, elfi, vampiri, fate), senza cambiare aspetto fisico. Trasferita in altri contesti, quella di Tumblr è una straordinaria nosografia psico-sociale a uso dei posteri.

Le questioni si complicano ancora se si va ancora a fondo e si toccano quelle sottoculture di persone di sinistra «non disabili che si sentono affette da disabilità, al punto da richiedere assistenza medica per accecarsi, mutilarsi o infliggersi danni in altro modo, per divernrare la persona disabile con cui si identificano» (Nagle, p. 105). Non bastasse, ci sono i "cucchiai", i cosiddetti spoonies, membri che acquistano monili con quella forma o se la tatuano come marcatore culturale: la loro caratteristica è quella di sentirsi parte di una comunità di persone che si ritengono malate ma la cui malattia ritengono a priori non diagnosticabile.

E qui ci fermiamo.

Il culto della sofferenza

Nelle loro nicchie identitarie i giovani di sinistra hanno creato un proprio teatro dove le sofferenze proprie e altrui sono diventate tutt'uno con un vittimismo e una sottocultura della fragilità che, oggi, si sta ribaltando in una cultura violenta, fatta di attacchi di gruppo e umiliazioni collettive. La sinistra, nello scorso decennio, quello del tecno-entusiasmo, ha scelto la strada della «cultura online della denuncia» finendo, osserva il critico marxista Mark Fischer, per farsi prendere la mano «dal desiderio pretesco di scomunicare e condannare, da quello pedantemente accademico di essere i primi a individuare un errore e da quello hipster di essere parte delle persone che contano».

La nemesi di questo atteggiamento, che nasce nel sottobosco pseudo-identitario di Tumblr, è drammatico: aver creato il fondale su cui è attecchito il «sottobosco anonimo da cui è emersa la cultura troll» della nuova intolleranza.

Il culto della vulnerabilità, della sofferenza, della debolezza, scrive Angela Nagle, è diventato centrale nella costruzione dell'identità della sinistra che ha smesso da tempo di credere alla politica attiva, per confinarsi negli spazi di una "cultura del web" che, oggi, le si rivolta contro.

Schiere di troll uccideranno la rete, ma non prima di aver "colonizzato" politicamente la "nostra" realtà. È il complesso fenomeno dell'alt-right, la destra alternativa americana. Fenomeno ancora tutto da capire ma col quale, ci piaccia o no, dobbiamo fare i conti. E farli bene.

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