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Il futuro del clima e del pianeta: cosa ci aspetta dopo la Cop24?

Le attività umane hanno causato un riscaldamento globale di circa 1°C rispetto all’era pre-industriale e si prevede che questo livello aumenti fino a 1.5°C tra il 2020 e il 2050. Per limitare i danni è necessario cambiare le politiche in moltissimi settori della società. Molti Paesi durante la COP 24 hanno accolto la sfida facendo però presente che il passaggio a un’economia non dipendente dai combustibili fossili deve svolgersi in un contesto di rispetto per i lavoratori e per le classi più a rischio, attraverso una “giusta transizione”. La prossima conferenza ONU per il clima, COP 25, sarà ospitata in Cile, mentre sia il Regno Unito che l’Italia si sono candidati per la COP 26 del 2020

di Valentina Pavarotti

I negoziati delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, COP 24 (24esima Conferenza delle Parti), si sono conclusi lo scorso 15 dicembre con più di un giorno di ritardo. La conferenza è stata ospitata dalla Polonia a Katowice, nel cuore di una regione ad elevata dipendenza dal carbone. Oltre ad essere ben visibile nel paesaggio, con varie miniere di carbone vicino al centro città, la preferenza per il carbone è stata ribadita dal presidente polacco Andrzej Duda durante la conferenza: la sua è stata una tra le diverse posizioni anti-ambientaliste che hanno influenzato un risultato dei negoziati ritenuto da molti troppo debole e largamente insufficiente per la protezione del pianeta. Il compito principale della conferenza era di determinare attraverso il “Paris Rulebook” le regole per l’implementazione dell’“Accordo di Parigi”, raggiunto tre anni fa alla COP 21 in Francia.

La conferenza di Katowice è stata preceduta da un forte monito della comunità scientifica internazionale attraverso il rapporto dell’IPCC sul Riscaldamento Globale in cui si auspicano misure drastiche di riduzione dei gas a effetto serra per mantenere il riscaldamento globale al di sotto degli 1.5°C come unico modo per evitare consequenze catastrofiche a livello globale. Le attività umane hanno causato un riscaldamento globale di circa 1°C rispetto all’era pre-industriale e si prevede che questo livello aumenti fino a 1.5°C tra il 2020 e il 2050 e che aumentino poi ulteriormente, seguendo il trend attuale, con un livello diretto sul livello delle acque e causando eventi climatici estremi. Secondo l’IPCC (Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico) cambiamenti di politiche in moltissimi settori della società sono necessari, tra questi la drastica riduzione dell’utilizzo dei combustibili fossili, l’aumento dell’efficienza energetica e i cambiamenti degli stili di vita. Molti durante la COP 24, anche alla luce delle proteste recentemente avvenute in Francia con i gilet gialli, hanno accolto la sfida facendo però presente che il passaggio a un’economia non dipendente dai combustibili fossili deve svolgersi in un contesto di rispetto per i lavoratori e per le classi più a rischio, attraverso una “giusta transizione”. Alcuni Paesi invece, tra cui i maggiori promotori del petrolio come Stati Uniti, Arabia Saudita e Russia, hanno cercato di discretare il rapporto dell’IPCC.

Un anno di disastri climatici e un terribile avvertimento da parte dei migliori scienziati del mondo dovrebbero aver portato a molto di più. Invece i governi hanno deluso le persone ignorando la scienza e la situazione dei più vulnerabili” ha dichiarato il direttore esecutivo internazionale di Greenpeace, Jennifer Morgan. Secondo il gruppo internazionale di ONG cattoliche CIDSE, i risultati dimostrano che c’è bisogno di più solidarietà ed equità per affrontare i cambiamenti climatici. Il “Paris Rulebook” avrebbe dovuto includere un sistema di incentivi alle Parti per portare ad un aumento delle loro ambizioni riguardo i Contributi Nazionali Volontari (NDCs), cosa che non è avvenuta. Inoltre l’esclusione di qualsiasi riferimento ai diritti umani e alla sicurezza alimentare mostrano chiaramente che i governi si stanno tirando via dalle loro responsabilità e quindi dall’implementare appieno l’Accordo di Parigi, sostiene CIDSE. Le varie organizzazioni impegnate nella difesa per l’ambiente si sono mosse quest’anno in un contesto ostile, in cui diverse misure sono state messe in atto in Polonia per limitare l’attivismo e lo svolgimento di dimostrazioni cittadine durante lo svolgimento dei negoziati.

La prossima conferenza ONU per il clima, COP 25, sarà ospitata in Cile, mentre sia il Regno Unito che l’Italia si sono candidati per la COP 26 del 2020. Quest’ultima sarà particolarmente importante poiché entro il 2020 i governi sono tenuti a ripresentare i loro impegni riguardo i riguardo i Contributi Nazionali Volontari e in questo modo sarà possibile dimostrare se sarà possibile raggiungere gli obbiettivi di fermare il surriscaldamento globale a 1.5°C.

Nel frattempo, il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres ha indetto un vertice sul clima (Climate Summit), il 23 settembre 2019. "Solo un livello di ambizione significativamente più alto sara’ accettabile. A tal fine, il vertice si concentrerà sulle aree che sono al centro del problema – i settori che creano più emissioni e le aree in cui costruire la resilienza farà la differenza più grande " ha affermato Guterres.

Il processo di aumento dell’ambizione per i paesi nei loro impegni si sta svolgendo attraverso il “Dialogo di Talanoa”, un concetto preso in prestito dalle isole Fiji, dove Talanoa significa sostenere una conversazione in modo pacifico e inclusivo. Il metodo è stato applicato diverse volte con successo per risolvere i conflitti nel Pacifico. Nel contesto del clima, il “Talanoa” cerca di superare lo stallo nell’ambito degli impegni sul clima ravvicinando i partecipanti tramite la condivisione di storie sul cambiamento climatico. I governi, ma anche la società civile, le imprese, le città e altri enti sono stati invitati a presentare storie in risposta a tre domande: "Dove siamo ora? Dove vogliamo andare? Come ci arriviamo?” Dopo questo invito, migliaia di casi sono stati presentati e discussi durante gli incontri ONU per il clima. Il dialogo di Talanoa sarà considerato un successo se i Paesi, durante il prossimo anno, renderanno i loro NDCs più ambiziosi a partire dal 2020.

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