Mondo

M.O: la testimonianza di don Benzi da Ramallah

Il fondatore della comunità Papa Giovanni XXIII e un gruppo di volontari ci scrivono dalla Palestina. Ecco la loro testimonianza

di Gabriella Meroni

A Ramallah e Betlemme e, difficilissimo entrare, a Nablus e Jenin impossibile. Oggi , quando e’ arrivata la notizia che a Ramallah veniva tolto il coprifuoco ci siamo precipitati, portando medicine per l’ospedale, ma al check di Qalandia non ci hanno fatto entrare. Nessuno straniero entra. Questo e’ il minimo. Non entra la stampa, soprattutto non entrano ambulanze, organizzazioni umanitarie. Anche i miseri convogli delle Nazioni Unite entrano dopo trattative estenuanti. Al check point, aperto oggi per tre ore per la prima volta dopo quattro giorni, il clima e’ quasi da fiera di paese. La gente, asseragliata dietro i massi che la dividono dai soldati, si accalca per poter passare, finalmente. Dall’altra parte c’e’ la citta’ assediata e distrutta, ma poterla raggiungere sembra assaggiare un po’ di liberta’ riconquistata, anche solo per tre ore. A Nablus e Jenin invece non entra nessuno. Soprattutto da Jenin arrivano notizie devastanti (le associazioni per i diritti umani come il Law o Bet’selem ricevono decine di telefonate di denuncia!), ma difficilmente verificabili, data l’impossibilita’ di avere persone che possano accertare la veridicita’delle testimonianze. Si parla di esecuzioni a freddo, centinaia di vittime, corpi che vengono fatti sparire dall’esercito per cancellare le prove, fosse comuni … ma non e’ possibile capire quanto di vero ci sia in tutto questo. Oltre ad un impossibilita’ di informazione, il dato reale e’ che c’e’ una drammatica emergenza umanitaria alla quale e’ impossibile dare risposte concrete a causa di un assedio militare assolutamente impenetrabile. E’ possibile considerare tutto cio’ “lotta al terrorismo”? Don Oreste, Giovanni, Andrea, Fabrizio, Daniele, Francesca


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