Cultura
Calopresti: il mio viaggio nelle terre di mezzo della contraffazione
Intervista al regista autore de "La Fabbrica Fantasma": «Oggi la contraffazione è diventata un affare internazionale, un business globale e in quanto tale segue le regole del mercato. Ora la criminalità delocalizza le fabbriche del falso per pagare meno la mano d'opera ma sì si esternalizza anche l’attività criminale»
“Comprando merci contraffate ed illegali non solo finanziamo la mafia internazionale ma facciamo un danno a tutto il sistema economico e produttivo. Creiamo schiavitù, povertà, inquinamento e in più rischiamo di danneggiare la nostra salute. Insomma un disastro”. Il regista Mimmo Calopresti ha le idee chiare sui rischi e le conseguenze della contraffazione. Presentato nell’ambito delle iniziative della terza edizione di Mano Disarmata, un forum multimediale e internazionale dell'informazione contro le mafie, il suo nuovo documentario, la Fabbrica Fantasma, racconta “uomini, traffici e denaro” di un business in grande espansione che attraversa rotte insospettabili approfittando della globalizzazione dei commerci. La voce contraffazione all’interno del bilancio annuale della Mafia spa vale circa 6,5 miliardi di euro. Una piaga che toglie all’economia italiana circa 105 mila lavoratori regolari. Ne abbiamo parlato con il regista.
Perché hai deciso di esplorare un fenomeno così complesso?
Lo spunto è arrivata da mia figlia, Clio. Una sera, seduti sul divano, stavamo guardando alla televisione le immagini dell’ennesimo sbarco di migranti sulle nostre coste. Tra questi un bambino abbracciato al proprio papà, tiene sotto il braccio un orsacchiotto di peluche. Ho subito pensato a come aiutare questi bambini che arrivano in Italia rischiando la vita su barconi carichi fino all'inverosimile. Così insieme a Clio, abbiamo deciso di vendere tutti i suoi giocattoli al mercatino per aiutare i piccoli migranti, È iniziato in questo modo il mio viaggio verso un mondo che nessuno è pronto a denunciare ma che tutti conoscono. In Italia il mercato dei giocattoli contraffatti è il 12% dell’intero settore e vale 30 milioni di euro l’anno. Un dato inquietante se si considera che un innocente giocattolo se contraffatto può contenere sostanze tossiche e rappresentare un serio rischio per la salute dei bambini. La contraffazione colpisce non solo i giocattoli ma tutti i settori produttivi. Inquina l’economia legale, svilisce il lavoro e finanzia le mafie, perché a tutto viene dato un prezzo: il più basso possibile. Dobbiamo quindi ripristinare la verità contro il falso. Questo è il nostro compito.
Il tuo viaggio inizia dalla città di Napoli, che risulta essere il centro del falso. È ancora così?
Forse un tempo. Oggi la contraffazione è diventata un affare internazionale, un business globale e in quanto tale segue le regole del mercato. Ora la criminalità delocalizza le fabbriche del falso per pagare meno la mano d'opera ma sì si esternalizza anche l’attività criminale. E Napoli rischia di essere travolto da tutto questo. Perché, come si racconta nel documentario, ogni giorno centinaia di container, provenienti dall’estero, soprattutto dalla Cina, arrivano al porto di Napoli carchi di merce contraffatta di ogni tipo. Finiscono in qualche deposito, dove sono confezionate con finto marchio di noti brand nazionali ed internazionali e poi commercializzati in Italia e all’estero.
Dal porto di Napoli arrivi in Ungheria. Cosa hai scoperto?
A Budapest mi hanno raccontato come il paese sia diventato in pochi anni un importante punto di smistamento dei prodotti contraffatti provenienti dall’estero e destinati all’Europa. Le organizzazioni criminali controllano infatti le merci che passano dai confini dei paesi dell’Est per poi immetterle liberamente in tutta Europa. Vengono trasportate in mille modi, dalle macchine private ai camioncini, dalle zattere ad imbarcazioni di ogni tipo. Qui a Budapest si trova addirittura il mercato cinese più grande d’Europa. In questo immenso capannone pieno di container e banchi orientali, praticamente tutto è contraffatto. Ma è al confine tra Ucraina e Ungheria che ho scoperto “i villaggi di frontiera”, terre di mezzo, dove anche il traffico di essere umani è lecito. A quel punto mi sono chiesto: perché gli stati erigono muri per impedire il passaggio di migranti ed invece non riescono a controllare il transito di merci contraffate?
Pensi che la lotta alla contraffazione passi anche attraverso acquisti più consapevoli?
Certo. È dovere del consumatore prestare attenzione a quello che compra e controllare l’origine dei prodotti. Ma la crisi non aiuta. Un’azione che ci può apparire come una piccola trasgressione o un “affare” comporta non solo rischi per la salute ma alimenta reati come lo sfruttamento dell’immigrazione clandestina e del «lavoro nero» che, in alcuni casi, è al limite della schiavitù. Nessuno pensa che dietro un giocattolo che costa poco c'è una persona dall'altra parte del mondo che fa lo schiavo. E non mi riferisco solo alla Cina, dove, nonostante alcune tiepide proteste, i lavoratori continuano a percepire stipendi al limite del livello di sussistenza.
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