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Decreto Salvini: c’è scritto “sicurezza”, ma si legge “pericolo”
È iniziata la caccia alle streghe di migranti che hanno avuto la protezione umanitaria e che per questo "devono andare per legge in mezzo alla strada", come dimostrano le lettere delle prefetture diramate in giro per l’Italia. Non è prevista per queste persone alcuna forma di welfare per il periodo di integrazione, cosa che fino ad oggi poteva accadere regolarmente con l’inserimento negli Sprar. Ecco alcune idee per contrastare la deriva
Per capire la pericolosità del Decreto Sicurezza n.113 è necessario fare un lavoro di lettura olistica del presente e ricapitolare per la futura memoria lo scacchiere geopolitico di questi giorni in connessione alle principali scelte del governo giallo-verde italiano.
Lo scacchiere
Uno. Ai confini dell’Europa politica, in Crimea, la Russia di Putin porta avanti dal 2014 una guerra di annessione. Sembravano conflitti relegati ormai solo alle regioni asiatiche, ma in questi giorni la guerra è divenuta aperta, con tanto di manovre di speronamento di navi e decretazione della legge marziale in Ucraina. A tutti è chiaro che alla Russia fanno molto comodo uno sbocco sul mare ed una connessione strategica con il resto degli oleodotti che battono la sua bandiera, i cosiddetti progetti Oil Stream, che hanno a che vedere con la Siria, con la Turchia, con la Grecia e con le deroghe alle sanzioni alla Russia che di tanto in tanto gli stati membri concedono a Putin per completare i suoi impianti.
Due. Sul Mare Adriatico, ai confini dello Ionio, nelle acque della splendida Puglia salentina la componente gialla del Governo, nonostante le sue promesse elettorali dichiaratamente contrarie sul tema, non ha potuto o non ha voluto fermare gli accordi privati precedentemente presi per la realizzazione del gasdotto conosciuto come TAP. In questi giorni, con tanto di militarizzazione delle coste, la società privata “Socar” dell’Azerbjan, con grande sollecitudine, ha ripreso i lavori. Un’opera privata che però sembra avere, come di fatto avrà, un’influenza enorme sul futuro energetico dell’Europa. La distribuzione di gas naturale in Europa potrebbe dipendere da questa autostrada del gas che attraversa le nostre coste come un sottomarino militare. In pochi mesi dall’ingresso del nuovo governo italiano questa opera strategica nei rapporti di dipendenza-influenza tra USA/Europa/Russia procede dunque velocemente sbaragliando ogni protesta locale ed è stata un importante esercizio di muscoli per il governo. Sulla TAV invece, che riguarda treni e non energia, il governo nicchia ancora. E fin dall'inizio della sua esistenza il governo giallo-verde ha subitaneamente dichiarato la propria posizione di apertura alla Russia, ribadita anche in questi giorni.
Tre. Tra Italia ed Egitto corre da diversi anni, sul filo del rasoio, un incidente diplomatico per la cruenta tortura avvenuta sul corpo di un giovane ricercatore italiano non si sa per quale motivo di interesse nazionale dell’Egitto. Sappiamo però per certo che nelle acque internazionali tra Italia ed Egitto tra il 2015 ed il 2018 sono stati scoperti i più grandi giacimenti di gas naturale dell’area euroafricana, forse del mondo. I giacimenti di Noor e di Zohr.
Per rendere l’idea del senso e della vocazione europea e di come questa vocazione sia in forte crisi, basti ricordare che quando nel 1951 l’Europa volle fare la pace con se stessa, dopo i disastri della seconda guerra mondiale, partì da una strategia per l’uso comune di risorse come il Carbone e l’Acciaio (l’energia e le armi): nacque così la CECA. Oggi il gas naturale sembra dividere tutti gli interessi comunitari e non si vede all’orizzonte una nuova CECA sul gas.
Quattro. Oggi si apre a Katowice in Polonia la Cop24 la Conferenza internazionale sul clima che dovrebbe portare le grandi potenze del mondo a ratificare gli accordi di Parigi ed a rilanciare il contrasto al surriscaldamento globale, strettamente correlato alle cosiddette migrazioni per motivi climatici. Ma si preannuncia battaglia perchè Trump non vuole assumere impegni sul clima e sulla stessa scia anche Salvini qualche giorno fa, a seguito dei disastri naturali avvenuti in diverse parti di Italia, ha apostrofato gli ecologisti italiani come "ambientalisti da salotto" lasciando intendere la sua idea di dialogo anche con il mondo dell'impegno ecologico.
La mossa dell’Italia
Cosa accade in Italia nel frattempo? L'impegno del governo si sta concentrando su clima, energia, relazioni internazionali? Tutt'altro. Accade che a fronte di un equilibrio mondiale e mediterraneo così delicato, la nostra penisola con un Decreto Legge totalmente ed evidentemente immotivato, cerca di smantellare il lento cantiere dell’integrazione dei nuovi arrivati – il cantiere dell’accoglienza diffusa, gestito dal sistema municipale degli Sprar – per concentrare i migranti richiedenti asilo in strutture segreganti, senza alcun dovere di integrazione né a carico dei migranti, che possono pretendere di ricevere solo vitto ed alloggio, né a carico degli enti gestori che da un lato perdono un po’ di soldi e di lucro (la retta con cui fino ad oggi si sono aggiudicate le gare d’appalto scende, infatti, da 26,27 euro a 19 euro), dall’altro hanno meno oneri (nessun obbligo, ad esempio, di prevedere attività di integrazione culturale e sociale ).
La cacciata degli ultimi della terra
Nei giorni scorsi è iniziata la caccia alle streghe di migranti che hanno avuto la protezione umanitaria e che per questo devono andare per legge e ad horas in mezzo alla strada, come dimostrano le lettere delle prefetture diramate in giro per l’Italia. Non è prevista per queste persone alcuna forma di Welfare per il periodo di integrazione, cosa che fino ad oggi poteva accadere regolarmente con l’inserimento negli Sprar.
Di più: avendo cancellato la protezione umanitaria come forma speciale di protezione per persone con diverse problematiche alle spalle ed un futuro possibile in Europa, l'Italia ha di fatto decretato l’irregolarità a vita di decine di migliaia di attuali residenti. I più ottimisti parlano di almeno 60 mila nuovi irregolari "prodotti" dal Decreto, i quali non potranno essere rimpatriati ma nemmeno integrati e non potranno nemmeno stabilirsi in altre nazioni europee. Nessuna norma transitoria per i 180 mila migranti già ospiti nei diversi centri italiani si rintraccia nel testo normativo.
Smantellata la ricetta dell’antiterrorismo italiano
Basterebbe leggere un qualsiasi dispaccio della CIA e dei governi europei colpiti dal terrorismo internazionale, basterebbe leggere la cronaca dei giorni successivi agli attentati, quella cronaca che racconta le biografie degli attentatori, per capire che il terrorismo – quella forma di violenza giovanile che è di fatto una forma di islamizzazione del radicalismo e del nichilismo – è oggi fondato sui gesti estremi di lupi solitari adescati da organizzazioni malavitose internazionali, persone squilibrate, prive di substrati relazionali, che hanno accesso al web tramite il telefono ed accesso a reti umane devianti attraverso l’incontro in spazi periferici che sfuggono al controllo delle forze dell’ordine, non per carenza di personale ma per l’impossibilità oggettiva di controllare tutte le periferie e i dialoghi tra migliaia e migliaia di migranti ammassati in casermoni privati, a spese dello stato per volere del Ministero dell’Interno.
Fino a ieri l’Italia era di fatto un posto più sicuro, grazie alla sua intelligence e grazie ad un sistema di accoglienza che seppure fallace dal punto di vista del welfare – sono centinaia i centri di accoglienza straordinaria che sono assurti a vergogna italiana – funzionava dal punto di vista dell’impegno e della diffusione sul territorio. 2,5 migranti ogni mille abitanti, questa era la ricetta del cantiere-Italia fino a ieri.
La battaglia culturale e politica era incentrata solo nel far avanzare l’accoglienza nei comuni, preferibilmente nei piccoli comuni che rischiano l’estinzione nei prossimi decenni. Nei comuni le relazioni funzionano ancora e il “controllo” della devianza e degli atteggiamenti sospetti è una funzione umana che richiede minimi costi, con la partecipazione di tutti.
Dopo il Decreto Sicurezza l’Italia, questa nazione del Mediterraneo che non è stata mai colpita da atti terroristici come drammaticamente accaduto a più riprese in Spagna, Francia, Germania, Olanda, Inghilterra, Belgio, è certamente più insicura. Le persone che andranno sulla strada, come di fatto sta già avvenendo in questi giorni con lo sgombero di Cas e l'allontanamento forzato dagli Sprar, sono di fatto una miccia sociale nei quartieri e nei comuni.
Società civile, ultima chiamata
Di fronte a questo quadro la prossima mossa sembra dover venire solo dalla società civile. In parlamento la maggioranza Salvini-Di Maio è compatta e l'opposizione non ha alcun potere di cambiare le sorti di questo viaggio cieco verso la non-accoglienza ed il caos. La contrapposizione tra Governo e Società Civile indignata e contraria al Decreto Sicurezza non è tra due realtà politiche, ma tra due visioni antitetiche del futuro e dell'avanzare della pace nei popoli e tra i popoli Le strategie possono essere diverse, alcune di breve termine ed altre di medio. Le scelte di lungo termine non sono nelle nostre possibilità al momento.
A breve termine il mondo del Terzo Settore italiano e dell'associazionismo di impegno sociale può contrastare gli effetti immediati del Decreto sulle persone
Lo si potrebbe fare fare in diversi modi:
– in primis boicottando la partecipazione a gare di appalto per CPR, CARA e similari, nonostante l'alta convenienza economica di questi appalti che nell'era Salviniana aumentano di fatto il lucro di SRL senza scrupoli;
– avviando progetti di accoglienza gratuita delle persone che saranno colpite da "fogli di via" e che resteranno nel limbo di uno stato senza welfare e senza diritti per loro;
– avviando progetti di accoglienza gratuita di persone a cui è stata riconosciuta la protezione umanitaria e che all'improvviso si troveranno senza alcun progetto di integrazione personalizzata. Basti pensare, ad esempio, ad un primo progetto nazionale a favore delle tante madri con bambino con protezione umanitaria che all'improvviso dovranno abbandonare gli Sprar ed i CAS per ordine dei prefetti, senza alcun progetto di uscita e di protezione sociale, se non i servizi sociali già poveri e carenti dei comuni;
– creando nuove alleanze con i Comuni, in particolare quelli piccoli, per la diffusione di mini-Cas strutturati sullo stesso modello operativo dei precedenti SPRAR, facendo rientrare dalla finestra il cantiere dell'integrazione che il governo ha fatto uscire dalla porta.
Un grande aiuto in tal senso potrebbe arrivare dalle Fondazioni Bancarie e dalle Fondazioni di Comunità presenti nelle diverse province italiane, con progetti ad hoc per sostenere i percorsi critici. ;
– alleando tutti giuristi impegnati a favore dei processi di accoglienza sulla preparazione delle domande dei cosiddetti "casi speciali" previsti dal Decreto, tra i quali rientrano i rifugiati climatici, cioè circa 157 milioni di persone secondo lo studio ENEA e dell'agenzia OIM dell'ONU.
A medio termine sarebbe fortemente auspicabile un dialogo nazionale unitario della società civile per una campagna referendaria che in caso di promulgazione della legge da parte del presidente Mattarella ne chieda l'abrogazione.
La campagna referendaria avrebbe un valore in sè a prescindere dal risultato, avrebbe il valore di unire tutte le forze non rappresentate dalla posizione dell'ultra destra di Salvini, che ricordiamolo non ha vinto le elezioni, per mettere al centro dell'attenzione non tanto e non solo i migliori sistemi di accoglienza, quanto i temi della pace e del dialogo tra i popoli, la lotta alla fabbricazione di armi in Italia, l'idea di un'Italia leader della civiltà Mediterranea e non cane da guardia contro gli ultimi della terra in difesa dei poteri forti del gas.Un'Italia che ha ancora come fari nel suo cammino i diritti universali degli uomini e delle donne ed i principi fondamentali della sua costituzione.
* L'autore, Angelo Moretti è direttore del Consorzio "Sale della Terra"
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