Welfare
Matilde, judoka sordocieca: «è la società che ci rende disabili, non lo siamo noi»
In Italia l'approccio alla disabilità continua ad essere medico-sanitario. Inclusione sociale, autodeterminazione, autonomia, un cambiamento culturale per andare oltre l’handicap e vedere la disabilità come una condizione che può essere superata se supportata da un ambiente favorevole: è questo l’impegno della Lega del Filo d’Oro
Matilde combatte sul tatami. Non vede e non sente, segue il suo intuito. Matilde ha 50 anni, è madre di tre figli – Paola, Marco e l’ultimo, Gabriele, che ha 5 anni e di cui la mamma non ha mai visto il volto, perché quando è rimasta incinta era già completamente cieca – è un’atleta che ha vinto tante medaglie e anche un’insegnante di judo a Napoli. «Ora so che non esistono giocatori di serie A e B nello sport, qualsiasi sport fa uscire il meglio di una persona. Fare sport mi libera da ansie e depressioni e mi aiuta a vivere senza pietismo e compassione da parte della società», afferma. «Per me oggi l’indipendenza è tutto, dico sempre fatemi morire per strada ma non in un letto. Io ho bisogno di credere in me stessa prima di credere negli altri».
Matilde è ipovedente dall’età di 3 anni, per via di una miopia maligna, ed è diventata completamente cieca al secondo anno di università. Quattro anni fa, «dopo tutta la fatica fatta per imparare a vivere al buio», ha iniziato a perdere anche l’udito: «alla cecità mi ero rassegnata, ma alla sordità proprio no, abbassare il volume della vita è innaturale, insopportabile». Matilde è una donna sordocieca, come altre 189mila persone in Italia. Persone che per le loro difficoltà sensoriali ancora oggi sono spesso “tagliate fuori” dalla società, a dispetto dei loro diritti.
«Quando ero ipovedente non è stato semplice fare la mamma, ma alla fine tutto è andato bene. Poi però, quando sono diventata completamente cieca, ho avuto enormi disagi», racconta Matilde. Non tanto nella gestione della vita quotidiana della sua famiglia, «quanto per le incomprensioni scaturite con la società, che non capisce realmente ciò che avviene nelle famiglie che hanno persone con disabilità». Ad esempio sua figlia Paola, che oggi ha 22 anni ed è una studentessa universitaria, ha avuto un crollo psicologico quando la madre è diventata completamente cieca: «ma i professori pensavano che lei usasse i miei problemi come alibi. Inoltre, spesso, non sono stata aiutata nel mio diritto di partecipare attivamente alle riunioni, nelle scuole non c’è nessun supporto a livello di LIS e la LIS tattile per permettere alle mamme disabili di partecipare».
E ancora Matilde ricorda quella sua prima gara da atleta sordocieca: «è stata tremenda, poiché l’arbitro non sapendo della mia situazione, mi allontanò dal tatami perché non mi fermavo. Ho dovuto denunciare l’accaduto alla Federazione Sportiva e sono riuscita così ad ottenere l’assegnazione di un arbitro per sordociechi». O racconta di una sua amica completamente cieca, che in fase di separazione, con un figlio, ha dovuto combattere contro il Tribunale che ha provato a farle decadere la patria potestà proprio perché cieca. «Una donna con problemi sensoriali», confida Matilde, «si confronta continuamente con sfide come l’autonomia personale, l’inserimento nel mondo del lavoro, la famiglia, la maternità e la separazione/divorzio… Purtroppo anche nel terzo millennio sono sfide ancora molto difficili da “affrontare” a causa dei muri costruiti dalla società». Per Matilde le vittorie, le medaglie, i suoi allievi dell’Istituto Colosimo di Napoli… sono «la rivincita di una vita faticosa, la vita di una donna che non si arrende mai. Lo sport mi ha dato tanto, soprattutto mi ha permesso di ottenere una rivincita nei confronti della società: è la società che ci rende disabili, non lo siamo noi».
Una donna con problemi sensoriali si confronta continuamente con sfide come l’autonomia personale, l’inserimento nel mondo del lavoro, la famiglia, la maternità e la separazione/divorzio… Purtroppo anche nel terzo millennio sono sfide ancora molto difficili da “affrontare” a causa dei muri costruiti dalla società
Matilde, donna con sordocecità
La Lega del Filo d’Oro per Matilde è «una seconda famiglia. Mi sento supportata dall’equipe della Sede di Napoli, sia emotivamente che nel rapporto con gli enti sul territorio. Sono molto più serena perché da quando ho conosciuto questa realtà mi sento viva grazie anche ai nuovi sistemi comunicativi come il Malossi e LIS tattile. Nel dicembre scorso ho seguito il trattamento al Centro Diagnostico di Osimo, mentre la sede di Napoli mi ha dato la possibilità di fare una valutazione di orientamento e mobilità. A Napoli, partecipo alle attività di socializzazione e al laboratorio di attività occupazionale della "Lega" una volta a settimana. Sono felice perché non avrei mai immaginato di riuscire a realizzare un cestino o di intrecciare i ferri per realizzare cappelli e sciarpe. Stare a contatto con i miei amici sordociechi mi fa sentire a mio agio perché con loro mi sento veramente me stessa; lavoriamo, scherziamo e ci divertiamo. Grazie a loro sto imparando ad accettare e a convivere con la mia patologia».
Le parole di Matilde si alzano forti in occasione della 25° Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, che si celebra il 3 dicembre. «In Italia siamo ancora lontani da una cultura della disabilità che sia inclusiva in tutti gli ambiti della vita», le fa eco Francesco Mercurio, 37 anni, cieco dalla nascita e sordo da quando ha 10 anni. Si è laureato in giurisprudenza, vive da solo, lavora ed è Presidente del Comitato delle Persone sordocieche della Lega del Filo d’Oro. «È la società che ci rende disabili, non lo siamo noi. Nessuno oggi, in Italia, entrando in una casa si chiede se c’è l’acqua o la corrente elettrica: lo diamo per scontato. Vorrei che questo avvenisse anche per le rampe di accesso agli edifici, per i segnali sonori agli attraversamenti stradali, per la lingua dei segni nei programmi tv: una cosa del tutto normale. Tutto può diventare normale. Auspico che un giorno ovunque – nelle case, negli edifici, per le strade, in Tv e sui giornali – siano già previsti gli ausili e gli accorgimenti che ne garantiscono la piena fruibilità e accessibilità anche alle persone con disabilità fisiche e sensoriali». Quello di Francesco non è un sogno da sognare un giorno all’anno. La sua è la consapevolezza della necessità di una «rivoluzione gentile, basata sui principi della nostra Costituzione e sulla Convenzione Onu sui Diritti delle Persone con disabilità, ratificata dall’Italia con la legge 18/09», per provare a immaginare e costruire un mondo migliore, più accessibile, che ci veda protagonisti alla pari degli altri nella società», aveva già spiegato in occasione della 8^ Conferenza Nazionale delle Persone Sordocieche. «Quello che tutti desideriamo cambiare è il paradigma che ci immagina parte passiva della società. Dobbiamo rivendicare il diritto e il dovere delle persone sordocieche a partecipare fattivamente, alla pari con gli altri, alla costruzione del mondo che ciascuno – sordocieco e non – vorrebbe. Perché sono i “vorrei” di ciascuno di noi che, interagendo, realizzeranno il mondo che verrà».
È la società che ci rende disabili, non lo siamo noi. Nessuno oggi, in Italia, entrando in una casa si chiede se c’è l’acqua o la corrente elettrica: lo diamo per scontato. Vorrei che questo avvenisse anche per le rampe di accesso agli edifici, per i segnali sonori agli attraversamenti stradali, per la lingua dei segni nei programmi tv: una cosa del tutto normale.
Francesco Mercurio, Presidente del Comitato delle Persone Sordocieche della Lega del Filo d’Oro
In Italia infatti, benché stiamo per celebrare i dieci anni dalla ratifica della Convenzione Onu come legge dello Stato, relativamente alla disabilità si continua ad avere un approccio più strettamente medico-sanitario e non si considera ancora del tutto il condizionamento e l’impatto che può avere il contesto sulla disabilità stessa. «La condizione di disabilità nella Convenzione Onu e non solo viene ricondotta all'esistenza di barriere di varia natura, che possono essere di ostacolo al diritto di partecipazione in modo pieno ed effettivo alla società per quanti hanno minorazioni fisiche, mentali o sensoriali», afferma il Presidente della Lega del Filo d’Oro, Rossano Bartoli. «In occasione di questa Giornata vogliamo sottolineare il diritto all’inclusione nella società delle persone con disabilità, che dovrebbe essere agevolato attraverso interventi, servizi e ausili atti a sperimentare condizioni di vita migliori e maggiore livello di partecipazione sociale. Un primo passo a livello normativo si potrebbe compiere con la piena attuazione della legge 107/2010 che riconosce la sordocecità come una disabilità unica e specifica, come già stabilito dal 2004 in sede europea».
In occasione di questa Giornata vogliamo sottolineare il diritto all’inclusione nella società delle persone con disabilità, che dovrebbe essere agevolato attraverso interventi, servizi e ausili atti a sperimentare condizioni di vita migliori e maggiore livello di partecipazione sociale.
Rossano Bartoli, presidente della Lega del Filo d’Oro
Inclusione sociale, autodeterminazione e autonomia per le persone con disabilità. Di più, un vero e proprio cambiamento culturale per andare oltre l’handicap e vedere la disabilità come una condizione che può essere superata se supportata da un contesto e un ambiente favorevoli: è questo l’impegno della Lega del Filo d’Oro – che da oltre cinquant’anni si prende cura delle persone sordocieche e pluriminorate psicosensoriali e delle loro famiglie – per il futuro.
Foto di Settimio Benedusi
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