Cultura

Biologico: biotech all’attacco

Studiosi contro l'agricoltura naturale: «Fa venire il cancro». Vizioli (Aiab): «Al soldo delle multinazionali»

di Giampaolo Cerri

Biotech all?attacco dell?agricoltura biologica. Frustrati dai limiti posti alle biotecnologie in agricoltrua, alcuni studiosi sembrano prendere di punta l?agricoltura naturale. Lo hanno fatto ieri alla preseintazione di una rapporto su ?Agribiotecnologie nei media italiani?, curato dall?Osservatorio di Pavia, due ricercatori Roberto Defez, biotecnologo del Cnr, e Franceso Sala dell?Università di Milano. Defez ha parlato di “Un grande business”, una pratica agricola “assolutamente egoista, da paese ricco che vuole un cibo sofisticato”: un attacco in piena regola al biologico. Francesco Sala, membro del “comitato per la sicureza delle biotecnologie” della presidenza del consiglio, rilancia con un’accusa precisa: “Non darei mai ai miei nipoti del riso o della polenta fatta con grano biologico, si tratta di prodotti che possono essere attaccati dai funghi sviluppare aflatossine che, a distanza di 15 anni, possono fare insorgere il cancro”. Insomma, si sgretolano tutte le convinzioni che hanno fatto conquistare ai prodotti biologici la fiducia dei consumatori? Innanzitutto, spiega ancora Defez, “si tratta di una pratica agricola egoista, che interviene pesantemente sull’ambiente: quello che puo’ essere coltivato con l’agricoltura tradizionale in un campo, ha bisogno di uno spazio quattro volte maggiore se il metodo di coltivazione è biologico: e allora giu’ a tagliare alberi e boschi”. Il biologico, accusa Defez nella sua filippica contro questa pratica agricola, è “da paesi ricchi che vogliono cibi sofisticati: basti pensare che il codice di agricoltura biologica dice che su ogni ettaro di terreno ci possono essere al massimo due mucche o due cavalli, ma insomma…”. Ma, al di là di quante bestie possano pascolare su un ettaro di terreno, la discussione sul biologico avvenuta stamattina si è focalizzata anche su un problema di non poco conto. secondo il professore Francesco Sala, le biocolture, almeno alcune come riso o grano e in generale le graminacee, sarebbero da evitare. si tratta di piante sensibili all’attacco di funghi, spiega sala, una pianta malata puo’ sviluppare le aflattossine, sostanze che “magari a distanza di 15 anni fanno insorgere il cancro: insomma, io vigilero’ attentamente perché i miei nipoti non mangino mai ad una mensa scolastica biologica”. Ma non è tutto. Sempre tirando in ballo la parentela, Defez ammette di preferire “per i miei figli, ad una mela coltivata tradizionalmente (cioè con circa 24 trattamenti di pesticidi prima di arrivare sui banchi del mercato) una mela geneticamente modificata che, al contrario, subisce il 70-80% in meno di trattamenti con fitofarmaci”. Se poi i detrattori degli ogm, tiene e sottolineare Defez in conclusione, tornano alla carica con la storia della tipicità che si perde, dei sapori tradizionali italiani minacciati dall’omologazione delle biotecnologie “sapete che rispondo? che attualmente, l’unico modo per salvare il pomodoro san marzano (che, ormai nel napoletano, viene coltivato in quantità pari ad un cinquantesimo di quanto si faceva 20 anni fa a causa di due parassiti killer) è quello di intervenire con l’ingegneria genetica”. La replica degli agricoltroi bilogici non si è fatta attendere. Ci ha pensato Vincenzo Vizioli, presidente Aiab, ad andare al contrattacco e difendere le biocolture. Che va giù duro: ?Più che professori, queste persone sembrano persone al libro paga delle multinazionali?. Non si puo’ dire nel modo piu’ categorico, spiega Vizioli, che il biologico comporti “un rischio cancro”. È vero, sottolinea, che le aflatossine comportino grossi guai per la salute umana, ma non si tratta “di un problema dell’agricoltura biologica, ma di tutte le pratiche agricole”. Insomma, i bio-cereali hanno le stesse probabilità di essere attaccati dai funghi e di sviluppare le tossine in questione dei prodotti dell’agricoltura tradizionale. “Anzi, queste sostanze – tiene a precisare Vizioli – si sviluppano maggiormente in presenza di nitrati e quando c’è una monosuccesione (cioè quando lo stesso terreno viene coltivato con un prodotto per molti anni): due situazioni che non sono contemplate dall’agricoltura biologica”. Inoltre, le aflatossine possono svilupparsi anche nella fase di immagazzinamento delle granaglie, specialmente se sporche e particolarmente umide. Sempre rispondendo alle critiche mosse al biologico, il presidente dell’AIAB tiene a precisare a quanti sostengono che per le biocolture ci siano pochi controlli: “niente di piu’ falso, la regolamentazione comunitaria del settore ha piu’ di 10 anni e prevede controlli seri ed articolati fatti non da noi, ma da terzi quindi assolutamente obbiettivi”. Il biotecnologo del CNR Roberto Defez ha definito l’agricoltura biologica “una pratica egoista, per paesi ricchi che vogliono cibo sofisticato”. Se “ancora non abbiamo capito il valore del produrre cibi sani e buoni- spiega Vizioli- possiamo star qui a discutere su tutto. insomma, se per cibo sano si intende cibo sofisticato…”. Non “mi sembra, poi, che la bioagricoltura abbia un negativo impatto ambientale come sostiene Defez: uno studio tedesco (pubblicato su “ecologia e agricoltura”) dimostra che gli agricoltori ecologisti hanno bisogno di un quantitativo energetico per ogni ettaro tre volte inferiore a quello necessario agli agricoltori tradizionali”. Francesco Sala ha tenuto a precisare che da nonno non permetterebbe mai ai suoi nipoti di mangiare in una mensa biologica. “Credo che vada assolutamente in controtendenza: moltissimi pediatri, ad esempio, consigliano ai genitori di bimbi che soffrono di allergie alimentari di acquistare prodotti biologici, qualcosa vorrà dire?”.


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