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Questa riforma lunga cinque anni.

Per l' Arci l' ostruzionismo dei ministeri che vogliono perdere potere . Le ong chiedono il rispetto della legge49/87 e si preparano a dar battaglia .

di Paolo Giovannelli

Riprendono i lavori parlamentari e riparte il dibattito sulla riforma della cooperazione italiana allo sviluppo. Con una polemica. Stavolta l?associazione che per prima lancia il sasso nello stagno è l?Arci, su un argomento che ?Vita? ha già sollevato in passato. «La riforma della cooperazione è ostacolata dalle burocrazie ministeriali», affermano all?unisono il presidente nazionale dell?Arci, Tom Benetollo, e il presidente dell?Arcs, Giampiero Rasimelli. «Perché temono la riduzione dei loro poteri tradizionalmente consolidati, che non sanno riconvertire nell?inevitabile processo di riforma strutturale della cooperazione, oggi interesse del Paese e della politica estera italiana». Le associazioni italiane di volontariato internazionale intravedono nubi all?orizzonte, che potrebbero anche addensarsi con l?avvicinarsi della prossima legge Finanziaria. Puzza di bruciato, piccole avvisaglie di guai, schermaglie a distanza per ora comprensibili solo agli addetti ai lavori. L?improvvisa brezza autunnale che sta alzandosi sulla riforma della cooperazione allo sviluppo (eredità dei governi Berlusconi, Dini, Prodi lasciata oggi a quello D?Alema), e soprattutto sul preventivato rilancio di quella non governativa, già non piace alle ong, pronte a difendersi da future possibili trombe d?aria. Il presidente dell?Arcs (la ong dell?Arci), Giampiero Rasimelli, specifica meglio il significato del ?j?accuse?? lanciato. «Nel recente dibattito parlamentare sono emerse troppe difficoltà», spiega. «Da quelle incontrate nel lavoro in commissione, alle perplessità sollevate all?ultimo momento sulla costituzione dell?Agenzia all?interno della Farnesina, alle notizie di riunioni svoltesi a vari livelli allo stesso ministero. Dove sono preoccupati dal fatto che l?attività di cooperazione allo sviluppo, delegata nella sua parte gestionale alla cosiddetta Agenzia, sia spostata ?troppo fuori? dal ministero sfuggendo così al controllo della burocrazia del dicastero. Di riflesso, le posizioni politiche sono subito apparse chiare nel momento in cui il dibattito sulla riforma è passato dalla commissione all?aula del Senato: alcuni schieramenti politici hanno infatti realizzato che, in questo momento, esiste davvero la possibilità di riformare la cooperazione italiana. In particolare, credo che a temere ciò sia soprattutto Forza Italia». A Palazzo Madama, per bocca del senatore Enrico Pianetta, il partito del Cavaliere appare infatti tirare le redini. Pianetta afferma: «La complessità del testo della legge di riforma della cooperazione e la farraginosità dei meccanismi individuati, rendono lo stesso testo inemendabile perché contiene tutto e il contrario di tutto». E conclude arringando i suoi colleghi senatori: «Bisogna ridiscutere in dettaglio, ex novo, l?intero testo. Propongo che non si passi all?esame degli articoli ma che il testo sia rinviato in commissione». Pianetta sembra voler difendere soprattutto il ruolo della classe diplomatica della Farnesina e, ricordando che è in gioco l?essenza di un?importante funzione di politica estera espressione della nazione nei suoi rapporti internazionali, fa poi notare ai colleghi parlamentari: «Il fatto di istituire un proprio ufficio nei Paesi in via di sviluppo da parte dell?Agenzia collide e crea disfunzioni nei confronti delle ambasciate. Lo abbiamo verificato quando la commissione Esteri del Senato si è recentemente recata in Albania. Dove abbiamo notato il conflitto e l?incapacità a porre in essere un?efficace gestione, nel momento in cui vi sono troppi soggetti che compartecipano ad essa». Anche il senatore Francesco Servello, di Alleanza nazionale, si dichiara preoccupato della mancanza di un ruolo di controllo da parte del ministero degli Affari Esteri sull?attività di cooperazione allo sviluppo, come delineata nel testo di riforma in esame. A queste posizioni non tardano reazioni decise. Timori sulle conseguenze di inspiegabili allarmi del tipo ?volontari e cooperanti: qui-è-tutto-da-rifare!? vengono subito espressi dal presidente dell?Associazione degli operatori di cooperazione allo sviluppo (AdOcs), Eduardo Missoni: «Lasciata la strada maestra della riforma, ossia quella del ddl ?trasversale? di cui il senatore Stefano Boco (poi divenuto relatore della legge, ndr) era il primo firmatario, i lavori in commissione sono andati troppo a rilento». Continua Missoni: «Ora di fronte all?avvio non esaltante della discussione nell?aula del Senato, aumenta questa nostra paura, sia rispetto alle vere finalità della nuova cooperazione allo sviluppo, per noi da conservare immutate rispetto alle idealità espresse nella legge 49/87, sia rispetto alla reale autonomia della futura Agenzia» Ma dall?Arci non demordono e rilanciano il dibattito. Ma per prima cosa però, il presidente nazionale Tom Benetollo tiene a specificare: «Il nostro bersaglio non è il sottosegretario delegato alla cooperazione, Rino Serri». E, quando si giunge a valutare il ?punto dolente? dell?Agenzia, aggiunge: «Dietro l?etichetta deve esserci il contenuto, ossia una struttura di gestione della nuova cooperazione italiana improntata a criteri di efficienza, di qualità e che soprattutto sia in grado di valutare in maniera imparziale il lavoro di tutti. Con occhio attento alla cooperazione decentrata».


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