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Decreto sicurezza. Morcone (CIR): «Nei prossimi 4 anni non avremo nuovi cittadini»

Nel decreto sicurezza viene previsto che, dalla data di richiesta, passeranno 4 anni prima del rilascio della cittadinanza italiana agli aventi diritto. In pratica, il blocco per tutta la legislatura in corso. Il tema della sicurezza usato per un'abile manovra politica. Con quali conseguenze?

di Marco Dotti

L’uso incorso di chiamarlo “Decreto Salvini” non deve farci dimenticare che sono molte le responsabilità sul decreto legge 4 ottobre 2018, n. 113, C’è quella del Governo, ovviamente quella del Ministro degli Interni che ne è parte. E c’è quella del Capo dello Stato che, pur nel suo ruolo di garante, un ruolo attivo ce l’ha. E c’è quella del Parlamento.

Il decreto, conosciuto anche come “Sicurezza”, pone più problemi di quanti non pretenda di risolverne. Prendiamone uno: la cittadinanza.

Ne ha parlato ieri Mario Morcone, già prefetto capo del Viminale, dagli anni di Giuliano Amato al Minnitii, oggi direttore del Consiglio Italiano dei Rifugiati (CIR).

In un incontro all'Abbazia di Mirasole, senza polemiche ma con uno sguardo di sicura prospettiva sul passato e sul – probabile – futuro, il prefetto Morcone ha ricordato come sul finire della scorsa legislatura sembrava che il precedente Governo volesse in tutti i modo far passare il cosiddetto jus soli. Non ce l’ha fatta. La questione, dunque, è stata aperta e aperta è stata lasciata.

Ora il Decreto “Sicurezza” mette più che una pezza, un macigno sulla questione. L'articolo 14 introduce un istituto alquanto ambiguo: la revoca della cittadinanza. La Corte Costituzionale, sicuramente, interverrà. Ma visto i tempi, non avremo pronunciamenti prima di due anni: hi fa calcoli politici lo sa.


C’è però un doppio aspetto, poco considerato, su cui si è soffermato da tecnico Mario Morcone.

Primo aspetto: la nuova strada per ottenere la cittadinanza è lastricata di burocrazia. Nei fatti: sarà impossibile. Dalla data della presentazione della domanda,l'articolo 14 decreto "Sicurezza" prevede debbano passare 48 mesi. Detto altrimenti: 4 anni. Detto ancora altrimenti: una legislatura. Si prevede, quindi, che per l'intera legistlatura vi sarà un blocco nella concessione delle cittadinanze agli aventi diritto. Solo un caso?

Ma c'è anche altro. Sempre all'articolo 14, nel maxi emendamento della maggioranza presentato alla Camera si cita il comma 2 che recita così: dopo «il comma 2 è inserito il seguente: il termine per il rilascio degli estratti e dei certificati di stato civile occorrenti ai fini del riconoscimento della cittadinanza italiana è stabilito in sei mesi dalla data di presentazione della richiestada parte di persone in possesso di cittadinanza straniera».

Una norma assolutamente discriminante e fuorviante, che istituzionalizza i cronici ritardi della burocrazia. Li rende norma, prevedendo 6 mesi per il rilascio di un certificato di stato civile.

Si tratta, osserva Morcone, di una vera e propria svolta culturale rispetto alle politiche che hanno sempre caratterizzato il nostro Paese, garantendogli una relativa sicurezza rispetto alla radicalizzazione del rancore vissuta nel resto d'Europa. Presto, però, le cose potrebbero cambiare. Non certo in meglio.

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