Mondo
M.O. primi terribili racconti da Jenin
Le ong palestinesi e israeliane concordi, un mattatoio e gravi violazioni al diritto internazionale
di Paul Ricard
Per due giorni ha nutrito figlia con il suo sputo. Non aveva altro da darle, nel campo profughi di Jenin, nel nord della Cisgiordania, da una settimana tempestato dai missili degli elicotteri Apache, distrutto dai carri armati, mentre imperversava la più violenta battaglia di questa guerra, in cui sono morti anche 13 israeliani. La donna, che non ha voluto dare il suo nome, è riuscita a salvarsi con la bambina e a raggiungere la città di Jenin, assediata dalle forze armate, chiusa a testimoni indipendenti. Gli stessi israeliani confermano di essere stati colti di sorpresa dalla determinazione della resistenza palestinese. Tredici soldati, tutti riservisti, sono morti e nove sono rimasti feriti nella deflagrazione di una delle molte abitazioni del campo profughi imbottite di esplosivi. Kamikaze si aggirano per il campo pronti al ‘martirio’ contro gli israeliani. La situazione è grave al punto che lo stesso ministro della difesa Benyamin Ben Eliezer si è recato ieri nella zona delle operazioni. Il ministro degli esteri Shimon Peres ha detto che i palestinesi cercheranno di rappresentare la battaglia di Jenin come una ”strage” di civili. Jenin è ormai paragonata a Masada, la cittadina fortificata vicino al Mar morto, distrutta nel primo secolo dell’era cristiana dai suoi circa 900 abitanti zeloti che preferirono far saltare in aria le case e uccidersi piuttosto di consegnarsi ai 15.000 romani assedianti. Nel campo, dicono i palestinesi, gli uomini sono pronti a combattere fino all’ultimo, come a Masada. Un’organizzazione per i diritti umani palestinese ‘Law’ parla di almeno 150 morti. Gli israeliani hanno fatto centinaia di prigionieri, inviati nel campo militare di Salem, dove sono rimasti per due o tre giorni, senza cibo o acqua, a volte spogliati, riferiscono i rilasciati che hanno raggiunto il villaggio di Rummana, sulla ‘linea verde’ di confine tra Israele e Palestina, sotto amministrazione israeliana. ”Sono 294 quelli finora arrivati da Salem, a piedi, molti scalzi, di ogni eta”’, dice il dottor Faruk Al Ahmed, un dentista che cerca come può di aiutare i feriti. ”Ne abbiamo una quindicina, due in gravi condizioni che avrebbero bisogno di un intervento chirurgico – spiega il medico – sono stati picchiati con fucili e bastoni e presi a calci”. Ai giornalisti è proibito l’accesso alla ‘zona di guerra’ e non è quindi possibile verificare le testimonianze. Nell’ospedale Al Razi di Jenin, il dottor Ziad Al Isa non dorme da otto giorni, i bombardamenti non danno tregua. La Croce rossa internazionale è riuscita oggi dopo ore di attesa ad avere il permesso per consegnare dei medicinali, ma manca l’elettricita’. Il coprifuoco è imposto su tutta la città, le ambulanze non possono circolare, le donne con le doglie arrivano a piedi all’ospedale rischiando di essere uccise dai cecchini: sei bimbi sono nati in questo periodo. L’altro ieri l’ospedale ha dovuto effettuare un intervento neurochirurgico ad un ferito colpito alla testa da una pallottola, basandosi sulle istruzioni date per telefono da un medico australiano a Gerusalemme, riferisce la portavoce della Croce rossa internazionale Jessica Barry. L’uomo, ha detto il dottor Al Isa, ha superato l’operazione, ma ha una gamba spezzata in due da un altro proiettile, che dovrebbe essere amputata. Jessica Montel, direttrice dell’organizzazione per i diritti umani israeliana B’Tselem dice che ”nessuno sa ora il numero esatto dei morti nel campo di Jenin, ma sappiamo di cadaveri abbandonati per le strade”. Nel campo, dove ci sono ancora migliaia di persone, forse dodicimila, le scorte alimentari sono finite e manca completamente l’acqua. Le autorità militari israeliane hanno impedito ieri l’accesso di un convoglio umanitario allestito dall’Agenzia delle Nazioni Unite per l’assistenza ai rifugiati palestinesi (Unrwa) al campo, ha denunciato il portavoce dell’Unrwa, René Aquarone. Il convoglio carico di generi alimentari, forniture sanitarie, tende e coperte, è arrivato all’ospedale centrale della città dove è stato bloccato. Secondo il portavoce, ieri fra 300 e 400 donne, bambini e persone anziane sono state costrette a lasciare le loro abitazioni nel campo profughi e si sono rifugiate nella sede della municipalità di Jenin, mentre le forze israeliane effettuavano rastrellamenti, arrestando centinaia di uomini. Sempre ieri, ha riferito ancora Aquarone, militari hanno aperto il fuoco contro un’autoambulanza che era stata autorizzata ad entrare nel campo, distruggendola.
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