Salute

All’ultimo sangue. Il giallo della riforma bloccata

Donatori allarmati contro il no di Sirchia. Attesa da 5 anni la riforma dei sistemi tarsfusionali incontra il no del ministro della salute e la protesta delle associazioni

di Benedetta Verrini

L?emergenza sangue in Italia è sempre dietro l?angolo» dice Sergio Casartelli, presidente dell?Avis di Milano. «Il bisogno cresce ogni anno dal 4 al 7 per cento. Aumentano i centri d?eccellenza per il trapianto e la cardiochirurgia, ma il sistema che sorregge tutto questo, la donazione del sangue, ha sempre più il fiato corto». Forse non le conta più le volte in cui ha denunciato l?urgenza di una riforma del sistema trasfusionale. Per lui e per tutti i responsabili delle associazioni, che da anni sono in prima linea, questa è una faccenda giunta a una soglia critica. Perché alla metà di gennaio il collasso è arrivato proprio nella città con la più alta concentrazione di cardiochirurgie al mondo, Milano, dove l?ospedale Niguarda ha alzato bandiera bianca: 37 interventi cancellati a causa della mancanza di sangue. Nonostante un bacino di un milione e 200mila donatori, nonostante un buon incremento della donazione nel Sud, in Italia ci sono ancora regioni in carenza cronica di sangue e altre, che storicamente garantivano loro un approvvigionamento, con sempre meno sacche in esubero. Il ?fiato corto? del sistema-sangue non smette di invocare un nuovo quadro normativo e il rilancio dell?autosufficienza. Voltafaccia del governo La svolta stava arrivando due settimane fa, nelle aule del Senato, dove un testo di legge unificato e coordinato dal senatore Antonio Tomassini, di Forza Italia, doveva ottenere il via libera grazie alla richiesta di votazione in sede deliberante alla commissione Sanità. Tra i punti cardine, la revisione generale della legge 107 del 1990, la creazione di un?Agenzia nazionale del sangue con compiti di controllo e coordinamento, e l?attribuzione alle Regioni di una piena autonomia di gestione. Ma qualcosa si è inceppato: «C?è stata un?inattesa opposizione da parte del governo» commenta il senatore Francesco Carella (Verdi), «Ora temo che questo progetto, scritto assieme alle associazioni e condiviso da maggioranza e opposizione, possa bloccarsi anche in sede referente e finisca per non vedere la luce». Chi si è messo di traverso? Lo stop è arrivato dal ministro dell?Economia, Giulio Tremonti, per una non precisa valutazione economica di alcuni passaggi dell?articolato, e dallo stesso ministro Girolamo Sirchia. Tra le associazioni circola voce che il ministro abbia allo studio una sua proposta di legge sul sangue. Di impostazione molto diversa rispetto a quella elaborata dalla commissione Sanità, e orientata a una privatizzazione spinta del settore, con i donatori collegati direttamente ai centri trasfusionali o reclutati presso le industrie che si occupano della lavorazione del sangue. «A questo punto, sarebbe giusto che il governo avesse il coraggio di venire allo scoperto e di chiarire la sua posizione, perché quando poteva presentare emendamenti o un proprio disegno non l?ha fatto» prosegue Carella. «Il nostro è un ottimo testo che permette di garantire il raggiungimento dell?autosufficienza, attribuisce un ruolo di coordinamento all?Agenzia sanitaria per i servizi regionali e riconosce alle regioni nuove attribuzioni. Tra queste, anche la possibilità di fare convenzioni con aziende europee per il frazionamento di plasma italiano: una disposizione che liberalizza un mercato fino ad ora sotto il monopolio di una sola azienda farmaceutica, la Marcucci». «Non c?è nessun testo di legge alternativo allo studio del ministero» replica a Vita il ministro Sirchia. «Il no alla deliberante è dipeso soltanto da un problema di coordinamento legislativo con le Regioni. Su questa materia, lo Stato è chiamato a stendere i principi essenziali e le Regioni l?organizzazione del settore. Siccome il testo elaborato in commissione comprendeva l?uno e l?altro, e sarebbe stato bocciato dalla Conferenza Stato-Regioni, abbiamo richiesto una revisione di forma». Eppure dai lavori parlamentari risulta che la Conferenza Stato-Regioni, pur formulando questi rilievi, avrebbe dato un giudizio positivo sul merito del disegno di legge, e le correzioni richieste sono già state fatte. Pericolo nel Collegato Come se il quadro non fosse già abbastanza complesso, c?è un altro ostacolo sul cammino della riforma sangue: è un articolo del Collegato alla Finanziaria che consente di acquistare emoderivati da Paesi Ue, derivanti da plasma straniero ?certificato?. «Cosa significa? Che in Italia potrebbero arrivare, ad esempio, emoderivati da plasma raccolto in India e successivamente convalidato e lavorato in Austria, secondo sistemi di garanzia inferiori rispetto ai nostri» spiega Pasquale Colamartino, presidente nazionale dell?Avis, che è scesa in campo con le altre organizzazioni per chiedere (senza successo) lo stralcio dell?articolo. Al loro fianco anche il senatore Antonio Tomassini, che promette: «Ora che il Collegato arriverà al Senato, proseguirò questa battaglia. Se usassimo gli stessi soldi messi in conto per comprare plasma straniero per promuovere politiche di sviluppo del volontariato, si potrebbe raggiungere l?autosufficienza. Basta poco: altri 200mila donatori all?anno e 400mila donazioni in più, e negli ospedali italiani si cancellerebbe l?emergenza».


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