Non profit

Politica, Prc e i no global

Un Congresso tra vecchie logiche e slogan e l'apertura ai movimenti

di Ettore Colombo

Ma dov?era Rifondazione, nel weekend scorso, passato a Rimini tra il contestuale congresso della Grand?Oriente d’Italia, il concerto di Daniele Silvestri nel locale più trendy della città, il Gio (ma senza otto) e una Rimini desolatamente triste e vuota come solo può essere una città che vive d?estate e muore d?inverno? Già, dov?erano quelli di Rifondazione? Forse al PalaFiera, sede del quinto congresso del Prc, quello del triplice slogan ?Rifondazione, Rifondazione, Rifondazione?? Macché. Nell?enorme, desolatamente triste e curiosamente buio salone dove si svolgeva l?assise c?erano solo dirigenti e delegati (pochi, peraltro) di un partito che ci è sembrato grigio, spento. Perso nelle sue assurde dinamiche e logiche interne per le quali si fa finta di discutere di ?stalinismo? (fuori tempo massimo) e in realtà si sta decidendo se i ?grassiani? (in quanto capitanati da Claudio Grassi, tesoriere del Prc dopo Guido Cappelloni, primo tesoriere della prima Rifondazione, anche lui della componente, ma che al congresso ha avuto un malore), detti anche quelli dell?Ernesto (nel senso della rivista che dovrebbe guidare il manipolo dei custodi dell?ortodossia: tra questi, il professore Alberto Burgio), avranno o meno uno o più posti all?interno della nuova segreteria e un tot di rappresentanti nel nuovo e dimagrito comitato politico nazionale. Morale: 87% ai bertinottiani, 27% ai grassiani, 13% ai ferrandiani (che sarebbero quelli di Marco Ferrando, che altro che Stalin, vuole Trotztsky) e il 2% ai lombardi capeggiati da Gianni Gonfalonieri, uno davvero serio che ? da segretario regionale della Lombardia, la vuole davvero l?unità a sinistra. Sarà per questo che ha il 2 percento. E i no global? Mah. Sul palco è salito, venerdì pomeriggio, Vittorio Agnoletto: applausi, interviste, autografi, un momento di brivido quando ha parlato della Palestina. E poi? Più nulla. Luca Casarini, pure annunciato, non s?è visto. Francesco Caruso, della Rete no global campana, neppure. Ah già, c?era Daniele Farina, portavoce storico del Leoncavallo, ma eletto per il Prc al comune di Milano. E c?era Nunzio D?Eramo, dei centri sociali romani, ma anche lui eletto consigliere comunale a Roma. E i ?new global? di area cattolica, i moderati (Rete Lilliput, Acli, Mani Tese, Ong)? Nada de nada. Qualche ragazzo con le treccine, qualche ragazza col piercing? Sì, due. Di numero. Una coppia, con pargoletto a carico, ripresi da tutte le inquadrature tv. Appunto, due. Sit-in, stand, appelli? Nessuno. Giusto un corteo per le vie di Rimini, sabato mattina. Bel corteo: ?Sharon boia?, eccetera. Ottimo modo per dialogare con la società civile israeliana. Ah, dimenticavamo i sindacalisti, però: Giorgio Cremaschi, Maurizio Zipponi, Claudio Sabbattini e, all?apertura, anche Sergio Cofferati. Gente seria, radicale ma intelligente, che rivendica le scelte e lotte fatte contro l?attacco del Governo all?articolo 18, la grande manifestazione del 23 marzo, lo sciopero generale del 16 aprile. Poi sale su Piero Bernocchi, leader dei Cobas (scuola), ma autopromossosi sul campo ?no global? e tuona: il sindacato fa schifo, è venduto ai padroni, viva lo sciopero autorganizzato e la rivoluzione. Evviva. Bene, bravo, bis. Il cuore pansindacale e anticonfederale della platea ringrazia commosso. Del resto, Vittorio Agnoletto l?ha detto a chiare lettere, dal palco e chiunque doveva dirlo, se voleva compiacere Bertinotti: ?Senza Genova e Porto Alegre i lavoratori italiani non si sarebbero mossi e il sindacato non avrebbe indetto lo sciopero generale?. Ora, con tutto il rispetto per Genova (e per Porto Alegre), i lavoratori italiani sono ancora – e per fortuna – quelli di una volta: si muovono se vengono intaccati ed aggrediti i loro diritti essenziali. Nei secoli passati hanno fondato leghe e camere del lavoro, alla bisogna. Magari, a Bertinotti e Agnoletto, al di là di Toni Negri e Naomi Klein, bisognerebbe dare da leggere anche Filippo Turati e Arturo Labriola. Riformisti, socialisti, ma che con i contadini e gli operai ci parlavano sul serio, interpretandone valori e bisogni. A Rimini e dintorni. Meno male che, in sala e sul palco, c?era Tom Benettollo a parlare di ?cultura del fare? ed a richiamare proprio le ?Case del popolo? di ottocentesca memoria, chiedendo con forza una ?casa comune? a tutta la sinistra. Mai appello – così accorato e intelligente, nonché proveniente da un?associazione utile e solida come quella rappresentata dal suo presidente Tom Benettollo, l?Arci – fu più inascoltato nella notte dove tutte le correnti sono nere per la gran fatica di spartirsi i posti. A Rimini, dal Palafiera, sale solo il brusio delle votazioni sui padri della patria da inserire nel documento finale. Marx? S?intende. Gramsci? No, ci spiace. Lenin? Addio. Ah beh, sì beh, eh beh.


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