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Mario Giro: «In Africa ormai l’Italia c’è»

Dal Camerun, il vice ministro degli Affari esteri con delega alla cooperazione internazionale, Mario Giro, traccia un bilancio (molto positivo) della prima visita ufficiale compiuta dal Presidente Mattarella in Africa. "Il nostro paese ha un capitale di simpatia importante tra gli africani. È un'opportunità che dobbiamo cogliere".

di Joshua Massarenti

Vice ministro, in che modo gli attentati di Bruxelles vengono percepiti in Camerun e lei come reagisce a quanto è accaduto nella capitale europea?

Sono scioccati, anche per la portata simbolica del luogo in cui gli attentati sono avvenuti. Sono tutti molto preoccupati anche perché l’Africa è regolarmente colpita dagli attacchi terroristici. Al pari di molti altri paesi africani, il Camerun deve fare i conti con questa minaccia che da queste parti assume il volto di Boko Haram. Tutto questo ci fa capire quanto la sfida del terrorismo sia globale.

In che modo le autorità camerunensi intendono rispondere a questa minaccia che colpisce l’estremità nord del paese e che tipo di supporto l’Italia può offrire?

L’Italia già sostiene il Camerun attraverso la formazione delle forze di sicurezza. Non a caso la lotta contro Boko Haram è stata al cuore delle discussioni tra il Presidente Mattarella e il suo omologo camerunese, Paul Biya. Con questa visita in Camerun, l’Italia ha voluto esprimere un forte gesto di solidarietà nei confronti del delle autorità e del popolo camerunensi, vittime degli attacchi ripetuti di Boko Haram nell’estremo nord del paese.

Che bilancio possiamo fare del viaggio di Mattarella in Africa?

Molto positivo, è stata la sua prima volta in Africa, a partire da Addis Abeba, dove ha sede l’Unione Africana, e poi in Camerun dove mai un Presidente della Repubblica italiana si era recato. Ormai deve essere chiaro a tutti che l’Africa ci è molto vicina in termini geopolitici. L’Africa occidentale e il Golfo di Guinea sono la nuova frontiera rispetto a quanto accade in Nord Africa. Con questa visita ufficiale, l’Italia rafforza la sua volontà di affermare una solidarietà e una presenza fattiva sul continente africano.

Ormai deve essere chiaro a tutti che l’Africa ci è molto vicina in termini geopolitici. L’Africa occidentale e il Golfo di Guinea sono la nuova frontiera rispetto a quanto accade in Nord Africa.

Quali saranno a breve termine le prossime tappe iscrite nella sua agenda africana?

In aprile mi recherò in Senegal e in Ghana per dare seguito alle visite del Premier Matteo Renzi, poi in Tanzania, Namibia e Mozambico, dove la situazione è un pò complicata.

Quali sono le fonti di preoccupazioni in Mozambico e quale ruolo l’Italia può giocare in questa crisi?

C’è una mancanza di dialogo tra il Presidente Nyusi e il leader dell’opposizione Dhlakama e l’aumento delle violenze in un paese dove il ruolo dell’Italia è tradizionalmente molto importante, special modo attraverso la mediazione condotta dalla Comunità di Sant’Egidio e il ruolo del governo italiano che hanno permesso al Mozambico di ritrovare la pace nel 1992. E’ importantissimo che questo paese, a cui la pace ha tanto giovato, non torni in una spirale di violenza negativa. Le tensioni attuali sono fonti di forte preoccupazione, sia per lo Stato che per la società civile italiana.

L’Italia ha quindi un ruolo di primo piano nelle discussioni tra governo e opposizione?

Certamente, sia sul piano diplomatico che su quello politico e sociale. Il Mozambico è un partner importantissimo per il nostro paese. Speriamo che sia giunto il momento della ragionevolezza.

Durante il suo viaggio in Etiopia, il Presidente Mattarella ha incontrato dei partigiani etiopi che hanno lottato contro l’occupazione italiana. Quanto è importante la memoria nelle relazioni che oggi l’Italia vuole sviluppare con l’Africa, in particolar modo con le ex colonie?

Le relazioni tra l’Italia e i paesi africani sono complessivamente molto buone, anche con paesi come l’Etiopia che sono stati da noi colonizzati, seppure brevemente. In Etiopia non c’è astio nei nostri confronti e non c’è mai stato, almeno non dalla nascita della Repubblica italiana. Aver incontrato questi partigiani etiopi va interpretato anche come un segno di confermata amicizia tra l’Italia e l’Etiopia. Oltre ai cittadini etiopi, debbo dire che i popoli africani nel loro insieme hanno un buon giudizio del nostro paese.

L’Etiopia è un paese strategico nel contrasto contro l’immigrazione irregolare nel Corno d’Africa. Che impegni sono state presi con le autorità etiopi?

Dopo il Summit UE-Africa sulle migrazioni di La Valletta, l’Italia è il paese europeo maggiormente impegnato sul processo di Khartum. In Etiopia sosterremo una serie di progetti nell’ambito del Fondo fiduciario UE per l’Africa. Bisogna sfruttare questa opportunità per portare avanti inziative in grado di contribuire alla crescita del continente africano. Non c’è tempo da perdere.


In aprile mi recherò in Senegal e in Ghana per dare seguito alle visite del Premier Matteo Renzi, poi in Tanzania, Namibia e Mozambico, dove la situazione è un pò complicata.

In che modo gli etiopi percepiscono il processo di Khartum e il Fondo fiduciario stabilito dalla Commissione europea e dagli Stati Membri?

L’Etiopia si sente un partner fondamentale dell’Europa, sia per la stabilità di una regione molto fragile come quella del Corno d’Africa, che per lo sviluppo e la cultura. Nei processi che sono stati lanciati negli ultimi anni, Addis Abeba vede delle opportunità che possono avere ricadute positive in un paese molto vasto, che conta quasi 100 milioni di abitanti e dove una delle sfide principali rimane quella di rafforzare i legami tra le regioni etiopi.

Durante l’incontro che Mattarella ha avuto con Dlamini-Zuma, la presidente della Commissione dell’Unione Africana ha dichiarato che “l’Italia può essere l’ambasciatore dell’Africa nell’Unione Europea”. E’ un bel mandato…

L’Unione Africana, che si è costruita sul modello dell’Unione Europea in questi anni, intende giocare un ruolo di primo piano su un continente come quello africano che sappiamo molto variegato, così come lo è l’Europa. L’auspicio del presidente della Commissione dell’UA è di trovare nell’Italia un partner che sia molto vicino alla loro sensibilità, rispettoso e al contempo pronto ad adottare e implementare delle strategie comuni.

Di fronte ai fenomeni migratori che coinvolgono l’Europa, i paesi europei hanno optato per la chiusura e l’innalzamento di barriere e fili spinati. Come reagiscono gli africani a questa chiusura?

Intanto I primi ad essere preoccupati siamo noi. Sulla riva opposta del Mediterraneo gli africani si stanno rendendo conto che è necessaria una risposta comune a questo problema, nonché all’instabilità e al terrorismo.

L’Italia ambisce ad occupare un seggio di rappresentante non permanente del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite nel 2017. In che misura il governo può contare sull’appoggio degli africani?

L’Africa conta una cinquantina di Stati, che sono tanti. Di sicuro, abbiamo un credito di simpatia molto grande, soprattutto in seguito alle operazioni di soccorso che l’Italia ha svolto nel Mediterraneo per salvare vite umane. Ovunque ci rechiamo, ci viene sempre ripetuto. E non solo in Africa.

Con il Consiglio nazionale si lavora a stretto contatto, anche perché tra i gruppi di lavoro di questo Consiglio, ce n’è uno proprio dedicato alla programmazione della cooperazione allo sviluppo.

Vice ministro, a breve dovrebbe uscire un aggiornamento del documento di programmazione triennale pubblicato nel 2015. Lo scorso anno il documento era molto descrittivo, eppure di cifre se ne erano viste poche sui finanziamenti. Ci saranno novità?

Qualche cambiamento naturalmente ci sarà. Intanto perché la riforma non era ancora stata implementata. A questo si aggiungono l’adozione degli SDGs, il partenariato pubblico-privato, il blending, il ruolo della Cassa Depositi e Prestiti e del settore privato nel suo insieme, Expo 2015, COP 21, insomma ci sono state molto novità. Sulle cifre, i fondi sono stati già indicati, sia in termini di aumento generale che a livello settoriale. Ci sarà sicuramente un’attenzione particolare ai paesi prioritari della programmazione.

Quando questa programmazione verrà pubblicata?

I lavori sono ancora in corso.

In che misura il Consiglio nazionale per la cooperazione allo sviluppo è coinvolto nell’elaborazione del nuovo documento di programmazione?

Con il Consiglio nazionale si lavora a stretto contatto, anche perché tra i gruppi di lavoro di questo Consiglio, ce n’è uno proprio dedicato alla programmazione della cooperazione allo sviluppo.

Credito foto di copertina: Il Presidente Sergio Mattarella nella sede dell'Unione Africana con la Presidente Nkosazana Dlamini-Zuma e una delegazione dei Rappresentanti dei paesi africani. © Quirinale

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