Cultura

Quando la birra salva la vita

Può sembrare strano, ma accadde durante l’assedio di Sarajevo e la vicenda è raccontata nel volume "Storia dell'Europa in 24 pinte" di Mika Rissanen e Juha Tahvanainen, un'avvincente ricostruzione di cultura materiale del nostro continente, da poco in libreria per Utet

di Giorgia Lissa

Può sembrare strano, ma talvolta anche la birra salva la vita. Accadde durante l’assedio di Sarajevo e la vicenda è raccontata in Storia dell'Europa in 24 pinte di Mika Rissanen e Juha Tahvanainen, un'avvincente ricostruzione della cultura della birra da pochi giorni in libreria per i tipi di Utet (pagine 240, euro 17).

Che cosa accadde, dunque, a Sarajevo? Accadde che, durante la guerra, furono le forniture d’acqua del birrificio locale a dissetare gli oltre 350 000 cittadini. Ecco che cosa impariamo da questo avvincente libro di cultura materiale:

«Nell’aprile del 1992 le truppe serbe assediarono Sarajevo, la capitale della Bosnia-Erzegovina, intrappolando al suo interno più di trecentomila persone. Un mese dopo, gli assedianti chiusero l’acquedotto che dalle montagne circostanti riforniva la città di acqua potabile. "Che bevano champagne", avrebbe detto Marie Antoinette. Nella città assediata di bollicine non ce n’erano e a salvare i cittadini dalla morte per sete ci pensò il birrificio Sarajevska».

I pozzi privati all’interno dell’area urbana erano ben pochi e nient’affatto sufficienti a soddisfare le necessità, quindi, proseguono gli autori, «per circa sei mesi le forniture idriche del birrificio divennero la fonte di vita della città».

Per fortuna, erano abbastanza ricchi d’acqua. Nel corso dei decenni, leggiamo, «nel sito del birrificio erano stati scavati nuovi pozzi e il più grande superava i trecento metri di profondità. Nel 1991 la produzione annuale del Sarajevska era di 748 000 ettolitri di birra. Se una tale quantità fosse stata ripartita tra i cittadini di Sarajevo sotto assedio, tutti ne avrebbero ricevuto più di duecento litri a testa. Nei locali del birrificio furono installati dei punti di distribuzione dell’acqua e delle autocisterne la trasportavano nelle varie zone della città. Le code ai rubinetti delle autocisterne sono una costante nelle immagini dei primi anni dell’assedio di Sarajevo. »

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