Cultura

Bosnia, dieci anni fa i primi spari sulla folla

La guerra iniziò il 6 aprile del 1992, lo stesso giorno in cui l'Onu riconosce la Bosnia quale paese sovrano e indipendente.

di Redazione

Migliaia di persone erano scese quel giorno in strada per gridare ‘pace’, la risposta furono i fucili che sparavano contro la folla dagli uffici del partito di Radovan Karadzic nell’hotel Holiday Inn. Così ha inizio la guerra, il 6 aprile del 1992, lo stesso giorno in cui l’Onu riconosce la Bosnia quale paese sovrano e indipendente. Contrari al distacco da Belgrado, i serbi di Bosnia lanciano un’offensiva contro le popolazioni musulmane e croate. Centinaia di migliaia di civili vengono cacciate dalle loro case e dai loro villaggi. Chi, ancora incredulo, tenta di restare viene costretto dalla strategia del terrore: uccisioni, stupri, torture. In sei mesi, l’esercito di Ratko Mladic, sostenuto e finanziato da Belgrado, riesce a controllare il 70 percento del territorio. La guerra durera’ tre anni e mezzo e si rivelerà il conflitto più sanguinoso in Europa dopo la seconda guerra mondiale: 200.000 morti, la maggior parte i civili, due milioni e mezzo di profughi e sfollati, oltre la meta’ della popolazione del paese, migliaia di strade, case, ospedali, scuole e ponti distrutti, rasi al suolo 1.350 luoghi di culto tra moschee e chiese cattoliche e ortodosse. A Sarajevo inizia il lungo assedio con tecniche che sembrano prese da una cronaca medioevale. Ogni giorno i cannoni e i mortai sparano dalle colline e non c’e’ un solo posto sicuro in tutta la citta’: in 43 mesi saranno uccisi 12.000 civili, di cui 1500 bambini. Luce, gas e acqua diventano strumenti di guerra perché i ”rubinetti” sono in zona controllata dagli uomini di Mladic e vengono aperti o chiusi a seconda del momento. Gli abitanti di Sarajevo riusciranno a sopravvivere solo grazie agli aiuti umanitari portati attraverso l’aeroporto con il piu’ lungo ponte aereo della storia. La comunita’ internazionale invia 25.000 caschi blu delle Nazioni Unite che non solo non riusciranno a fermare la guerra, ma diventeranno essi stessi obiettivi da colpire. All’interno della guerra, nel 1993 nasce un secondo conflitto. I croati girano i cannoni contro i musulmani sino a quel momento loro alleati per combattere i serbi accreditando le voci di un accordo segreto per la spartizione della Bosnia tra l’allora presidente croato Franjo Tudjman e il capo di Stato serbo Slobodan Milosevic. Le decine di piani di pace dell’Onu e dell’Europa non riescono a fermare la guerra. Solo l’intervento americano riuscirà a portare al tavolo delle trattative i serbi di Bosnia. Il 30 settembre del 1995, dopo l’ennesimo massacro, gli aerei Usa bombardano le postazioni militari serbo-bosniache. Il 21 novembre nella base statunitense di Dayton viene firmato l’accordo di pace. L’intervento americano non e’ riuscito ad evitare il peggiore massacro della guerra in Bosnia: l’uccisione di 8.000 uomini e ragazzi di Srebrenica, area protetta dall’Onu, che si arrende dopo un lungo assedio a Ratko Mladic.


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