Mondo

Multinazionali e diritti umani, un piccolo passo avanti

Si conclude oggi la settimana di negoziatia Ginevra per il trattato vincolante sulle imprese multinazionali e i diritti umani, uno strumento che ha il potenziale di proteggere i diritti e l’ambiente di moltissime comunità del mondo

di Valentina Pavarotti

Ancora oggi non esiste uno strumento internazionale che regoli le attività delle imprese nonostante gli abusi e le ingiustizie che ormai è risaputo le multinazionali infliggono alle comunità locali in vari paesi del mondo. Fare affidamento sui singoli Stati per promuovere e garantire la protezione dei diritti umani, quando le potenti compagnie multinazionali operano a livello mondiale, non basta. Senza un trattato si ripetono casi di espropriazioni territoriali, inquinamento ambientale e ingiustizie climatiche, imposizione di nuovi modelli di sviluppo e consumo.

Tra i promotori di un trattato vincolante per far fronte a questa situazione ci sono esperti universitari (in questa lettera firmata da piu’ di 150 ricercatori), organismi della società civile come quelli raggruppati nella "Treaty Alliance" e la Chiesa cattolica in vari momenti, per esempio attraverso una dichiarazione dell’Osservatore permanente della Santa Sede presso l’ONU.

Un caso clamoroso è quello di "Mariana" in Brasile che ha visto, tre anni fa, la rottura di una diga nel più grave disastro ambientale nella storia brasiliana. La diga era operata dall’industria Samarco S.A., una joint venture tra l'Anglo-australiana BHP Billiton Brasil Ltda. e la società brasiliana Vale S.A. La sua rottura ha generato un enorme torrente di fango inquinato che ha ricoperto villaggi distruggendo case, chiese e scuole, inquinando i corsi d’acqua e lasciando 19 vittime oltre a innumerevoli persone traumatizzate dall’accaduto. Tutt’ora, per la mancanza di forti mezzi internazionali, molte persone sono ancora in attesa di giustizia nonostante un accordo sia stato recentemente raggiunto per alcune delle vittime. Il caso di Mariana è spiegato nel dettaglio in questo dossier di CIDSE, la rete internazionale di agenzie cattoliche per la giustizia sociale.

Secondo la campagna Dismante Corporate Power il caso della compagnia petrolifera Chevron contro le vittime dell’Amazzonia ecuadoregna, che risale agli anni ’90 ma è tuttora aperto, rappresenta un altro esempio di impunità delle multinazionali che potrebbe essere contrastata grazie a un trattato vincolante. L’azienda è accusata di aver riversato per decenni dei rifiuti tossici nei laghi e nei fiumi e di aver scaricato tonnellate di barili di greggio nella foresta amazzonica con danni gravissimi sull’ecosistema, sull’economia di sussistenza locale sulla salute delle persone. Il caso rappresenta, secondo la campagna, il tipico esempio di asimmetria nell’accesso alla giustizia, che dev’essere affrontato da un trattato vincolante.

In questi casi i diritti umani si intrecciano con la giustizia climatica. Le compagnie in questione come quelle petrolifere in primo luogo, oltre a causare danni diretti in loco, portano avanti un modello di sviluppo inquinante a livello globale. Le ripercussioni del loro operato contribuiscono al surriscaldamento globale le cui principali vittime sono ancora una volta le popolazioni più vulnerabili. Allo stesso tempo, come testimonia l’organizzazione MAB (movimento delle persone vittime delle dighe), alcuni progetti come alcune mega dighe idroelettriche, sono state costruite per generare energia pulita senza prendere in considerazione le esigenze delle popolazioni locali causando l’esproprio e la disgregazione delle comunità. Anche l’Accordo di Parigi siglato nel 2015 alla conferenza ONU per i Cambiamenti Climatici COP21 fa riferimento ai diritti umani, il cui rispetto diventa essenziale nell’azione climatica. Durante la Conferenza per il Cilma di quest’anno (COP24) gli stati discuteranno le linee guida per l’implementazione dell’Accordo di Parigi e sarà importante che il riferimento ai diritti umani diventi vincolante.

Dal 2014 è nata l’idea di un trattato che regoli le imprese multinazionali, ma il processo è lungo e solo nella sessione di quest’anno, appena conclusa, gli stati hanno cominciato a discutere partendo dal testo di un futuro trattato. In questi anni si è spesso incorsi nel rischio di vedere il processo verso il trattato interrotto a causa dell’ostruzionismo di alcuni paesi. Anche la stessa UE è stata spesso accusata di aver cercato di ostacolare il processo.

La presenza di un testo, seppure ancora da approvare e migliorare, è gia considerata per questo motivo come una piccola vittoria. Secondo più di 160 organizzazioni della società civile che hanno firmato una dichiarazione pubblicata ieri, questa fase dei negoziati rappresenta "un grandissimo passo in avanti per moltissime comunità che hanno, per anni, cercato di far valere i propri diritti umani nei confronti degli abusi inflitti dalle multinazionali". Le organizzazioni raccomandano allo stesso tempo che il processo continui e che rimanga aperto a contributi da parte delle organizzazioni non governative.

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