Economia

Responsabilità sociale con ricevuta di… ritorno

Che cosa significa occuparsi di corporate social responsibility in un’azienda pubblica? L’applicazione dei regolamenti lascia spazio alla creatività? Gli impatti socio ambientali possono migliorare? L’intenso dialogo con Massimiliano Monnanni di Poste Italiane fornisce molte risposte. E la certezza che il tentativo conviene a tutti. Col decimo “ritratto sostenibile” questa rubrica saluta i lettori. Ma la ricerca continua

di Nicola Varcasia

Diploma al liceo classico, laurea in materie letterarie a indirizzo storico. A seguire, la scuola di giornalismo della Luiss e il tesserino da giornalista professionista. Tutto vero. Però, per capire meglio il profilo di Massimiliano Monnanni, responsabile Rsi (Responsabilità sociale d’impresa) nella struttura Sviluppo sostenibile, rischi e compliance di Poste Italiane, nonché protagonista della decima puntata della rubrica I volti della sostenibilità, bisogna guardare fuori dalle mura scolastiche.

Volontario da sempre, è corretto?

Sì. Al percorso professionale ho da sempre accompagnato un impegno sociale e nel volontariato, con una parentesi in politica a livello territoriale. Ho anche lavorato come responsabile del Telefono azzurro per l’apertura della sede di Roma e successivamente in varie altre sedi istituzionali.

Riempiamo noi alcune caselle (lei è stato segretario generale del Comitato interministeriale dei diritti umani del Ministero degli esteri e dell’ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali presso la presidenza del Consiglio dei Ministri) per chiederle se queste due anime vanno di pari passo anche oggi.

Posso rispondere di nuovo di sì. In accordo con Poste Italiane, ho la fortuna di presiedere l’azienda pubblica per i servizi alla persona Asilo Savoia.

Che cos’è?

Nato come casa di accoglienza di minori abbandonati nel 1887, oggi è una struttura pubblica dedicata a vari servizi, tra cui la presa in carico dei cosiddetti care leaver attraverso percorsi di accompagnamento lavorativi e abitativi e di prevenzione e contrasto alla violenza di genere. Nel 2022, grazie all’applicazione della legge sul collocamento mirato recentemente aggiornata, siamo riusciti ad avviare al lavoro, con contratti a tempo indeterminato diciotto ragazzi.

Quando è arrivata la “lettera di assunzione” dalle Poste?

Nel 2014, iniziando come assistente dell’allora presidente, Luisa Todini, con la quale abbiamo curato la costituzione della fondazione Poste insieme onlus, che oggi vive una fase di ripensamento riorganizzativo da parte dei nuovi vertici recentemente insediati.

Con quale scopo era nata?

Le finalità erano due: da un lato, dare un contributo alle attività sociali e ambientali dell’azienda, dall’altro incentivare le attività di volontariato e creare momenti di welfare per la popolazione aziendale.

Quando l’approdo nella squadra per la responsabilità sociale d’impresa?

Dal 2017 sono stato chiamato a ricoprire l’incarico nella Rsi, responsabilità sociale d’impresa, in quella che oggi è la struttura Sviluppo sostenibile, rischi e compliance di Gruppo. Essere stato indicato in questo ruolo grazie anche alle competenze pregresse di cui abbiamo parlato è uno dei passaggi professionali che mi ha dato maggior soddisfazione.

Qual è il suo compito?

La funzione Rsi è chiamata a dare attuazione concreta e operativa alla nuova strategia del Gruppo.

In che modo?

L’azienda ha sempre avuto una grande tradizione di sensibilità e di operato verso i temi sociali. Paradossalmente, però, mancava una struttura organizzata che diventasse l’hub per l’analisi e l’acquisizione della consapevolezza da parte di tutti i dipendenti delle politiche di sostenibilità, in atto e da attuare.

Con 13mila strutture sul territorio, varie società controllate e oltre 120mila dipendenti non sembra un’impresa tra le più semplici.

È una delle sfide più grandi che ci troviamo ad affrontare, ma questa nuova organizzazione ha già maturato dei frutti importanti, innescando un dialogo con le varie funzioni aziendali, per cui a partire da stimoli o problematiche evidenziate su certi temi, si elaborano proposte efficaci e coerenti con le strategie generali.

Quindi non decidete da soli le singole iniziative.

Il percorso di sostenibilità o è condiviso o non è. Per questo il nostro team ha avuto il compito di costituire e coordinare il Gis, gruppo interfunzionale di sostenibilità, nel quale sono rappresentate quasi tutte le principali funzioni dell’azienda e anche alcune società controllate. È la cabina di regia operativa per dare attuazione concreta e permanente alle strategie di sostenibilità varate dall’azienda nell’ambito della visione più complessiva di tutta Poste italiane.

Ci fa un esempio?

Sul tema ambientale, nel momento in cui è emersa la necessità di rinnovare la flotta aziendale è stato realizzato un percorso di accompagnamento perché questa azione ad alto impatto fosse allineata agli standard del Gruppo rispetto alle emissioni. Senza un reale coordinamento non sarebbe stato possibile.

Vale anche per le iniziative sociali?

Certamente, ad esempio con il progetto Valori ritrovati, che ha consentito di evitare l’immissione in discarica dei cosiddetti “colli anonimi”, immettendo il contenuto di questi pacchi abbandonati nel circuito della solidarietà, tramite un accordo con la Caritas. Un’iniziativa che, tra l’altro, ha permesso di coinvolgere parecchi dipendenti in attività di volontariato. La segnalazione della problematica è arrivata da chi gestiva il servizio e poi è stata individuata una possibile soluzione coinvolgendo l’ente benefico. Non siamo partiti con l’idea, se vogliamo preordinata, di dover realizzare un’iniziativa solidale.

Fate formazione in azienda su questi temi?

Assieme al Forum del terzo settore abbiamo creato dei percorsi, realizzati da enti non profit autonomi e indipendenti su temi quali la violenza di genere, la protezione dei diritti umani e la formazione dei referenti territoriali per il volontariato d’impresa, un’attività che è al centro di una delle più recenti novità che abbiamo introdotto.

Di che cosa si tratta?

È la nuova piattaforma per il volontariato d’impresa, che permette di far incontrare la disponibilità dei nostri colleghi a fare volontariato con le richieste segnalate dai soggetti del Terzo settore con i quali collaboriamo su tutto il territorio nazionale. In questo modo, i nostri dipendenti possono costituirsi in gruppi e diventare insieme volontari di una associazione. I referenti territoriali che stiamo formando potranno inoltre attivare i colleghi su singole attività di natura puntuale indicate dall’azienda per aderire in maniera integrata a determinate attività, quali le settimane del Fai, la Giornata nazionale della Colletta alimentare o Puliamo il mondo.

Quali sono i valori a cui si ispirano le scelte in tema di sostenibilità per Poste Italiane?

Il primo pilastro nella nostra strategia di sostenibilità è il valore delle persone, per l’apporto che i colleghi possono dare sia in azienda, come dipendenti, per raggiungere gli obiettivi di servizio pubblico, sia come cittadini nella loro comunità. Un’azienda composta da oltre 120mila persone può e deve misurarsi con l’impatto che le sue persone nel loro insieme possono contribuire a generare nel Paese.

Ci sembra un punto importante, può fare un altro esempio?

Tornando al tema del volontariato d’impresa, proprio grazie alla capillarità della presenza sul territorio delle persone che lavorano con noi, il nostro impegno in questo campo va anche nella direzione di dare un contributo visibile alle associazioni di volontariato per proporre il ricambio generazionale dei volontari, oltre che di aumentare il numero potenziale dei volontari.

Siamo in conclusione della nostra intervista e anche del primo ciclo dei “Sustainability Portaits” che hanno riscosso grande attenzione nei lettori. Per questo le chiediamo un contributo sul tema forse più ricorrente di questa rubrica: l’integrazione della sostenibilità nei processi di business e con la filiera in cui si opera.

Quanto mi chiede corrisponde ad un altro pilastro della nostra strategia, legato alla catena di fornitura, che coinvolge migliaia di tanti operatori, in particolare piccole e medie imprese che possono riscontrare maggiori difficoltà a gestire percorsi di sostenibilità.

Perché?

Certe tematiche vengono vissute solo come adempimenti e non come la possibilità di interiorizzare il valore primario della sostenibilità, che non è e non può essere una mera opportunità commerciale ma, appunto, un’occasione di cambiamento a livello umano e di comunità. Perciò sentiamo e facciamo nostra tutta la responsabilità di svolgere un ruolo proattivo nell’accompagnare, anche a livello di consapevolezza culturale, le piccolissime aziende che lavorano con il gruppo. Un lavoro che ci vede collaborare attivamente anche nel gruppo di Responsabilità sociale d’impresa di Confindustria.

La miglior lezione è l’esempio…

Credo sia evidente che i vertici della nostra azienda non abbiano compiuto negli anni scelte così impattanti sul tema della sostenibilità per convenienze o per adempimento, ma per convinzione. Per esemplificare, cito la scelta di recuperare dieci unità immobiliari di proprietà di Poste destinandole alla rete Di.Re, per promuovere l’autonomia abitativa delle donne vittime di violenza. Nessuno imponeva una scelta del genere, nata da una proposta dell’ufficio che gestisce il patrimonio immobiliare, il quale, teoricamente e legittimamente, poteva perseguire altre finalità. Dentro le strategie e i programmi c’è sempre una mossa delle persone.


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