Economia
L’Italia senza figli e con tanti Neet è preoccupata dal clima
Nel 2022 nuovo record del minimo delle nascite: 393mila. Crescono gli occupati, diminuiscono disoccupati e inattivi ma quasi 1,7 milioni i giovani che non studiano, non lavorano né si formano. La partecipazione delle donne al lavoro è molto legata ai carichi familiari. Settanta italiani su 100 preoccupati per le questioni ambientali. La spada di Damocle dell'inflazione
Continua l’inverno demografico. Per la prima volta dall’unità d’Italia le nascite sono state, nel 2022, meno di 400mila, per l’esattezza 393mila, mentre è stato elevato il numero di decessi, 713mila. È uno dei dati che più colpisce del Rapporto annuale 2023. La situazione del paese, presentato dall’Istat a Montecitorio.
Dal 2008, anno di picco relativo della natalità, le nascite si sono ridotte di un terzo. Da 1,27 figli in media per donna nel 2019 si è scesi a 1,24 del 2022. Nei prossimi anni, l’invecchiamento è destinato ad accentuarsi, con effetti negativi sul tasso di crescita del Pil pro capite.
Futuro condizionato dall’inflazione
Il Rapporto evidenzia che, nel 2022, sono emersi nuovi elementi di criticità, dopo la fine dello stato di emergenza sanitaria nazionale. Primo tra tutti, il rincaro dei prezzi dell’energia e delle materie prime, innescato dal conflitto in Ucraina, che ha condizionato l’evoluzione dell’economia, con importanti aumenti dei costi di produzione per le imprese e dei prezzi al consumo per le famiglie. Nonostante l’attenuarsi della fase più critica della crisi energetica, nel primo trimestre 2023, il prossimo futuro sarà condizionato dall’andamento dell’inflazione che condizionerà l’evoluzione dei consumi e dei salari reali. Ma ci sono segnali favorevoli. Nel 2022 è proseguita la fase di recupero dell’attività produttiva. Nel 2022 l’Italia ha segnato una crescita del Pil del 3,7 per cento inferiore, tra le maggiori economie, solo a quella della Spagna.
Crescita degli occupati
Dati confortanti arrivano dal mercato del lavoro, con l’aumento degli occupati e la diminuzione dei disoccupati e degli inattivi. Nel corso del 2022 il numero di occupati è cresciuto del 2,4 per cento, con un aumento di 545mila unità, facendo registrare una crescita di molto superiore rispetto a quello osservato l’anno precedente, quando l’aumento fu di 0,7 per cento, pari a 167mila unità. «A maggio di quest’anno gli occupati sono stati 23milioni 471mila, dato che ha superato quello della primavera del 2008», ha detto Francesco Maria Chelli, presidente Istat. «Le nostre previsioni per quest’anno sono di una crescita del Pil dell’1,2 per cento e, nel 2024, dell’1,1 per cento».
Nuove generazioni: motore della crescita futura
Nonostante il recente aumento dell’occupazione, l’Italia si colloca ancora all’ultimo posto in Europa e, nello stesso tempo, detiene il primato (seconda solo alla Bulgaria) per l’elevata età media degli occupati. Quasi un quinto dei giovani tra 15 e 29 anni (fino a un terzo in Sicilia) non lavora e non studia, è il dato più elevato tra i paesi Ue dopo la Romania: quasi 1,7 milioni tra ragazze e ragazzi. Gli indicatori che riguardano il benessere dei giovani in Italia è tra i più bassi d’Europa. Nel nostro paese il meccanismo di trasmissione intergenerazionale della povertà è più intenso che nella maggioranza dei paesi dell’Unione Europea: quasi un terzo degli adulti, tra i 25 e i 49 anni, a rischio di povertà proviene da famiglie che, quando erano ragazzi di 14 anni, versavano in una cattiva condizione finanziaria. La spesa pubblica per istruzione in rapporto al Pil mostra un minore impegno del nostro paese per questa funzione rispetto alle maggiori economie europee: 4,1 per cento del Pil in Italia nel 2021 contro il 5,2 in Francia, il 4,6 in Spagna, il 4,5 in Germania. In generale, anche rispetto alla media dei paesi Ue, che è del 4,7 per cento. La spesa dell’Italia riservata alle prestazioni sociali erogate alle famiglie e ai minori è una quota decisamente minore (1,2 per cento) se confrontata, ad esempio, al 2,5 per cento della Francia e al 3,7 per cento della Germania. Le diseguaglianze strutturali continuano a rappresentare un elemento determinante e discriminante nelle opportunità che definiscono il destino sociale delle persone. La forza del legame tra condizioni di vita dei giovani e degli adulti e quelli della famiglia di origine è un problema non solo individuale, ma soprattutto collettivo: in Italia 1,4 milioni di minori crescono in contesti di povertà assoluta.
Occupazione femminile: inferiore di 14 punti alla media Ue
Il titolo di studio ha un ruolo centrale nella partecipazione al mercato del lavoro, soprattutto per le donne e per i residenti nel Mezzogiorno. In Italia nel 2022, per la classe di età 25-64 anni, il tasso di occupazione dei laureati è di 30 punti superiore a quello di coloro che hanno conseguito al massimo la licenza media (83,4 per cento rispetto a 53,5 per cento) e di 11 punti in confronto a quello dei diplomati (72,4 per cento). Per le donne, il tasso di occupazione è inferiore di 14 punti alla media Ue. All’aumentare del titolo di studio della donna cala in modo significativo la percentuale di coppie in cui l’uomo è l’unico percettore di reddito da lavoro: dal 47,4 per cento quando la donna ha al massimo la licenza media al 9,6 per cento se possiede una laurea.
La partecipazione delle donne è molto legata ai carichi familiari, alla disponibilità di servizi per l’infanzia e la cura, ai modelli culturali: nel 2022 il tasso di occupazione delle 25-49enni è l’80,7 per cento per le donne che vivono da sole, il 74,9 per cento per quelle che vivono in coppia senza figli, e il 58,3 per cento per le madri.
Criticità ambientale e sistema produttivo
Le tematiche ambientali si collocano ai primi posti tra le principali preoccupazioni dei cittadini. Nel 2022 oltre il 70 per cento dei residenti in Italia, dai 14 anni in su, considera il cambiamento climatico o l’aumento dell’effetto serra tra le preoccupazioni prioritarie.
La riduzione delle precipitazioni, insieme all’aumento delle temperature, ha portato ad una minore disponibilità media annua della risorsa idrica, che ha raggiunto nel 2022 il suo minimo storico, quasi il 50 per cento in meno rispetto all’ultimo trentennio 1991-2020. La siccità e i problemi di approvvigionamento di acqua hanno influito pesantemente sull’annata agricola, facendo registrare una riduzione della produzione, del valore aggiunto e dell’occupazione del settore agricolo.
Nel 2022 il mondo delle imprese italiane ha mostrato una notevole capacità di resilienza agli shock originati dall’incremento dei prezzi dei beni importati, in particolare dai prodotti energetici: ha trasferito sui prezzi di vendita l’aumento dei prezzi degli input produttivi, ma ha avviato anche strategie più complesse per rafforzare la competitività e incrementare l’efficienza energetica. Nei primi mesi del 2023, una quota rilevante di imprese italiane nella manifattura e nei servizi di mercato ha dichiarato di aver intrapreso o pianificato l’adozione di strategie di sviluppo sostenibile. Si è registrato un ampio recupero delle esportazioni.
Alcuni segnali di evoluzione digitale si rilevano per le istituzioni non profit, un settore che negli anni della crisi economica e dell’emergenza sanitaria ha avuto un ruolo fondamentale nel cogliere le esigenze dei territori e nel rispondere ai bisogni sociali, anche adottando modalità innovative.
Imparare a convivere con l’incertezza
Un messaggio lanciato dal nuovo Rapporto Istat è che dobbiamo imparare a convivere con l’incertezza. L’andamento del nuovo indicatore, che misura il grado di incertezza per famiglie e imprese, per quanto riguarda le imprese, nel periodo compreso tra maggio 2021 e maggio 2023, si colloca su livelli più bassi tra l’estate e la fine del 2021, tende ad aumentare nel corso del 2022, in corrispondenza dell’accentuarsi del conflitto russo-ucraino e del peggioramento delle prospettive di inflazione e della connessa reazione delle autorità di politica monetaria, per poi diminuire tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023. Dal lato dei consumatori, i dati sull’incertezza assumono valori negativi fino a gennaio 2022. Nel periodo successivo a partire dal mese di febbraio, gli intervistati si dichiarano sempre più incerti riguardo alle condizioni economiche future della propria famiglia, spingendo verso l’alto l’indicatore fino a ottobre 2022. L’indicatore mostra un brusco calo nell’ultimo bimestre del 2022 e resta stabile fino a maggio 2023.
«L’impegno di Istat è continuare a produrre dati con alti tassi di qualità», ha affermato Monica Pratesi, direttrice della produzione statistica dell’Istat «cercheremo di presentare il prossimo Rapporto annuale prima del solito, a maggio-giugno 2024».
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