Famiglia

Cerchiamo immigrate future leader d’impresa

Già selezionate le prime dodici donne che faranno poi da tutor alle altre. Che dopo la formazione saranno pronte per costituire cooperative o aziende sociali

di Mara Mundi

Donne immigrate leader d?impresa, mediatrici culturali, indispensabili ?trait d?union? con il mondo fuggiasco ed emarginato degli immigrati. Per queste donne l?Unione Europea ha realizzato un percorso di formazione professionale che porterà alla nascita di imprese autonome o cooperative. Il progetto ?Per la donna: percorsi lavorativi per donne extracomunitarie? coinvolge in tutto 42 giovani provenienti dall?Est europeo, dal Nordafrica e dalla Cina. Il progetto è stato realizzato in sinergia tra la Regione Lazio e le città di Empoli e Torino. Gli enti locali, a loro volta, si sono appoggiati per l?organizzazione e la gestione dei corsi ad alcune organizzazioni non profit: per il Lazio è il consorzio ?SolCo? di Roma, per Torino il consorzio ?Sinapsi?, per Empoli l?agenzia ?Coeso?.
Le donne immigrate hanno seguito corsi sulla legislazione italiana, sulle pratiche legali per avviare un?impresa, sull?economia, sulle possibilità di finanziamenti offerte dalle leggi europee. Le future ?leader d?impresa? hanno un nome e una storia, spesso drammatica, alle spalle. Simona, rumena, conosce quattro lingue, ha lavorato come interprete al consolato romeno e alla Rai. Silvana, bosniaca di etnia rom è arrivata in Italia nel 1993 in fuga dalla guerra e dal ?96 lavora nel campo nomadi del Casilino 700 come agente di salute comunitaria. Nerica, bosnìaca, è scappata come tanti dalla guerra nei Balcani, giungendo in Italia nel 1993 e impegnandosi subito nel servizio ?Medici contro la tortura? nella Casa dei diritti sociali a Roma.
Delle 42 giovani donne, il primo gruppo formato da 12 di loro assumerà il ruolo di ?leader? e di tutor nei confronti delle altre trenta, la cui selezione avverrà nei prossimi giorni, aprendo così la seconda fase del progetto. «Le giovani diventeranno mediatrici interculturali», spiega Matteo Amati, assessore regionale del Lazio alle Politiche per la qualità della vita, «potranno aprire sportelli legali, lavorare nell?ambito degli enti locali o mettersi in proprio costituendo cooperative di servizi». Insomma, donne non più svantaggiate ma intraprendenti che aiuteranno le istituzioni a ?filtrare? la comunicazione con altri immigrati. M. M.

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