Non profit
Giornali e tv, è vostra la vera spazzatura
Dai containers alla spazzatura, dai sacchi col marchio Caritas alle collette volanti, dalle raccolte dei condomini alle bocce di vetro nei negozi.
Dai containers alla spazzatura, dai sacchi col marchio Caritas alle collette volanti, dalle raccolte dei condomini alle bocce di vetro nei negozi. La nouvelle vague del giornalismo d?inchiesta italiano da oltre un mese staziona per discariche, banchine di porti pugliesi, ex campi profughi in quel d?Albania. La spazzatura non è ormai più una metafora di troppo giornalismo italiano, ma un vero e proprio argomento, un oggetto d?inchiesta. Decine di telecamere, centinaia di taccuini di croniste e cronisti affamati di ?verità?, tonnellate di retorica a buon mercato, spettabili direttori impegnati in prima persona al telefono perché ?e ora di vederci chiaro?.
Fatto sta che dall?ultima settimana di agosto ad oggi questa campagna del giornalismo engagé anni 2000 (Novella 2000 era forse solo una profezia?) ha fatto una sola vittima. Il sottosegretario alla Protezione civile responsabile dello stoccaggio e della movimentazione degli aiuti? Nooo. I comandanti del Battaglione San Marco che assisteva impotente alle razzie del campo di Valona consumate dalla stessa polizia albanese? Nooo. Forse i responsabili della nostra politica estera che continuano in una politica di aiuto a Paesi che non si impegnano a garantire un minimo di regole e di patti? Nooo. Forse la mafia degli straccivendoli che da anni lucrano in combutta con i gestori delle discariche abusive senza aspettare gli eventuali avanzi degli aiuti umanitari? Nooo. La vera vittima di questi quaranta giorni di giornalismo coraggioso è l?idea stessa di solidarietà.
Da quaranta giorni tutti i giornali e i telegiornali (chi più chi meno) stanno dicendo agli italiani che non val la pena essere solidali, che è inutile darsi da fare per dare una mano perché tanto il tuo aiuto va perso, è sprecato, abbandonato, addirittura qualcuno ci lucra, e persino può finire per arricchire la criminalità organizzata. Alle inchieste vere, per esempio mandando inviati in Kosovo per vedere quali e quanti siano i progetti finanziati e come rispondano ai bisogni, si è preferita la retorica. Così abbiamo letto editorialisti che, ignorando ogni copiosa documentazione, si pongono la domanda topica ?Dove sarà finito l?obolo della vedova??, e visto servizi televisivi in cui sulla zoomata finale che stringeva l?obiettivo su un panda (spelacchiato a dire il vero) in mezzo alla discarica di Casal di Principe, il coraggioso giornalista commentava: ?Certo la Caritas non c?entra nulla ma il povero bimbo che ha creduto di donare il suo peluche a un coetaneo povero cosa dovrà pensare??
Con la stessa irrazionalità e ignoranza con cui per settanta giorni gli stessi giornalisti gareggiavano per trastullarsi Silvia Costa (o qualsiasi altra dama della politica in cerca di fortune televisive) che invita a portare ?cose? nei centri di raccolta della Protezione civile, con la stessa irresponsabilità con cui allora hanno coltivato l?emozione di telespettatori e lettori invitandoli a fare qualcosa, qualsiasi cosa pur d?aiutare il profugo, con la stessa irrazionalità, ignoranza e irresponsabilità in questi quaranta giorni si è propagandata l?idea che persino la solidarietà è inutile. Ed è questo un danno enorme per tutti, per tutto il Paese.
Un danno morale verso una moltitudine di cittadini che dopo gli anni della delega in bianco agli apparati statali di ogni responsabilità collettiva e persino individuale, stavano via via scoprendo che la responsabilità personale e comunitaria era in grado di generare modelli e sistemi di sostegno e di aiuto molto più efficienti e utili ai bisogni. Un danno enorme che tarpa le ali a tutti coloro che avevano scoperto come la solidarietà sia una strada percorribile a chi voglia fare esercizio di responsabilità e di libertà dicendo ?il bisogno dell?altro e il bisogno del mondo mi riguarda e io posso fare qualcosa di utile e di efficace?.
La campagna mediatica ha avuto però un altro terribile effetto: quello di provocare un danno economico obiettivo. Questa settimana abbiamo chiesto a 20 grandi e serie organizzazioni non profit come sia andata la loro raccolta fondi dall?1 al 30 settembre e i risultati clamorosi li leggete in queste pagine e, secondo gli osservatori più consapevoli, sono solo un avvisaglia di quello che succederà nei prossimi mesi. Continueremo così con le tasse a pagare le inefficienze della Protezione civile, mentre agli enti non profit a fine anno mancheranno almeno un centinaio di miliardi rispetto al ?98. Un centinaio di miliardi, vale la pena di sottolinearlo, destinati a fornire servizi alle fasce più deboli della popolazione. Saranno loro a pagare di più, lasciati soli da un Welfare in ritirata, si troveranno davanti nei prossimi mesi un Terzo settore più debole e in affanno, incapace di garantire la quantità, e forse anche la qualità, di servizi che in passato si era dimostrato in grado di fornire.
Avendo una residua stima della gran parte dei colleghi, ed essendo altresì abbastanza navigato per sapere come in questo Paese non ci sia campagna scatenata dal circo mediatico che non risponda a precisi interessi, e intendo interessi forti, mi sono fatto in queste settimane un?idea. Mi sono chiesto chi potesse avere qualche interesse a gettare tanto indiscriminato fango sia sull?idea di solidarietà come pratica diffusa di responsabilità, sia sulle realtà del Terzo settore che da poco si sono date un?organizzazione, sistemi di gestione e di controllo, forme di rappresentanza e che si stavano candidando per la gestione di un nuovo Welfare. La risposta non è difficile: la crescita del Terzo settore, del privato sociale, dell?economia senza fine di lucro, il suo, seppur iniziale e faticoso riconoscimento legislativo e politico, rappresenta un imprevisto e anche un ostacolo per la voracità del sistema profit che da tempo ha individuato anche il settore socio-sanitario e dei servizi alla persona come business del proprio futuro.
Solo una nota a margine. In tutto questo mi ha colpito anche la debolezza del Terzo settore, una debolezza culturale, una non coscienza delle ragioni e del patrimonio straordinario che ha tra le mani. Ma questa è una partita che noi di ?Vita? giochiamo ogni settimana.
Riccardo Bonacina
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