Formazione
Covid, consorterie, invasioni: l’attualissimo Manzoni
I Promessi sposi sì o no a scuola? Il dibattito si riapre ogni estate. E se il problema fosse nel linguaggio modellato sul fiorentino che ci fa perdere di vista l'attualità del romanzo? Il sociologo e antropologo milanese Umberto Melotti ha deciso di realizzare la trascrizione integrale in lingua italiana moderna. Emerge così tutta la modernità della storia: dalle consorterie in cui quasi tutti i personaggi vorrebbero appartenere, allo scetticismo di tanti sulle vere cause di trasmissione della peste fino allo spirito di sacrificio con cui i religiosi assistono gli ammalati nei lazzaretti e alla tragedia della guerra
Tutti abbiamo letto a scuola “I promessi sposi”. Ma forse, come molte cose che si studiano per dovere, non abbiamo prestato molta attenzione ai dettagli che si nascondono tra le righe del più famoso scritto di Alessandro Manzoni. Ricordiamo la trama, i luoghi e i nomi dei personaggi, ma, forse, in pochi abbiamo notato la capacità del romanzo di descrivere pregi e difetti della società italiana.
Certo la lingua modellata sul fiorentino popolare in cui è scritto il romanzo non aiuta ad apprezzare la modernità dell’opera e così il sociologo e antropologo milanese Umberto Melotti ha deciso di realizzare la trascrizione integrale del romanzo in lingua italiana moderna.
«Circa sei anni fa», racconta Melotti, «ho riletto il componimento manzoniano e l’ho trovano esternamente bello, attuale e diverso dai ricordi scolastici che avevo. Mi sono accorto, però, che il testo era linguisticamente un po’ superato. Del resto, come ogni cosa viva, anche la lingua si evolve nel tempo e l’ultima stesura dei “Promessi Sposi” risale alla pubblicazione in due volumi del 1840 e 1842. Il che spiega perché l’opera può sembrare a molti non più attuale».
La lettura del testo in italiano moderno permette di notare con più facilità che se, da un lato, nel romanzo vi sono dei personaggi che potrebbero sembrare superati (come, per esempio, Lucia, con il suo arrossire per un nonnulla e il suo cercare di mantenersi a costante distanza da Renzo), dall’altro, il romanzo svela modi di fare che sono ancora diffusi nella nostra società.
«La cosa che più colpisce», spiega il sociologo milanese, «è la descrizione che Manzoni fa dell’Italia del Seicento. Non solo le sopraffazioni dei bravi al servizio dei signorotti, ma anche e soprattutto la rete delle complicità che consentono ad alcune figure di cavarsela sempre e comunque, qualsiasi crimine commettano. In fondo, queste consorterie, in cui quasi tutti i personaggi del romanzo tendono a entrare, sono un elemento ancora presente nella nostra società, anche se ovviamente in forme diverse».
Dal romanzo ottocentesco emerge anche la capacità del popolo italiano di saper accogliere chi è più fragile. Per esempio, spiega Melotti, «quando Renzo arriva a Milano durante la carestia scopre una rete assistenziale, anche privata, che aiuta chi versa nel bisogno. Anche nelle pagine che raccontano la peste, Manzoni sottolinea, sulla base dei documenti del tempo, il coraggio, lo spirito di sacrificio e la letizia francescana con cui i cappuccini e anche il clero assistono gli ammalati nei lazzaretti, rischiando la propria vita. Nove parroci su dieci morirono, avendo contratto la peste». Una generosità che ancor oggi caratterizza una larga parte della popolazione italiana, impegnata in opere di volontariato, di assistenza e di accoglienza dei più fragili.
«I due capitoli sulla peste di Milano», prosegue il sociologo, «sono forse quelli che più richiamano l’attualità e, in partiolare, le recenti vicende della pandemia da Covid-19. Nel romanzo, mancando conoscenze precise sulle reali cause del contagio, si diffondono tante voci, timori e resistenze. Il Manzoni descrive bene il rifiuto di molti di accettare la realtà della peste e delle sue forme di trasmissione, anche attraverso il personaggio di don Ferrante, l'erudito che, immerso nei suoi studi, non crede al contagio e formula strane teorie astrologiche. Proprio come durante la pandemia da Covid-19, sono emerse teorie di ogni tipo che negavano la realtà del contagio e l’importanza dei vaccini».
Infine di estrema attualità è anche la descrizione che Manzoni fa della Guerra dei trent’anni in Lombardia.
«L’entrata di quel conflitto nello Stato di Milano», conclude Melotti, «avviene nell’undicesimo anno di quella guerra, quando le truppe alemanne passano dalle valli lombarde per andare all’assalto di Mantova. Una guerra distruttiva e violenta. con soldati che uccidono i civili, violentano le donne e saccheggiano e bruciano le case. La descrizione della violenza e dell’irrazionalità di quella guerra richiama con forza quanto sta avvenendo oggi in Ucraina».
La foto in apertura e di Lara Pessina/Agenzia Sintesi
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