Salute

La terapia nel piatto

Si chiama nutrizione clinica e si occupa dei bisogni alimentari particolari dei pazienti; é così cruciale da influire sulla prognosi di una malattia, eppure ancora oggi è negletta, tanto dai clinici quanto dai malati. Peccato che in Italia ci siano solo 94 centri dedicati

di Nicla Panciera

Sono solo 94 le strutture che nel nostro paese forniscono servizi di nutrizione clinica e solo una minoranza di queste ha un documento che ne definisca funzioni e risorse. La mappa delle unità di nutrizione clinica presenti in Italia è stata realizzata dal gruppo di lavoro della Società italiana di nutrizione clinica SINuC.

La nutrizione clinica è quella disciplina che si occupa di fornire risposte e piani nutrizionali adeguati alle particolari esigenze di chi ha una diagnosi e la corretta alimentazione ha una funzione cruciale di prevenzione e sostegno al trattamento. Inoltre, la malnutrizione agisce come fattore prognostico negativo. Eppure, la consapevolezza delle conseguenze sul percorso terapeutico di un’alimentazione non adeguata è ancora molto scarsa sia tra gli operatori sanitari sia tra i pazienti e la valutazione dello stato nutrizionale del paziente non sempre viene eseguito nella prima visita.

«Per percorrere le vie del cambiamento, individuate nei Fogli di Roma [documento programmatico conclusivo del primo congresso 2019 del forum permanente Nutrendo dedicato alla nutrizione clinica e composto da clinici, associazioni di pazienti, istituzioni e aziende], era necessario fotografare la situazione per poi valutarne l’evoluzione nel tempo» spiega Maurizio Muscaritoli, presidente della SINuC, «abbiamo quindi descritto sia la distribuzione geografica dei servizi, che il tipo di prestazioni erogate. La mappa ci parla di un sistema che non tiene in adeguata considerazione la malnutrizione dei pazienti acuti e cronici e che soprattutto non è in grado di rispondere efficacemente ai bisogni». Per la raccolta di informazioni sono stati somministrati dei questionari a duecento clinici di diverse specialità impegnati nell’ambito della nutrizione clinica, come internisti, gastroenterologi, intensivisti e altri. Dalla mappatura, presentata nel corso del secondo forum Nutrendo, emergono forti disomogeneità sul territorio nazionale: «I questionari somministrati hanno permesso di censire 94 strutture organizzative che, a vario titolo, svolgono attività di Nutrizione Clinica in Italia. La Regione che conta più strutture è il Piemonte (14), seguito dal Lazio (13) e dalla Campania (11). Cinque regioni hanno una sola struttura: Abruzzo, Basilicata, Molise, Sardegna e Valle d’Aosta» prosegue Muscaritoli. «Sorprende favorevolmente la diffusione di 11 unità operative in Campania mentre risulta deludente la situazione della Sicilia con sole tre unità su un territorio ampio e popolato. Così come otto unità in Lombardia appaiono insufficienti a soddisfare i bisogni della regione più popolosa di Italia con quasi 10 milioni di abitanti». Secondo la Sinuc, per colmare questa disomogeneità̀ territoriale, che comporta una diversa possibilità̀ di accesso dei pazienti ai servizi e alle prestazioni, sarebbe opportuno promuovere una distribuzione più equa delle risorse e delle strutture specializzate, attraverso la creazione di nuove strutture nelle regioni in cui si evidenzia una carenza di servizi e professionalità̀ specifiche.

La nutrizione clinica interessa tanti pazienti diversi: chi soffre di insufficienza renale cronica, patologie gastrointestinali, malattie neurologiche e oncologiche, solo per citarne alcune. È quindi sorprendente il dato del rapporto relativo alle patologie gestite negli ambulatori: solo in 15 casi su 80 vengono coperte tutte le aree di competenza della nutrizione clinica, con un prevedibile e giustificabile sbilanciamento verso la patologia oncologica, dove la malnutrizione è considerata una «malattia nella malattia», è la prima causa di sospensione del trattamento, per l’incapacità di sopportare la tossicità delle cure, e secondo tra i pazienti neoplastici che perdono peso corporeo, il 20-30% muore per le conseguenze dirette ed indirette della malnutrizione.

C’è poi il problema non secondario della presa in carico domiciliare: alle dimissioni, il paziente può avere prescrizioni dietetiche più o meno restrittive o anche un piano di nutrizione artificiale domiciliare. «In Italia più dell’80% delle risorse del Sistema sanitario nazionale sono destinate alle malattie croniche, proprio quelle associate ad uno stato di malnutrizione, per le quali però non esiste una adeguata formazione né Pdta dedicati» dice Muscaritoli. «La nutrizione clinica è una specialità medica ancora poco ancora conosciuta, eppure dalla sua implementazione è dimostrato possa derivare un consistente risparmio in termini di costi sanitari, sociali e di vite umane».

Foto di Marijana di Pixabay


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