Economia
Reddito di cittadinanza, Caritas propone al governo due misure
Suggerite due misure per riformare il discusso strumento introdotto alcuni anni fa: un Assegno sociale per il lavoro e il Reddito di protezione. Il direttore di Caritas Italiana, don Marco Pagniello, spiega che la prima si rivolge alle persone in difficoltà economica, senza occupazione ma occupabili e prive di sostegni pubblici, con l'obiettivo del reinserimento lavorativo; la seconda è destinata, invece, alle famiglie in povertà per garantire loro una vita dignitosa con percorsi di reinserimento sociale
di Redazione
Una proposta di revisione del Reddito di cittadinanza che prevede l’introduzione di due misure, tra loro complementari: l’Assegno sociale per il lavoro e il Reddito di protezione. La prima si rivolge alle persone in difficoltà economica senza occupazione da un determinato periodo di tempo (occupabili) e prive di sostegni pubblici per la disoccupazione e ha come obiettivo il re-inserimento lavorativo; la seconda è destinata, invece, alle famiglie in povertà e dovrebbe garantire loro una vita dignitosa con percorsi di reinserimento sociale e/o di avvicinamento al mercato del lavoro. L’iniziativa è di Caritas Italiana, che ha presentato un testo al Governo in seguito a un tavolo di confronto.
«La proposta è il frutto del lavoro realizzato da un composito gruppo di operatori di Caritas diocesane, studiosi esperti del settore, membri di uffici della Conferenza episcopale italiana, e si radica nell’impegno quotidiano dell’ampia rete delle Caritas sui territori in favore delle persone in povertà», precisa don Marco Pagniello, direttore di Caritas Italiana. «Si basa su tre principi di fondo: assicurare il diritto a un’esistenza dignitosa per chiunque sia caduto in povertà, come avviene in tutta l’Europa, indipendentemente dalla sua condizione lavorativa; coniugare diritti e doveri, ovvero combinare la garanzia di un’esistenza dignitosa con la richiesta alle persone di aderire a un progetto di cambiamento/miglioramento della propria vita; superare la confusione tra l’obiettivo dell’inserimento lavorativo e quello della tutela di ultima istanza, prevedendo due misure distinte con finalità diverse e adottando come criterio di distinzione quello della vicinanza delle persone al mercato del lavoro».
«In questi mesi, Caritas ha elaborato tale proposta seguendo tre direzioni: partire dai poveri, ovvero puntare a raggiungere tutti coloro che si trovano nelle peggiori condizioni e non sono stati raggiunti dalle misure nazionali in questi anni o non hanno ricevuto un supporto adeguato alla loro situazione di bisogno; considerare le misure di contrasto alla povertà nelle due componenti inscindibili fra loro: il contributo economico e i servizi alle persone; ricavare insegnamenti, spunti pratici e indicazioni operative dalla realtà dell’applicazione delle misure che si sono susseguite negli ultimi sei anni in Italia e che Caritas monitora da tempo attraverso la sua rete di servizi e attività (3.500 Centri d’ascolto attivi in tutte le diocesi)», prosegue Pagniello. «Secondo Caritas, è necessario riflettere sulle politiche contro la povertà per il futuro e da qui ricavare le logiche di fondo e l’impostazione complessiva delle nuove misure, evitando così di ripetere gli errori del passato. Si tratta di progettare interventi che considerino la realtà delle persone in povertà, le loro fatiche ma anche le loro percezioni e aspirazioni. Al contempo, è utile capitalizzare l’esperienza degli operatori e delle operatrici dei servizi pubblici, delle amministrazioni ai vari livelli di governo e delle organizzazioni sociali sui territori dal cui lavoro quotidiano passa la realizzazione degli interventi. Contrastare la povertà è un processo lungo che richiede sforzi congiunti e un impegno collettivo da portare avanti insieme con concretezza, competenza e dialogo costruttivo: solo così possiamo sperare in un futuro migliore per milioni di persone in povertà nel nostro Paese».
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