Welfare
Giornata internazionale contro la droga o contro il malessere giovanile?
La Giornata mondiale contro l'abuso e il traffico illecito di droga possa essere uno stimolo a domande serie e di impegno collettivo, non la celebrazione di schemi e protocolli già consolidati e desueti, ma desiderio di proposte concrete e punti di vista differenti. Dobbiamo entrare dentro il mondo giovanile, sporcarci le mani di quelle fatiche vissute dai giovani e farne tracce sul nostro corpo. Quando incontri la sofferenza non puoi uscirne uguale a prima
di Simone Feder
Oggi non è più il tempo di pensare a quali servizi, quali professionisti per dare risposta al bisogno di riabilitazione. I servizi appropriati non nascono a tavolino ma dalle situazioni che si incontrano, nascono in strada dalla strada.
La Giornata mondiale contro l'abuso e il traffico illecito di droga possa essere uno stimolo a domande serie e di impegno collettivo, non la celebrazione di schemi e protocolli già consolidati e desueti, ma desiderio di proposte concrete e punti di vista differenti.
Il bisogno di ascolto, di sentirsi considerati, cresce sempre di più manifestandosi in sfumature forti e violente, agiti imprevisti che sconvolgono e lasciano disarmati per la profonda sofferenza che nascondono. Pensiamo all’autolesionismo, ai disturbi d’ansia e agli attacchi di panico sempre più frequenti nei ragazzi più giovani, senza dimenticare quel malessere interiore che spesso trova risposta in un’alimentazione scomposta che sfocia in disturbi specifici.
Dobbiamo entrare dentro il mondo giovanile, sporcarci le mani di quelle fatiche vissute dai giovani e farne tracce sul nostro corpo. Quando incontri la sofferenza non puoi uscirne uguale a prima, inevitabilmente il tuo essere ne viene toccato e modificato, interrogato e scandalizzato. Solo ponendoci in questa dimensione di ascolto e accoglienza saremo in grado di arrivare alle giuste risposte, ma, prima ancora, alla necessaria accoglienza.
‘Io non sono felice di essere giovane in questa era. Dove la maggior parte dei miei coetanei non sa neanche cosa cercare, agisce d’impulso senza pensare alle conseguenze, perché: Ma si, cosa vuoi che succeda? Ma poi, anche se fosse cosa frega a me? Persone senza radici ne rami, perché senza figure di riferimento in grado di educarli, persi dietro ai loro telefoni e pronti a puntare il dito sui propri figli come se fossero loro coetanei o amici, senza però guardarsi, senza fermarsi né riflettere.”
Così mi scrive Anna, una ragazzina stanca e in perenne ricerca di soluzioni ad un disagio che sembra mangiarla dall’interno.
La prevenzione, l’educazione e la cultura sono gli strumenti su cui dobbiamo insistere per arrivare prima, prima che tutto si strutturi, si consolidi e diventi parte inscindibile della personalità dell’adolescente.
Ma che significa tutto ciò? Come intervenire dentro questo mondo che sembra schiacciare e togliere ogni speranza a noi ma soprattutto a chi dopo noi prenderà in mano questo mondo?
Partiamo da un primo assioma: non logica proibizionista ma logica di attenzione!
Sono tantissime le persone che vengono fermate dalle forze dell’ordine perché frequentanti dei cosiddetti ‘boschi’, spesso la soluzione è fatta di daspi o ‘fogli di via’. Il problema diventa l’ordine pubblico, allontanare la persona, spostare su di lei il problema e non prendersi in carico il suo consumo di droga e soprattutto il motivo che l’ha spinta e ricercare lì le risposte.
“La pressione dei coetanei, la curiosità, e la disponibilità di droghe, sono fattori che spingono alcuni adolescenti giovani e vulnerabili ad assumere e vendere sostanze. L’accessibilità e la curiosità sono elementi critici, che alzano il rischio e possono portare velocemente alla dipendenza anche i ragazzi più giovani. Il mondo ora non è più uno ma sempre più diviso in due -quello reale e quello online- e dico diviso e non formato perché ci sono più cose sbagliate che giuste, se ci si sofferma sulla quotidianità. Vedo ragazze e ragazzi persi a vendere il proprio corpo come se non fosse il loro, alla ricerca del soldo facile oltre che al like, per soddisfare il loro bisogno di essere guardati e apprezzati, accontentatosi in sostanza del niente e perdendo la voglia di impegnarsi in qualcosa di più, annoiati e svogliati”, mi scrive ancora Anna.
Secondo assioma: arrivare prima che il disagio si strutturi in patologia!
Dobbiamo pensare ad aggredire il disagio tempestivamente, costruire interventi educativi prima che sanitari, umani prima che specialistici.
Per arrivare a questo occorre però offrire ai giovani contesti in cui essere protagonisti di realtà costruttive, connotate da forti legami relazionali e progetti entusiasmanti da perseguire insieme. Creare situazioni in cui possano respirare valori importanti e protettivi, ambienti che sentano come propri, riempiti dalle loro istanze, dai loro desideri e dalle loro potenzialità con qualcuno che sappia aiutarli a indirizzarli.
Solo in situazioni come queste, che siano portatrici di un’idea di Casa, legata non allo spazio fisico ma ai legami importanti in essa costruiti, la figura adulta può giocarsi alla ricerca di una significatività data dalla propria presenza coerente e costante, più che da titoli e ruoli.
La comunità educante è la nostra risposta futura, la nostra salvezza. O portiamo tutti a farne parte, in un circolo virtuoso di bisogni e corresponsabilità, attenzioni e presenze, o rischiamo di perdere di vista i traguardi importanti, il benessere dei nostri territori e, soprattutto, quella umanità che deve diventare la cifra stilistica di tutti i nostri interventi. Questo è il cambiamento che oggi ci viene chiesto in occasione di questa ricorrenza!
Cosa fa VITA?
Da 30 anni VITA è la testata di riferimento dell’innovazione sociale, dell’attivismo civico e del Terzo settore. Siamo un’impresa sociale senza scopo di lucro: raccontiamo storie, promuoviamo campagne, interpelliamo le imprese, la politica e le istituzioni per promuovere i valori dell’interesse generale e del bene comune. Se riusciamo a farlo è grazie a chi decide di sostenerci.